2020-03-22
Tempi doppi, produttività dimezzata. Distribuzione di alimentari a rischio
Giuseppe Esposito, a capo di una catena che approvvigiona i supermercati: «I magazzini scoppiano di ordini. Turni anche notturni e condizioni di lavoro capestro. Solo azzerare il cuneo fiscale può darci respiro».Di fronte ai connazionali in fila con il carrello e agli scaffali razziati come ai tempi della carestia, il governo ha sempre rassicurato: «Non c'è alcuna ragione di affrettarsi, perché sarà garantito regolarmente l'approvvigionamento alimentare». Giuseppe Esposito, presidente di Samag, holding della logistica da duemila lavoratori e 120 milioni di fatturato, comincia a pensare che la promessa potrebbe non essere mantenuta. Sono i suoi dipendenti a mandare avanti la grande distribuzione. Nei magazzini preparano gli ordini da inviare nei supermercati: frutta, verdura, macelleria, pasta e scatolame. Ogni giorno mettono insieme bancale su bancale. Soprattutto in Lombardia e Veneto, le regioni più colpite dal coronavirus. Insomma, nella catena degli approvvigionamenti, sono le indispensabili rotelle. E se smettessero di girare, potrebbe incepparsi l'intero ingranaggio. Samag lavora per le maggiori catene della grande distribuzione italiana. Ed è a capo di Strategy: una rete di imprese che raggruppa trenta aziende del settore, impiega 5.000 addetti e fattura 160 milioni di euro. Pochi mestieri, oggi, sono importanti come questo. Eppure Esposito potrebbe presto essere costretto a portare i libri in tribunale. A marzo 2020, prevede, la sua società perderà il 20 per cento dei ricavi. E la situazione si va aggravando di giorno in giorno. Sembra un paradosso. I supermercati non hanno mai lavorato tanto. L'istantanea dei clienti incolonnati all'entrata, mascherina sul volto e carrello in mano, è diventata un simbolo di questi cupissimi tempi. I magazzini dunque dovrebbero scoppiare di ordini. In effetti, è così. Esposito spiega però come il virus abbia rovesciato le leggi economiche della logistica: più ordini ora equivalgono a più perdite. «Il nostro settore si basa su tempi e metodi» spiega l'imprenditore. «E ora nei magazzini serpeggia una comprensibile paura. Sono luoghi di assembramento, anche da duecento operai alla volta. Si vive quindi nel sospetto: ognuno teme che l'altro sia un untore. A questo, si aggiungono le nuove regole stabilite dal governo: almeno un metro di distanza e mani lavate ogni ora. Due protocolli che rallentano moltissimo le attività». I tempi per preparare un ordine, calcola, oggi sono quasi raddoppiati. «Vuol dire, nel nostro caso, un calo di produttività del 50 per cento». Anche perché, aggiunge, ci sono attività che devono essere fatte da più persone, come la verifica della merce sui bancali. E molti, a peggiorare ulteriormente le cose, sono costretti a lavorare senza alcuna protezione. «Abbiamo fatto un ordine di 30.000 mascherine dalla Francia due settimane fa» racconta Esposito. «Sono però rimaste bloccate alla frontiera transalpina. Requisite dal governo. Allora abbiamo provato con Dubai, ma pure questo carico ora è fermo». Così per rispettare i sacrosanti protocolli sanitari, è stato riorganizzato tutto. Turni doppi e turni notturni. Traduzione: un ulteriore aggravio dei costi. Insomma, il paradosso sarebbe questo: maggior lavoro, minore guadagno. Esposito ammette: «Io voglio dare continuità al servizio, ma ci stiamo rimettendo. A marzo perderemo 2,5 milioni di euro. Fra tre mesi, continuando così, porterò i libri in tribunale. Se fallisco però il problema non è solo mio, ma anche del Paese. Non siamo importanti come i medici, lo capisco. Ma garantiamo ai cittadini un servizio essenziale. E non potremo più assicurare gli approvvigionamenti. Senza considerare il continuo rischio di contagio. E se il virus arriva nei magazzini?». Allarme rosso, dunque: generi alimentari a rischio. «Bisognerebbe invece pensare a qualche aiuto alle aziende di logistica nella grande distribuzione» suggerisce il presidente di Samag. «Ad esempio: fino al termine dell'emergenza, sospensione del pagamento di contributi previdenziali e premi assicurativi. L'80 per cento dei nostri costi è il lavoro. L'azzeramento temporaneo del cuneo fiscale potrebbe darci un po' d'ossigeno: ridurre le perdite e garantire la continuità aziendale». Ma c'è, poi, il problema finanziario. «I fornitori vanno pagati. E noi, mai come in questo momento, abbiamo bisogno di liquidità. Il governo dovrebbe pensare a bond o a finanziamenti agevolati, sempre dietro garanzie statali. Un'altra misura utile sarebbe permettere di scontare le fatture». Ovvero, dilazionare i pagamenti a quando la buriana sarà passata.Tutto vacilla. Ed Esposito lancia l'allerta: «Non sono abituato ai piagnistei, ma la situazione è grave. Per adesso, continuerò a fare il mio dovere: assicurare che gli alimentari arrivino nei supermercati. Ma, se le cose non cambiano, porterò davvero i libri in tribunale». Vuol dire che il cibo non riempirà più gli scaffali. Mentre almeno 5.000 persone resteranno a casa. Eppure, lo scorso 12 marzo, il governo assicurava: «Nessuno perderà il lavoro per il coronavirus». Invece, eccoci qua. E i primi a temere sono proprio gli invisibili che ogni giorno ci assicurano un pasto caldo.