
Non c'è rimedio alla rottura tra l'Inter e il suo bomber, che oggi diserterà San Siro. La telenovela continuerà fino a giugno ma c'è una trattativa con il Chelsea. Gli inglesi hanno scaricato il Pipita e si portano avanti. Silenzio imbarazzato di Javier Zanetti.Si è fatto male cadendo dal divano mentre gli altri giocavano a Vienna. Il marito di Wanda Nara ha un ginocchio infiammato, sono le conseguenze della degradazione: talvolta la fascia da capitano è più efficace di una fascia elastica. La rottura è prolungata, Mauro Icardi non giocherà neppure contro la Sampdoria: o capitano o niente, roba da asilo Mariuccia (come dicono a Milano) a 5,3 milioni di euro all'anno. O da Achille sotto la tenda senza un Omero in grado di raccontarlo. Ma gli eroi del pallone sono così, prendere o lasciare, soprattutto quando il club ha esagerato con le coccole.La situazione è complicata, il braccio di ferro con la Wanda coniuge e agente e showgirl prosegue con accenti pericolosi. Lei ha annunciato su Twitter: «Si torna al lavoro, vi aspetto tutti come sempre a Tiki Taka», più cuore nero. Nuove rivelazioni? A parte gli insulti sotto il post, venerdì un balordo l'ha affrontata in zona San Siro con contumelie reali mentre rientrava in casa con i bambini. E ieri il misterioso sasso contro la Bentley mentre lei guidava e i figli erano seduti dietro. Storie tese, situazioni criminali che giungono ad appesantire un clima da ultimi giorni di Saigon. Eppure la storia fra l'Inter e il suo centravanti dovrà continuare fino a giugno. Icardi ama il nerazzurro e ancora di più l'Italia, ha fatto sapere che vorrebbe continuare a giocare in Serie A, ritiene che con una squadra competitiva si possa vincere lo scudetto. Ma tutto questo potrebbe rimanere dentro il libro dei rimpianti. La richiesta pressante di adeguamenti a un contratto in scadenza fra due anni e mezzo, i metodi e l'invadenza della moglie, il no alla proposta di 7,5 milioni (Wanda ne chiede 9), il gelo dello spogliatoio dopo le critiche col ventilatore da parte della signora senza che il marito prendesse le distanze, stanno portando la Icardi family sempre più lontano dall'Italia. Perché la Juventus, che potrebbe ingaggiarlo, ora ha un conto economico in rosso e Cristiano Ronaldo da pagare per quattro anni; il Milan ha piazzato il colpo Krzysztof Piatek, il Napoli vede crescere Arkadiusz Milik partita dopo partita, la Roma non molla Edin Dzeko. E poi servono 100 milioni, bisogna che Wanda confidi nella globalizzazione.Qualche giorno fa, all'inizio della crisi, la Nara è stata contattata da Marina Granovskaia, il potente braccio destro di Roman Abramovich al Chelsea, che ha espresso solidarietà e ha sondato il terreno. È una strada interessante, anzi un colpo di scena nelle strategie estive: il club londinese ha ingaggiato da un mese Gonzalo Higuain quasi a forza, spinto dalle insistenze di Maurizio Sarri (oggi anche lui sulla graticola), con un board per niente convinto di dover investire 9 milioni di stipendio e 36 di riscatto su un giocatore ultratrentenne. Ora lo strappo di Icardi cambia gli scenari. Il Chelsea è pronto a non confermare il prestito del Pipita e a rispedirlo alla Juventus per dare l'assalto a un bomber fortissimo, di 26 anni, che in 210 partite con l'Inter ha segnato 122 gol. E che ha dimostrato (dettaglio decisivo) di essere top a livello Champions con quattro centri in sei partite alla prima partecipazione. Poiché dal primo al 15 luglio è aperta la finestra della clausola rescissoria, gli inglesi potrebbero pagare i 110 milioni e portarsi a casa Maurito. Ecco perché Wanda Nara ha sempre detto no al tentativo di Beppe Marotta e Piero Ausilio di togliere la clausola nelle pieghe del rinnovo. È la prima alternativa seria, potrebbe non essere l'ultima. Anche il Real Madrid in passato si è mostrato attento alle sorti del campione argentino dell'Inter, ma Florentino Perez difficilmente si porterebbe in casa un circo così colorato.Dentro l'Inter non tutti sono convinti che la strategia della tensione sia la migliore, e l'assordante silenzio del vicepresidente Javier Zanetti lo conferma. È argentino, è un totem indiscusso, avrebbe potuto fungere da ammortizzatore illuminato e invece si è defilato. Non una parola, a conferma che è in grande imbarazzo. I dirigenti gli sono passati sulla testa, d'accordo con Steven Zhang che torna oggi da New York ed era al corrente di tutto. «Hanno vinto Spalletti e gli slavi», sussurrano dal club. Hanno vinto Marcelo Brozovic e Ivan Perisic, bersagli preferiti della Nara; ha vinto Samir Handanovic, con la (strameritata) fascia da capitano sul braccio. Quanto a Luciano Spalletti, lui non ha mai avuto grandi rapporti con le mogli showgirl dei campioni: a Roma, prima che con Francesco Totti, era entrato in rotta di collisione con Ilary Blasi. Il problema è che, pur essendo un'icona, Totti a 41 anni a bilancio valeva zero mentre Icardi vale 100 milioni: un patrimonio che l'Inter deve continuare a tutelare. Anche per questo, con un gesto di attenzione non dovuta, la società ha incassato in silenzio l'acciacco al ginocchio per evitare che stasera (ore 18) Maurito venga annichilito dai fischi di San Siro.Presentando la sfida con la Sampdoria, l'allenatore ha parlato in modo impressionista, come gli capita quando la concitazione prende il sopravvento: «Per noi è stata una scelta dolorosa, però necessaria per il ruolo che hai in un contesto. La questione è di correttezza per quanto riguarda l'Inter e il gruppo, si può dire che è stata presa una decisione non contro Icardi, ma a favore dell'Inter. Noi dobbiamo rendere conto all'Inter e ai tifosi delle nostre scelte, davanti a tutto c'è la correttezza verso la squadra. L'attaccante deve pensare a fare gol e può agire individualmente, ma c'è una questione che riguarda la difesa: se agisce da solo, se fa le cose individualmente, il difensore non va lontano. Abbiamo un salvadanaio comune in cui mettiamo il risultato individuale, poi ci si divide tutto fra tutti. A questo punto non potevamo fare più niente e questa decisione ci ha creato disagio». Poi una involontaria stilettata: «Il vero capitano è Ranocchia».Traduzione a senso, Icardi era un corpo estraneo rispetto alla squadra. Aggiunta doverosa: poteva pure permetterselo, viste le micidiali qualità da fighter. Poi le parole della moglie manager hanno allargato ancora di più la frattura con il gruppo. Ed eccoci ai pasticci, ai gran rifiuti, ai tweet di sfida da intellettuale esistenzialista che neppure Jean Paul Sartre al Cafè de Flore: «Confondili con il tuo silenzio, sorprendili con le tue azioni». Foto: il tatuaggio di un leone. Un leone che da due partite non lotta, ma sbadiglia col broncio dal divano.
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
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Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.
2025-11-20
Mondiali 2026, il cammino dell'Italia: Irlanda del Nord in semifinale e Galles o Bosnia in finale
True
Getty Images
Gli azzurri affronteranno in casa l’Irlanda del Nord nella semifinale playoff del 26 marzo, con eventuale finale in trasferta contro Galles o Bosnia. A Zurigo definiti percorso e accoppiamenti per gli spareggi che assegnano gli ultimi posti al Mondiale 2026.





