
Macquarie e Kkr non vogliono unirsi alla cordata che dovrebbe acquisire la rete. Cda il 29 per cooptare Luciano Carta. In caso di problemi Vivendi pronta a chiamare l’assemblea.La notizia di giornata in casa Tim, oltre al titolo che sulla scia di un listino ribassista ha perso il 3,13% a quota 0,2664 euro, è la convocazione di un cda straordinario per lunedì 29 maggio. La richiesta era arrivata da tre consiglieri e come da statuto il presidente Salvatore Rossi, dopo qualche resistenza e dopo che lo scorso lunedì si era riunito il comitato nomine, ha dovuto chiamare il consiglio. All’ordine del giorno c’è la cooptazione di un nuovo membro in sostituzione del dimissionario Arnaud de Puyfontaine, patron di Vivendi, principale azionista di Tim. Si sa che la media company francese ha indicato come candidato l’ex presidente di Leonardo ed ex direttore dell’Aise, Luciano Carta, che ha raccolto l’endorsement di tutte le forze politiche a partite da Fratelli d’Italia per arrivare a Lega, Forza Italia e Pd. Carta dovrebbe rappresentare il trait d’unione tra le istituzioni e la stessa Tim alle prese con alcuni passaggi chiave per il suo futuro. In cda dovrebbe essere presentata l’istruttoria del comitato nomine con l’indicazione di un paio di nomi alternativi a quello di Carta. Secondo quanto risulta alla Verità, se non dovesse passare l’indicazione dell’ex presidente di Leonardo i francesi sono pronti a chiamare un’assemblea straordinaria e a valutare azioni di revoca perché riterrebbero violate le regole di corporate governnace. C’è anche da dire che non sarà facilissimo individuare delle personalità di spicco che decidano di mettersi in gioco per un consiglio che scade il 31 dicembre 2023. Si parlava del futuro di Tim e nel futuro di Tim è sicuramente centrale la vendita della rete e la separazione del gruppo in due, una Netco, la società in vendita, e una Serviceco. Al momento la strada maestra continua a essere quella delle offerte sulla rete delle due cordate, il fondo Usa Kkr da una parte e Cdp in compagnia di Macquarie dall’altra, che avranno tempo fino al 9 giugno per rilanciare. Il fondo americano è arrivato a offrire 21 miliardi, mentre Cassa depositi e prestiti ne ha messi sul piatto 19,3. Raggiungere la valutazione di Vivendi - il primo azionista ha sempre parlato di 31 miliardi - è praticamente impossibile. Certo che un’offerta che arrivasse a quota 24-25 miliardi potrebbe mettere in difficoltà i francesi. Vedremo. Anche perché una delle strade alternative, quella sulla quale anche il Tesoro aveva dato il suo placet, la cosiddetta grande ammucchiata, sembra sempre più ardua. Mettere insieme i fondi, Kkr e Macquarie, con Cdp e probabilmente F2i appare al momento molto difficile. Soprattutto per i veti incrociati dei due private equity. Gli australiani, che sono pronti a collaborare con Vivendi per trovare una soluzione, hanno scritto e consegnato una lettera a Cdp per diffidare Cassa sia dal portare avanti l’operazione da sola (ci sarebbero dei patti parasociali in Open fiber, la società di cablaggio controllata al 60% da Cdp e al 40% dal fondo, che lo impediscono) sia dall’allargare l’alleanza Kkr. Secondo quanto risulta alla Verità, seppur con sfumature diverse, lo stesso discorso vale anche dall’altra parte. Nel senso che anche Kkr non vede di buon occhio un’alleanza con Macquarie e non accetterebbe che eventuali inserimenti nella cordata si portino dietro conflitti relativi all’Antitrust e mettano in forse la garanzia di mantenere le leve di comando rispetto agli altri interlocutori. Insomma, questo matrimonio allargato appare in salita. A meno che Cdp non venga sostituita da un altro soggetto pubblico che mantenga un piede e mezzo nella Netco. Ma che il secondo azionista di Tim esca dalla partita della rete sembra davvero difficile.
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