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2024-09-10
«The Perfect Couple», su Netflix il noir di una famiglia di successo
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Il cast di The Perfect Couple (Netflix)
Le luci della festa si sono spente, la musica è stata messa a tacere. La grande casa che, la sera precedente, ha contenuto la gioia dei suoi ospiti, preludio di nozze che si annunciavano grandiose, è andata a dormire. Ebbra, felice. Ignara di cosa al risveglio l’avrebbe attesa: un corpo portato a riva dalla marea, riverso inerme sulla battigia di Nantucket. Poco distante, vetri, sangue, le tracce di uno scontro, piccole prove, incapaci, però, di dire cosa sia successo. Una donna è morta, ma come, perché, se per eventi naturali o per mano di terzi è un mistero lungo sei ore. Sei puntate, adattamento - tutte - del romanzo che Elin Hilderbrand ha pubblicato nel 2018.
The Perfect Couple, disponibile su Netflix con la regia ora pretenziosa, ora grottesca di Susanne Bier, ha perso nella trasposizione televisiva parte del coinvolgimento di cui il libro è stato capace. Ma la storia è rimasta la stessa. I suoi protagonisti sono rimasti gli stessi. Dunque, eccoli, i Winbury, nella perfezione che il titolo invoca. Tag e Greer sono padre e madre della famiglia d’America: belli, sfacciatamente ricchi, di successo, i figli come appendici in essere delle loro fortune. Ne hanno tre, una vita senza sbavature. Tag, il volto di Liev Schreiber, ha ereditato un patrimonio sterminato dai genitori. Una parte l’ha persa, bevuta, giocata. Ma quel che è rimasto è parso sempre sufficiente a sostentare la famiglia. La moglie, Greer, l’isteria composta di Nicole Kidman, ha fatto il suo. Scrittrice prolifica e popolare, dove «popolare» non attiene la fama ma il pubblico di riferimento, ha venduto tanto da costruire un impero. E sorride, sorride sempre Greer. Sorride anche la sera della festa, quando l’alta società è riunita a Nantucket per celebrare la vigilia del matrimonio fra suo figlio Benji (Billy Howle) e Amelia Sacks (Eve Hewson). Greer non vorrebbe sorridere. Disprezza quell’unione. Disprezza Amelia, zoologa di provincia, estranea ai privilegi dei Winbury. Eppure, davanti ai propri invitati, finge. Finge gioia, compiacimento. Finge soddisfazione, la ostenta, calando la maschera solo più tardi, quando il cadavere viene trascinato a riva. Allora, il castello dei Winbury comincia a dissolversi, una luce sinistra ne illumina le crepe. E sono bugie, tradimenti, segreti e finzioni a insinuarsi fra quegli spacchi. The Perfect Couple, cugina tristanzuola di Big Little Lies, prova a raccontare l’ipocrisia dell’alta società, le disfunzioni di un mondo polarizzato, fra chi è ricco e chi invece non lo è. Lo fa a modo suo, e si potrebbe aprire una parentesi immensa nel tentativo di capire quanta volontà di approfondimento ci sia, se ci sia, e quanta serietà. Fa sul serio Nicole Kidman, il cui piacere più grande sembra ritrovarsi nell’interpretazione di donne ossessive, minuscole matriarche schiave delle proprie manie, nevrotiche, magre, tirate e bionde? E fa sul serio Susanne Bier, madre del bel The Undoing? Ci credono? O è una grande presa in giro, la parodia delle tante (troppe?) serie che pretendono di mettere alla berlina il bel mondo? The Perfect Couple non risponde. Il dubbio resta. Ma, in fondo, va bene così. Perché la miniserie Netflix, a tratti ridicola, riesce a coinvolgere chi la guardi, a divertirlo. Ed è così che l’impossibilità di capire quanta consapevolezza ci sia nell’effetto della narrazione, di determinare con certezza se sia voluto o tragicamente casuale, si trasforma nell’elemento fondante di questo divertimento.
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La caduta del casato dei Winbury in sei puntate tratte dal romanzo di Elin Hildebrand. Nicole Kidman è Greer, scrittrice di grido e matriarca di una famiglia perfetta, sgretolata da un inatteso delitto.Le luci della festa si sono spente, la musica è stata messa a tacere. La grande casa che, la sera precedente, ha contenuto la gioia dei suoi ospiti, preludio di nozze che si annunciavano grandiose, è andata a dormire. Ebbra, felice. Ignara di cosa al risveglio l’avrebbe attesa: un corpo portato a riva dalla marea, riverso inerme sulla battigia di Nantucket. Poco distante, vetri, sangue, le tracce di uno scontro, piccole prove, incapaci, però, di dire cosa sia successo. Una donna è morta, ma come, perché, se per eventi naturali o per mano di terzi è un mistero lungo sei ore. Sei puntate, adattamento - tutte - del romanzo che Elin Hilderbrand ha pubblicato nel 2018.The Perfect Couple, disponibile su Netflix con la regia ora pretenziosa, ora grottesca di Susanne Bier, ha perso nella trasposizione televisiva parte del coinvolgimento di cui il libro è stato capace. Ma la storia è rimasta la stessa. I suoi protagonisti sono rimasti gli stessi. Dunque, eccoli, i Winbury, nella perfezione che il titolo invoca. Tag e Greer sono padre e madre della famiglia d’America: belli, sfacciatamente ricchi, di successo, i figli come appendici in essere delle loro fortune. Ne hanno tre, una vita senza sbavature. Tag, il volto di Liev Schreiber, ha ereditato un patrimonio sterminato dai genitori. Una parte l’ha persa, bevuta, giocata. Ma quel che è rimasto è parso sempre sufficiente a sostentare la famiglia. La moglie, Greer, l’isteria composta di Nicole Kidman, ha fatto il suo. Scrittrice prolifica e popolare, dove «popolare» non attiene la fama ma il pubblico di riferimento, ha venduto tanto da costruire un impero. E sorride, sorride sempre Greer. Sorride anche la sera della festa, quando l’alta società è riunita a Nantucket per celebrare la vigilia del matrimonio fra suo figlio Benji (Billy Howle) e Amelia Sacks (Eve Hewson). Greer non vorrebbe sorridere. Disprezza quell’unione. Disprezza Amelia, zoologa di provincia, estranea ai privilegi dei Winbury. Eppure, davanti ai propri invitati, finge. Finge gioia, compiacimento. Finge soddisfazione, la ostenta, calando la maschera solo più tardi, quando il cadavere viene trascinato a riva. Allora, il castello dei Winbury comincia a dissolversi, una luce sinistra ne illumina le crepe. E sono bugie, tradimenti, segreti e finzioni a insinuarsi fra quegli spacchi. The Perfect Couple, cugina tristanzuola di Big Little Lies, prova a raccontare l’ipocrisia dell’alta società, le disfunzioni di un mondo polarizzato, fra chi è ricco e chi invece non lo è. Lo fa a modo suo, e si potrebbe aprire una parentesi immensa nel tentativo di capire quanta volontà di approfondimento ci sia, se ci sia, e quanta serietà. Fa sul serio Nicole Kidman, il cui piacere più grande sembra ritrovarsi nell’interpretazione di donne ossessive, minuscole matriarche schiave delle proprie manie, nevrotiche, magre, tirate e bionde? E fa sul serio Susanne Bier, madre del bel The Undoing? Ci credono? O è una grande presa in giro, la parodia delle tante (troppe?) serie che pretendono di mettere alla berlina il bel mondo? The Perfect Couple non risponde. Il dubbio resta. Ma, in fondo, va bene così. Perché la miniserie Netflix, a tratti ridicola, riesce a coinvolgere chi la guardi, a divertirlo. Ed è così che l’impossibilità di capire quanta consapevolezza ci sia nell’effetto della narrazione, di determinare con certezza se sia voluto o tragicamente casuale, si trasforma nell’elemento fondante di questo divertimento.
In Toscana un laboratorio a cielo aperto, dove con Enel il calore nascosto della Terra diventa elettricità, teleriscaldamento e turismo.
L’energia geotermica è una fonte rinnovabile tanto antica quanto moderna, perché nasce dal calore naturale generato all’interno della Terra, sotto forma di vapore ad alta temperatura, convogliato attraverso una rete di vapordotti per alimentare le turbine a vapore che girando, azionano gli alternatori degli impianti di generazione. Si tratta di condotte chiuse che trasportano il vapore naturale dal sottosuolo fino alle turbine, permettendo di trasformare il calore terrestre in elettricità senza dispersioni. Questo calore, prodotto dai movimenti geologici naturali e dal gradiente geotermico determinato dalla profondità, può essere utilizzato per produrre elettricità, riscaldare edifici e alimentare processi industriali. La geotermia diventa così una risorsa strategica nella transizione energetica.
L’energia geotermica non dipende da stagionalità o condizioni climatiche: è continua e programmabile, dando un contributo alla stabilità del sistema elettrico.
Oggi la geotermia è riconosciuta globalmente come una delle tecnologie più affidabili e sostenibili: in Cile, Islanda, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Filippine e molti altri Paesi questa filiera sta sviluppandosi vigorosamente. Ma è in Italia – e più precisamente in Toscana – che questa storia ha mosso i suoi primi passi.
La presenza dei soffioni boraciferi nel territorio di Larderello (Pisa), da sempre caratterizzato da manifestazioni naturali come vapori, geyser e acque termali, ha fatto intuire il valore energetico di quella forza invisibile. Già nel Medioevo erano attive piccole attività produttive basate sul contenuto minerale dei fluidi geotermici, ma è nel 1818 – grazie all’ingegnere francese François Jacques de Larderel – che avviene il primo utilizzo industriale. Il passaggio decisivo c’è però nel 1904, quando Piero Ginori Conti, sfruttando il vapore naturale, accende a Larderello le prime cinque lampadine: è la prima produzione elettrica geotermica al mondo, anticipando la nascita nel 1913 della prima centrale geotermoelettrica al mondo. Da allora questa tecnologia non ha mai smesso di evolversi, fino a diventare un laboratorio internazionale di ricerca e innovazione.
Attualmente, la Toscana rappresenta il cuore della geotermia nazionale: tra le province di Pisa, Grosseto e Siena Enel gestisce 34 centrali, per un totale di 37 gruppi di produzione che garantiscono una potenza installata di quasi 1.000 MW. Questi impianti generano ogni anno tra i 5,5 e i quasi 6 miliardi di kWh, pari a oltre un terzo del fabbisogno elettrico regionale e al 70% della produzione rinnovabile della Toscana.
Si tratta anche di uno dei più avanzati siti produttivi dal punto di vista tecnologico, che punta non allo sfruttamento ma alla coltivazione di questi giacimenti di energia. Nelle moderne centrali geotermiche, il vapore che ha già azionato le turbine – chiamato tecnicamente «vapore esausto» – non viene disperso nell'atmosfera, ma viene convogliato nelle torri refrigeranti, che con un processo di condensazione ritrasformano il vapore in acqua e lo reimmettono nei serbatoi naturali sotterranei attraverso pozzi di reiniezione.
Accanto alla dimensione produttiva, la geotermia toscana si distingue per la sua capacità di integrarsi nel tessuto sociale ed economico locale. Il calore geotermico residuo – dopo aver alimentato le turbine dell’impianto di generazione - è ceduto gratuitamente o a costi agevolati per alimentare reti di teleriscaldamento che raggiungono oltre 13.000 utenze, scuole, palazzetti, piscine e edifici pubblici, riducendo le emissioni e i consumi di combustibili fossili. Lo stesso calore sostiene attività agricole e artigianali, come serre per la coltivazione di fiori e ortaggi e aziende alimentari, che utilizzano questo calore «di scarto» invece di bruciare gas o gasolio. Persino la produzione di birra artigianale può beneficiare di questa fonte termica sostenibile!
Ma c’è dell’altro, perché questa integrazione tra energia e territorio si riflette anche sul turismo. Le zone geotermiche della cosiddetta «Valle del Diavolo», tra Larderello, Sasso Pisano e Monterotondo Marittimo, attirano ogni anno migliaia di visitatori. Musei, percorsi guidati e la possibilità di osservare da vicino fenomeni naturali e impianti di produzione, rendono il distretto un caso unico al mondo, dove la tecnologia convive con una geografia dominata da vapori e sorgenti naturali che affascinano da secoli viaggiatori e studiosi, creandoun’offerta turistica che vive grazie alla sinergia tra Enel, soggetti istituzionali, imprese, tessuto associativo e consorzi turistici.
Così, oltre un secolo dopo le prime lampadine illuminate dal vapore di Larderello, la geotermia continua ad essere una storia italiana che unisce ingegneria e paesaggio, sostenibilità e comunità. Una storia che prosegue guardando al futuro della transizione energetica, con una risorsa che scorre sotto ai nostri piedi e che il Paese ha imparato per primo a trasformare in energia e opportunità.
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