
Il ministro Guido Crosetto annuncia il probabile sesto decreto di aiuti militari all’Ucraina: «Concorderemo i contenuti col Copasir». Pd e Terzo Polo con la maggioranza, grillini da soli. Carlo Calenda: Giuseppe Conte qualunquista.Una cosa, in questo primo scorcio di legislatura, è ormai chiara: se si parla del conflitto ucraino, in Parlamento esiste una maggioranza larghissima e l’opposizione è divisa, per non dire lacerata. Lo si è visto per l’ennesima volta ieri e in un modo ancor più palese delle volte precedenti, poiché la discussione sulla linea del nostro Paese rispetto all’evoluzione della guerra e ai modi del sostegno da dare a Kiev è andata avanti in parallelo in entrambi i rami del Parlamento, ed ha avuto lo stesso risultato di due settimane fa alla Camera. E cioè che Pd e Terzo Polo hanno tenuto la stessa linea della maggioranza, mentre M5s e l’Alleanza Sinistra-Verdi hanno mantenuto le posizioni sostanzialmente anti-atlantiste già assunte in passato. Con un voto finale che ha decretato, sia a Montecitorio che a Palazzo Madama, l’approvazione delle risoluzioni dei partiti di maggioranza, dei dem e del Terzo Polo e il rifiuto dei testi grillini e rossoverdi, che al Senato non sono nemmeno stati posti in votazione poiché preclusi dai precedenti voti sugli altri documenti.Morale della favola, si amplia la faglia che passa tra le due anime dell’opposizione: quella liberal-riformista da una parte e quella radicale-massimalista dall’altra, con un problema non indifferente in casa Pd, che questa faglia la vede passare al proprio interno, col rischio di ulteriori smottamenti. In quest’ottica, il mesto annuncio in aula di Enrico Letta che quello che si è svolto ieri è stato l’ultimo intervento da segretario del Nazareno suona come il via libera a delle ostilità che avranno esito quanto mai incerto. Anche perché l’ala sinistra del Partito democratico ha potuto constatare anche ieri quanto Giuseppe Conte e i suoi non vogliano recedere dalla linea aggressiva e demagogica che ha pagato in campagna elettorale e – stando ai sondaggi – gli ha permesso di operare il sorpasso e agguantare la leadership dell’opposizione. L’occasione del dibattito e del voto di ieri in diretta tv, infatti, non è stata lasciata cadere dalla pattuglia grillina, che ha alzato il tono della polemica contro il governo con lo scopo di incalzare da sinistra gli esponenti dem.Venendo a quello che è successo in aula, all’ordine del giorno c’erano a Montecitorio le usuali comunicazioni con relative votazioni che il presidente del Consiglio rende in aula ogni qualvolta si appresti a partecipare a un Consiglio Ue, mentre al Senato si parlava esplicitamente del sostegno militare a Kiev con le comunicazioni del ministro della Difesa Guido Crosetto. Se il discorso di Giorgia Meloni era rilevante per operare qualche ulteriore messa a punto sulla linea di sostegno senza se e senza ma all’Ucraina e sulla nostra politica energetica e di controllo dei flussi migratori, nell’altro ramo del Parlamento Crosetto entrava maggiormente nel dettaglio sull’invio delle armi. Un passaggio molto importante e delicato, quest’ultimo, in vista del sesto decreto in assoluto e primo del governo Meloni, che dovrebbe rinnovare la fornitura di armamenti all’Ucraina per tutto il 2023.E proprio su questo provvedimento, per il quale non c’è al momento certezza assoluta dell’emanazione ma che è ritenuto molto probabile, Crosetto ha fatto chiarezza per quanto riguarda un punto controverso: «Nel precedente governo», ha spiegato, «è stato secretato il contenuto dei decreti sugli aiuti militari e la natura classificata di quei decreti ha imposto di passare attraverso il Copasir. Quando il governo deciderà un eventuale sesto pacchetto di aiuti militari, sulla base di esigenze manifestate, seguirà la stessa procedura e si relazionerà con il Copasir sui contenuti dell’eventuale cessione».In termini più generali, Crosetto ha fatto eco a quanto in contemporanea stava affermando il premier alla Camera, affermando che «in Parlamento siamo tutti a favore della pace e ripudiamo la guerra, nessuno escluso» ma mettendo bene in chiaro che «prima o poi gli aiuti militari dovranno finire, e finiranno quando ci sarà un tavolo di pace». Proprio per questo il ministro ha ritenuto «incomprensibili» le polemiche alimentate nei giorni scorsi soprattutto da M5s e sinistra radicale, a suo avviso «create ad arte per costruire un racconto che vuole rappresentare un governo intento tutto il giorno a pensare come inviare armi». «Il governo», ha ribadito Crosetto, «non ha fatto altro che dare attuazione alle scelte precedenti e noi non abbiamo ancora fatto alcuna scelta, se non ribadire che avremmo proseguito quelle dei governi precedenti di sostegno all’Ucraina».L’obiettivo principale del ministro, evidentemente, era il M5s, che come detto sia alla Camera che al Senato ha ingaggiato dure polemiche col premier e col ministro. Conte, intervenendo nelle dichiarazioni di voto sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, è partito in quarta ricordando a Meloni l’episodio del presunto labiale offensivo ripreso in aula, per poi accusarla di «una totale acquiescenza a Washington» e di «sovranismo da operetta», al netto di tutte le critiche mosse alla legge di bilancio sul fronte interno. Il tutto mentre al Senato la grillina Alessandra Maiorino accusava Crosetto di conflitto di interessi e di «porte girevoli» tra lobby e politica. A testimoniare ancora una volta lo schieramento parlamentare sulla questione ucraina, il fatto che la replica più sprezzante al leader pentastellato l’abbia data non un esponente di maggioranza, bensì il leader di una forza di opposizione come Carlo Calenda, quando quest’ultimo ha affermato che Conte «rappresenta perfettamente l’immoralità del qualunquismo italiano».
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






