2024-10-13
Tavares fa il cameriere di Bruxelles e vuol far pagare il conto green a noi
L’ad ha isolato Stellantis: è l’unico manager dell’automotive a non chiedere all’Ue di rivedere le regole sull’elettrico. Poi però pretende sussidi e nega numeri e piano industriale. Salvini: «Deve vergognarsi».All’indomani dell’intervento di Carlos Tavares in Parlamento, l’eco delle sue parole fa ancora più rumore. La richiesta dell’ad di Stellantis di nuovi incentivi fatta passare come un aiuto ai cittadini piuttosto che all’azienda suona sempre di più come una presa per i fondelli verso gli italiani e i buchi dei suoi ragionamenti sono diventate delle voragini. Se l’Italia resta centrale nelle strategie del gruppo e se il Paese sta davvero a cuore ai vertici aziendali (come ieri evidenziato dalla multinazionale) non si spiega perché il manager portoghese si sia rifiutato di rendere pubblici piani e numeri che gli sono stati chiesti per esempio da Carlo Calenda. Sarebbe bastata qualche slide, magari preparata ad hoc, per dare uno straccio di rassicurazione al governo e ai governati. E invece niente. Così come suona contraddittoria la lamentela per il 40% di costi aggiuntivi dovuti all’elettrico imposto dalle regole europee rispetto alla volontà di continuare ad ossequiare quelle regole (unico manager dell’automotive) a tutti i costi e senza chiedere dilazioni. Delle due l’una, o si dice che il Green deal di Bruxelles costringe in una camicia di forza l’azienda e quindi si chiede di modificarlo oppure lo si accetta così com’è senza però pretendere che sia l’Italia a sobbarcarsene i costi. Ecco perché i leader politici anche ieri hanno avuto gioco facile a ribadire i concetti espressi nel corso dell’audizione parlamentare. Ed ecco perché ieri anche Confindustria ha denunciato le contraddizioni della strategia dell’ad. Cambiano i toni, ma i concetti sono simili. Si parte dalle espressioni focose del ministro dei Trasporti e leader della Lega, Matteo Salvini, per il quale l’amministratore delegato con la valigia in mano (entro il 2025 verrà sostituito) «dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa. Non è più in condizione di pretendere niente per come ha mal gestito e mal amministrato un’azienda storica italiana». E si arriva al più dialogante Adolfo Urso, tra i principali interlocutori dell’ad in Italia: «Maggioranza e opposizione, sindacati e imprese dell’automotive», evidenzia il ministro dell’Industria, «chiedono alla grande multinazionale che è nata in Italia di restare in Italia e di affrontare con noi la sfida della transizione ecologica, che il nostro Paese può fare meglio di altri. L’importante è che ciascuno faccia davvero la sua parte e che gli stabilimenti tornino a un livello produttivo più significativo». Ma ieri la scena se l’è presa Confindustria. Che in un colpo solo ha messo a fuoco buona parte delle cause della crisi di Stellantis: Europa, strategia aziendale fallimentare dell’azienda sull’elettrico e mancanza di chiarezza su modelli e stabilimenti italiani. «Non vorrei che lo stop al motore endotermico nel 2035 e le ultime annunciazioni della rivisitazione al 2026», ha sottolineato il presidente Emanuele Orsini, «dessero adito a qualcuno di non fare produzione in Italia. Noi abbiamo bisogno che le produzioni in Italia vengano mantenute e chiedere ulteriori incentivi mi sembra onestamente una pazzia». La Fiat era uscita da Confindustria nel 2011. Epoca Marchionne che comunicò la decisione all’allora numero uno degli industriali Emma Marcegaglia. Adesso invece Stellantis lo schiaffo lo riceve. Uno schiaffo che fa male perché isola ancor di più l’azienda e il suo ad. Tavares è attaccato da ogni dove (maggioranza, opposizione, sindacati e industriale) in Italia ed è messo spalle al muro dai manager delle altre case automobilistiche in Europa. O meglio, si è messo con le spalle al muro da solo. L’Acea (l’associazione dell’automotive in Europa) infatti ha preso una posizione chiara sulla necessità di rivedere il prima possibile (già nel 2025 senza aspettare il 2026) le regole di Bruxelles. Stellantis invece ritiene che sia giusto andare avanti così. Inevitabile lo scontro. E del resto le contraddizioni della multinazionale franco-italiana e del suo uomo guida appaiono ancor più evidenti alla luce dei numeri rilevati dall’autorevole settimanale economico francese Challenges,. Le simulazioni di un’importante società di consulenza automobilistica dicono che nel 2025 il mancato rispetto delle regole Ue sulla vendita delle auto elettriche costerà otto miliardi di euro di penali a Volkswagen, due miliardi a Renault e quasi altrettanti a Stellantis. Un conto salatissimo che nel caso del gruppo tedesca supererebbe i 7,3 miliardi di euro di utili netti realizzati nel primo semestre del 2024. Lo stesso discorso vale per la casa francese, che nei primi sei mesi dell’anno ha raggiunto 1,3 miliardi di profitti. Mentre la penalizzazione per Stellantis si mangerebbe più di un terzo del risultato ottenuto nel 2024.Il punto, come visto sopra, è che Volkswagen e Renault chiedono di cambiare le regole di Bruxelles e non vengono in Parlamento a pretendere altri aiuti pubblici, Stellantis invece non si lamenta con l’Europa a batte i pugni sul tavolo in Italia, sostenendo per giunta che lo fa per il bene dei cittadini. Una bella contraddizione, oltre alla presa per i fondelli.