2024-11-16
Torino, 20 agenti in ospedale per i cortei contro la Meloni. La polizia incolpa la sinistra
Ordigno lanciato sulle forze dell’ordine, i sindacati: «Una parte politica ci delegittima». Le foto del premier sporcate di sangue. Bruciato un fantoccio del ministro Giuseppe Valditara.«Le scuole sanno da che parte stare», recita uno degli striscioni mostrati alla testa del corteo dei 400 partito ieri per il «No Meloni day» da Porta Susa per spargere violenza in ogni strada del centro torinese e fin dentro la Mole.La guerriglia messa in scena dalla colonna violenta degli studentelli pro Pal, tra simboli, gesti e parole che richiamano gli anni del terrore, conta 20 poliziotti feriti, negozi occupati e danneggiati, vetrine imbrattate. Passando per il falò di un rudimentale fantoccio (proprio davanti all’Ufficio scolastico regionale) che doveva rappresentare il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, e per la sostituzione dal pennone della Mole antonelliana della bandiera italiana (imbrattata con vernice spray) con quella palestinese dopo aver occupato l’ingresso della struttura impedendo ai visitatori di entrare.Alcuni turisti che erano nel museo del cinema, spaventati, se la sono data a gambe, mentre altri sono rimasti bloccati all’interno per oltre un quarto d’ora. Un addetto, nel tentativo di ristabilire l’ordine, si è beccato qualche calcio. A via Sant’Ottavio, McDonald’s e Burger King sono stati presi di mira: vetrine imbrattate, locali devastati. Lo slogan impresso sul vetro di Burger King spiega meglio dello striscione che era alla testa del corteo da che parte stanno i collettivi vicini al centro sociale Askatasuna (considerato l’ultima roccaforte italiana dell’autonomia) e alimentati da sindacati e sedicenti intellettuali radical chic: «Non comprate qui, sono sionisti». I due esercizi commerciali sono costretti a chiudere temporaneamente.I ragazzi marciano compatti mostrando con consapevolezza il gesto delle tre dita che rimanda alla P38 e rievoca le ombre dei cortei dell’Autonomia operaia degli anni Settanta. È solo l’inizio. Le prime tensioni si registrano in piazza Castello, davanti alla prefettura. Lì, l’aria si fa pesante, letteralmente. Gli antagonisti hanno tentato di dirigersi verso l’ufficio territoriale del governo ma l’intenzione è stata raffreddata dagli agenti in tenuta antisommossa. Un ordigno artigianale viene lanciato tra le forze dell’ordine, liberando fumi urticanti che colpiscono una quindicina di poliziotti dei reparti mobili di Torino.Gli agenti, con gli occhi arrossati e le mani sul volto, reggono la posizione, ma molti di loro sono costretti a ricorrere alle cure del pronto soccorso, riportando, fa sapere il segretario generale del Coisp, Domenico Pianese, «un’intossicazione da cloro». «Chi infiamma le piazze con un atteggiamento politico accondiscendente o che addirittura chiede la rivolta sociale in maniera del tutto irresponsabile», afferma Pianese, «oggi dovrebbe sentirsi responsabile». È il segnale che la giornata sarà segnata dalla violenza. Il corteo, monitorato costantemente dagli investigatori della Digos (che riferiranno nelle loro relazioni di servizio tutto ciò che durante la giornata di ieri ha intrecciato collettivi e antagonisti), prosegue disseminando caos lungo tutto il suo percorso. Davanti alla sede della Rai di via Verdi un blindato della polizia viene vandalizzato (ma non è l’unico mezzo del Reparto mobile ad aver riportato danni), lasciando a chi era affacciato ai balconi un’immagine che sembra uscita da un manuale di guerriglia urbana.Non è solo una protesta, ma una sequenza di atti simbolici e violenti. Il monumento a Vittorio Emanuele II, all’angolo tra corso Vittorio e corso Galileo Ferraris, viene deturpato con scritte inneggianti alla Palestina libera. In via Roma, cuore pulsante del centro torinese, le vetrine dei negozi finiscono sotto una raffica di lancio di uova. Davanti alle Gallerie d’Italia, alcune uova vengono lanciate anche contro il cordone di poliziotti. Qui un gruppo di manifestanti scarica diversi libri sul pavimento urlando: «Leggeteli!».A Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, riecheggiano gli slogan old style. Da quel punto nel 1977 gli autonomi si davano appuntamento per i loro cortei. I manifestanti mostrano cartelli con le fotografie di Giorgia Meloni, Elly Schlein e Matteo Salvini: il volto è coperto da uno stencil con una mano rossa di sangue e la scritta: «Complice del genocidio». La giornata si conclude con condanne unanimi, ma dalle sfumature diverse. La Meloni parla di «scene inaccettabili», esprimendo solidarietà agli agenti feriti: «Spero che certa politica smetta di proteggere o giustificare queste violenze». Matteo apostrofa i manifestanti «zecche rosse». Mentre la Schlein, timidamente, sottolinea che «il diritto a manifestare non deve essere confuso con la violenza». Valditara evoca i fantasmi degli anni di piombo: «La scuola italiana non ha bisogno di replicanti degli estremisti degli anni Settanta». Così come paventa il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani: «Slogan, atmosfere, modi di comportarsi, violenza verbale e anche fisica sono gli stessi che hanno preceduto la stagione degli annidi piombo». E Anna Maria Bernini, ministro dell’Università e della ricerca, ritiene che gli scontri siano «l’apice di un clima di odio che andava stroncato subito e stigmatizzato da tutti». Mentre il silenzio di Maurizio Landini, troppo preso dal commentare le ultime decisioni della Corte costituzionale, e del leader pentastellato Giuseppe Conte, è stato condannato dal centrodestra, le articolazioni locali dei sindacati di polizia, Siulp, Sap, Coisp e Fnp, ritengono che «il livello di guardia» sia stato «ampiamente superato».«I poliziotti non sono carne da macello», affermano in una nota congiunta, «costantemente messi nel mirino da chi, camuffato da pseudo-idealista, scarica odio e violenza contro chi rappresenta lo Stato e garantisce l’ordine e la sicurezza». Nell’annunciare una «mobilitazione immediata», dicono «basta a una politica incapace di proteggere chi ogni giorno mette la propria vita a rischio per garantire sicurezza e ordine, sostenuta da mass media militanti in un clima di denigrazione sistematica che delegittima le forze di polizia». Segno che la rivolta di Torino potrebbe essere solo la scintilla di un periodo rovente.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)