2021-01-03
Trasporti in panne, scuola bloccata. E Azzolina difende i banchi a rotelle
Paola De Micheli scarica sui prefetti la gestione del tpl. Da Luca Zaia al Lazio, crescono i dubbi sul rientro in classe. Fabrizio Pregliasco: «È pericoloso». I dirigenti criticano gli orari scaglionati, il ministro insiste: «Non ci arrendiamo».L'unica a essere convinta che gli autobus urbani si siano miracolosamente moltiplicati nelle notti natalizie e che quindi la scuola possa riaprire in sicurezza il 7 gennaio, è lei, Paola De Micheli, ministro dei Trasporti. E così, dopo un incontro generale, la De Micheli ha demandato ai prefetti la fase organizzativa per il rientro in classe, fase che contiene due disposizioni in particolare, il potenziamento del trasporto pubblico locale e gli orari scaglionati di entrata e di uscita. Malgrado la tranquillità del ministro Pd, di parere contrario è Mario Rusconi, presidente dell'Associazione nazionale presidi del Lazio: «Le scuole nel Lazio non riapriranno se le istituzioni che si interessano di trasporti, sanità e ordine pubblico non garantiranno quanto di loro competenza. Ad oggi manca nella Regione ancora il piano trasporti dettagliato, cioè non c'è contezza degli orari dei trasporti pubblici». Il presidente Anp-Lazio sottolinea inoltre che «a Roma i dirigenti scolastici non sono stati ascoltati mentre a Milano sì». Del resto anche i genitori hanno ricevuto in questi giorni un questionario per dire la loro sugli orari… Eppure, il ministro dell'Istruzione, la pentastellata Lucia Azzolina, è super certa: «Sulla scuola non possiamo arrenderci e dobbiamo, ciascuno degli attori coinvolti, operare uniti, ricordandoci sempre del peso specifico che questa istituzione ha nel percorso di ogni bambina e bambino, delle ragazze e dei ragazzi, nella vita del Paese. Arretrare sulla scuola significa rinunciare a un pezzo significativo del nostro avvenire». La Azzolina lo ha scritto al Consiglio superiore della Pubblica istruzione, che ieri ha concluso il suo mandato quinquennale, sottolineando la necessità del potenziamento del sistema dei controlli sanitari e della vaccinazione del personale scolastico, nonché dei servizi e dei trasporti. Per tutta risposta, il ministro ha vantato i finanziamenti arrivati alla scuola e destinati a «beni durevoli», come i banchi a rotelle. Intanto, per il rientro in classe il giorno dopo l'Epifania, i prefetti hanno diramato il «Documento operativo» necessario per coinvolgere scuole, società di trasporto, pubbliche e private, Regioni, province e Comuni che, nell'arco di tre giorni, dovranno programmare incontri per cercare di organizzare al meglio la riapertura. Si parte dai presupposti fissati dall'ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, del 24 dicembre scorso, con la quale si stabilisce che, dal 7 al 15 gennaio, la percentuale degli studenti in presenza, per gli alunni del secondo ciclo, dovrà essere del 50%. Quindi, spazio agli ingressi scaglionati con una fascia oraria di ingresso prevista tra le 8 e le 10, e per l'uscita, che potrà protrarsi anche fino alle 15 o alle 16. Le due fasce orarie, di entrata e di uscita, saranno poste a due ore di distanza l'una dall'altra, per evitare l'affollamento sui mezzi e gli assembramenti in prossimità degli istituti scolastici e delle fermate degli autobus. La settimana che va dal 7 al 15 gennaio sarà utile per monitorare l'efficacia delle misure stabilite dai Tavoli di coordinamento delle Prefetture, con l'obiettivo di apportare eventuali e necessari correttivi in vista del successivo incremento al 75% di presenza degli studenti, salvo, ovviamente, un peggioramento della diffusione del Covid-19. Nel frattempo, sono già oltre 25.000 le firme sulla petizione, lanciata dalla piattaforma Change.org, per chiedere al premier, Giuseppe Conte, e al ministro Azzolina, di non far riprendere le lezioni in presenza nelle superiori il 7 gennaio, e di continuare con la didattica a distanza. A preoccupare ci sono i dati dei contagi, specialmente in vista della paventata terza ondata. Il primo a lanciare l'allarme era stato Walter Ricciardi, consigliere del ministro Speranza e paladino di un lockdown fino a metà gennaio: «Non ci sono le condizioni per riaprire le scuole tra una settimana». Poi, ieri, è arrivato l'allarme del virologo Fabrizio Pregliasco: «Con l'attuale circolazione del virus le scuole sono pericolose sia per quello che vi succede dentro sia per il traffico che innescano». Se per gli scienziati dell'Iss le scuole «sembrano ambienti relativamente sicuri a causa della mancanza di dati», è drastico Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici: «Se mettiamo tutta l'Italia in zona rossa possiamo mandare i ragazzi a scuola. Se davvero tutti stanno a casa, riducendo così la pressione sui trasporti, e se i ragazzi non possono aggregarsi fuori, i sistemi di tutela messi a punto all'interno delle scuole possono funzionare. Diversamente aprire le scuole comporta un aumento della diffusione del virus». «Sono molto preoccupato dall'evoluzione dell'epidemia rispetto a una riapertura delle scuole il 7 gennaio. Diversi studi scientifici mostrano che gli studenti delle superiori contribuiscono in modo significativo alla diffusione del virus», ha aggiunto Giovanni Sebastiani, del Cnr. Ma anche i politici «rallentano» sul rientro. «Ho molte perplessità, ormai è assodato che le curve dei contagi siano collegate ovunque alla ripresa della scuola. Se si contagiano, la letteratura dice che sono in molti casi asintomatici e con cariche virali alte. Un'aula scolastica rischia di essere il terreno di coltura per il virus che poi si propaga sui bus e fuori dall'istituto», ha detto il governatore del Veneto, Luca Zaia, seguito in modo più categorico dall'assessore regionale alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato: «Con questi dati in crescita faccio un appello al governo a riflettere bene sulla riapertura delle scuole superiori. Devono restare chiuse, in tutta Italia. Sarebbe estremamente imprudente in questa fase dell'epidemia riaprire fra una settimana».