2024-02-09
Travolta a Sanremo balla il Qua qua. La Rai ci rifila l’umiliazione fatta tv
John Travolta con Fiorello e Amadeus durante la performance del «Ballo del qua qua» di fronte all'Ariston (Ansa)
Il divo di «Pulp fiction» viene coinvolto in una gag demenziale. Poi, visibilmente contrariato, impedisce a Viale Mazzini di diffondere le immagini sul Web. Altro che nazionalpopolare, è una figuraccia mondiale. A disastro avvenuto, giustamente, Amadeus è stato chiamato a rendere conto. «Tutto quello che è accaduto sul palco John Travolta lo sapeva, nessun tranello», ha detto in conferenza stampa. «Fiorello è il più grande showman che abbiamo e riesce a fare cose che gli artisti non farebbero... il fatto che il protagonista non gradisca, o cambi idea fa parte dello spettacolo», ha concluso il presentatore. «Mi sembra che stiamo creando un caso dove il caso non c’è. Se Travolta non ha più sentito sua la gag organizzata, non è colpa mia». In effetti ha ragione: non c’è alcun caso. Nel senso che non c’è nulla da discutere, nulla da aggiungere: quanto andato in scena mercoledì sera sul palco dell’Ariston ha rappresentato una delle pagine più tristi e umilianti della televisione italiana, che già di suo non è messa granché bene.Qualcuno ha anche provato a scaricare la colpa sul divo americano. Secondo un’agenzia di stampa circolata ieri, la performance di Travolta andata in scena nella seconda serata del Festival di Sanremo avrebbe «lasciato l’amaro in bocca anche ad alcuni autori». Che il siparietto non avesse convinto fin da subito - insisteva l’agenzia - «lo testimonierebbe il fatto che lo stesso Fiorello sarebbe stato indeciso fino all’ultimo se fare o meno il balletto sul green carpet. Travolta sarebbe apparso «poco reattivo» agli autori, nonostante «fosse tutto concordato, e avesse avuto modo di apprendere in anticipo quello che poi sarebbe andato in scena».Ma certo, il problema sta proprio nella «scarsa reattività» del divo. Sai che meraviglia, invece, se si fosse mostrato reattivo: sicuramente ci avrebbe regalato emozioni così potenti da strapparci il cuore indossando sulla capoccia un becco da papero gigante e ancheggiando al ritmo del Ballo del qua qua. Dai, non scherziamo. La verità è che l’idea di costringere uno dei più riconoscibili attori hollywoodiani di sempre a cimentarsi con una canzoncina per bambini (che, per inciso, è stata scritta da uno svizzero ed esiste pure in versione inglese, The chicken dance) era terribile fin dal concepimento. È stata mal pensata, mal scritta, mal realizzata e mal gestita. E il malcapitato Travolta, a dirla tutta, non è nemmeno stato così restio a umiliarsi: ha ancheggiato e scosso le braccia quanto doveva. Certo, ha rifiutato l’imbarazzante copricapo da pennuto e non ha consentito che le immagini dello scempio potessero liberamente circolare, ma come biasimarlo?Intendiamoci: mica ci commuoviamo per la star americana. Il caro John ha intascato un signor compenso (pare 200.000 euro) a cui forse bisogna aggiungere un altro milioncino offerto dall’azienda di calzature di cui è testimonial. Supponiamo che ne abbia a sufficienza per saldare una rata dello yacht o per pagare il giardiniere, dunque non ci impensierisce il fatto che si sia dovuto prestare a una pagliacciata tanto indecorosa.Sorge un po’ di tristezza, semmai, pensando al pubblico italiano, cioè a noi tutti che lo show lo abbiamo visto e pure pagato. Sorge il dubbio che una bella fetta degli illustri autori televisivi ci consideri una massa di idioti. E chissà, forse i creativi in questione hanno pure ragione, ma di sicuro non fanno nulla per migliorare la condizione del popolo. È umiliante persino essere costretti a commentare un evento del genere, a misurarsi con la pochezza del nostro mondo dello spettacolo, che pure ha alle spalle una tradizione meravigliosa e originalissima. Le teche Rai sono una miniera di diamanti dell’intrattenimento, e purtroppo accanto alle canzoni dei Gufi e alle battute di Paolo Villaggio finirà anche Travolta con i paperi e le papere danzanti.Sanremo è sempre stato indicato - con una punta di superficialità - come il tempio del nazionalpopolare. Sfugge ai più, però, che il nazionalpopolare bisogna saperlo fare, e anche bene. Riuscirci non significa rifilare schifezze escrementizie al pubblico, ma toccare il cuore, la pancia e la mente del più ampio numero di persone. Con uno come John Travolta non sarebbe stato poi troppo difficile. È un grande ballerino e un bravo attore, è una stella internazionale, ha avuto una vita piena e ricca, talvolta macchiata da tragedie. Avrebbe potuto parlare, raccontarsi, fare qualsiasi altra cosa. E invece lo hanno destinato al qua qua.Negli Stati Uniti, dove pure il mondo dell’intrattenimento è funestato dalla censura politicamente corretta e dalle demenze buoniste, alcuni grandi artisti - tra cui molti stand up comedian - sanno brillare per originalità e gusto. Possibile che noi si debba deglutire tutto ciò che arriva da Oltreoceano tranne il meglio? Eppure negli anni passati l’onda lunga del cosiddetto wokismo a Sanremo è arrivata eccome: era tutto un fiorire di sbrodolate sui diritti e di vittimismo d’accatto. Grazie al cielo questa volta - complice forse la presenza di un governo tendenzialmente destrorso - ci siamo liberati (almeno in parte) della paccottiglia da piagnisteo. Ma se l’alternativa è il qua qua, viene quasi da rimpiangere gli slinguazzamenti e gli sculettamenti del passato, che insultavano forse il buon gusto ma un po’ meno l’intelligenza.Non dispiace per Travolta, no. Dispiace per tutti noi, trattati da somari in mezzo ai paperi.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.