
In linea con il governo, via libera del cda alla cessione al fondo Kkr senza passare per il voto dell’assemblea. Smacco per i francesi di Vivendi, a cui resta l’azione legale.La rete fissa di Tim passa agli americani di Kkr. Sconfitti i francesi di Vivendi che si erano opposti all’operazione facendo leva sul 24% del capitale in loro possesso. Con undici voti favorevoli su quattordici presenti alla riunione, ieri sera è arrivato il via libera del consiglio d’amministrazione di Tim. Kkr, la cui offerta poteva contare sull’appoggio del governo, pagherà 22 miliardi di cui 18,8 subito e il resto sulla base degli utili futuri. Un traguardo che implicitamente presuppone la fusione con Open Fiber per realizzare una infrastruttura unica nel settore delle telecomunicazioni. Uno schema che ricalca esattamente quello di Terna per l’energia elettrica. Il via libera è arrivato, dunque, a maggioranza. Alla riunione non era presente Giovanni Gorno Tempini in rappresentanza di Cdp. Bisogna però tener presente che la Cassa è azionista al 10% di Tim e partecipa, proprio con Kkr, al capitale di Fibercop, la società di gestione della rete secondaria che porta il collegamento dall’armadietto sulla strada fino al cliente finale. In base alla decisione di ieri anche Fibercop passerà alla cordata guidata da Kkr.Si tratta di un risultato che supera le più rosee aspettative. Il direttivo dopo una sessione iniziata venerdì ha approvato la vendita senza che la decisione debba passare né per il voto di un’assemblea straordinaria né da un’assemblea ordinaria che, però, avrebbe avuto solo carattere consultivo. Una sconfitta per i francesi di Vivendi che opponendosi alla vendita (avevano valutato la rete 30 miliardi) avevano chiesto l’assemblea straordinaria dove, con la forza del loro 24%, avrebbero potuto bloccare l’operazione. Anche in sede di assemblea ordinaria avevano buone speranze di vittoria considerato che avrebbero avuto dalla loro parte il 3% del Fondo Merlyn (fondato dall’ex Jp Morgan Alessandro Barnaba che si avvaleva della collaborazione di Stefano Siragusa, ex direttore di Tim) che aveva presentato un piano alternativo a quello di Kkr. Il consiglio d’amministrazione di Tim lo ha respinto ritenendolo non in linea con gli interessi del gruppo. Come risposta Vivendi ha annunciato che ricorrerà alle vie legali «per tutelare i suoi diritti e quelli di tutti gli azionisti». Con questo cda si conclude un lungo weekend di lavoro. Alla riunione del board erano presenti gli advisor di Tim. A rispondere alle domande dei consiglieri di amministrazione c’erano gli esperti finanziari di Goldman Sachs, Mediobanca, Lion Tree, Equita e Vitale con i loro pareri sull’offerta di Kkr. Per gli aspetti legali, c’era il consulente del gruppo Francesco Gatti. C’erano poi i giuristi che hanno espresso i loro pareri sul nodo relativo agli organi sociali che devono deliberare sull’operazione, Piergaetano Marchetti e Andrea Zoppini, e ci sono i giuristi che si sono pronunciati sulla questione della correlazione come parte correlata del Mef attraverso Cdp. Resta sul tavolo la vendita di Sparkle, la società che raggruppa la rete dei collegamenti internazionali di Tim considerata di particolare importanza per la sicurezza nazionale. Anche su Sparkle era stata presentata l’offerta di Kkr. Non aveva carattere vincolante e comunque è stata respinta. Il fondo americano, o altri pretendenti, hanno tempo fino al 5 dicembre per presentare una proposta definitiva. Il valore stimato di Sparkle si aggira fra 800 milioni e 1 miliardo.Chiusa la tornata delle cessioni il debito di Tim calerà di almeno 14 miliardi, e lo stesso cda non esclude che il beneficio sarà maggiore. Tutte le operazioni saranno chiuse entro la metà dell’anno prossimo.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa)
Un tempo la sinistra invocava le dimissioni (Leone) e l’impeachment (Cossiga) dei presidenti. Poi, volendo blindarsi nel «deep State», ne ha fatto dei numi tutelari. La verità è che anche loro agiscono da politici.
Ci voleva La Verità per ricordare che nessun potere è asettico. Nemmeno quello del Quirinale, che, da quando è espressione dell’area politico-culturale della sinistra, pare trasfigurato in vesti candide sul Tabor. Il caso Garofani segnala che un’autorità, compresa quella che si presenta sotto l’aura della sterilità, è invece sempre manifestazione di una volontà, di un interesse, di un’idea. Dietro l’arbitro, c’è l’arbitrio. In certi casi, lo si può e lo si deve esercitare con spirito equanime.
Elly Schlein (Ansa)
Critiche all’incauto boiardo. Eppure, per «Domani» e i deputati, la vittima è Schlein.
Negli ultimi giorni abbiamo interpellato telefonicamente numerosi esponenti del centrosinistra nazionale per sondare quali fossero gli umori veri, al di là delle dichiarazioni di facciata, rispetto alle dichiarazioni pronunciate da Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riportate dalla Verità e alla base della nuova serie di Romanzo Quirinale. Non c’è uno solo dei protagonisti del centrosinistra che non abbia sottolineato come quelle frasi, sintetizzando, «se le poteva risparmiare», con variazioni sul tema del tipo: «Ma dico io, questi ragionamenti falli a casa tua». Non manca chi, sempre a sinistra, ammette che il caso Garofani indebolirà il Quirinale.
Vincenzo Spadafora ed Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
L’operazione Ruffini, che Garofani sogna e forse non dispiace a Mattarella, erediterebbe il simbolo di Tabacci e incasserebbe l’adesione di Spadafora, già contiano e poi transfuga con Di Maio. Che per ora ha un’europoltrona. Però cerca un futuro politico.
Ma davvero Garofani ha parlato solo una volta? No. Francesco Saverio Garofani, il consigliere per la Difesa del presidente Mattarella, non ha parlato di politica solo una volta. Possiamo dire che solo una volta le sue parole sono uscite. Così, la sua incontenibile fede giallorossa si è avvitata all’altra grande passione, la politica, provocando il cortocircuito.
Roberta Pinotti, ministro della Difesa durante il governo Renzi (Ansa)
Per 20 anni ha avuto ruoli cruciali nello sviluppo del sistema di sicurezza spaziale. Con le imprese francesi protagoniste.
Anziché avventurarsi nello spazio alla ricerca delle competenze in tema di Difesa e sicurezza del consigliere del Colle, Francesco Saverio Garofani, viene molto più semplice restare con i piedi per terra, tornare indietro di quasi 20 anni, e spulciare quello che l’allora rappresentante dell’Ulivo diceva in commissione.Era il 21 giugno 2007 e la commissione presieduta dal poi ministro Roberta Pinotti, era neanche a dirlo la commissione Difesa. Si discuteva del programma annuale relativo al lancio di un satellite militare denominato SICRAL-1B e Garofani da bravo relatore del programma ritenne opportuno dare qualche specifica.






