Il taglio delle tasse vale pochi spiccioli. Li mangerà l'inflazione
- Il Mef da un lato ritocca l'Irpef, dall'altro toglie il bonus Renzi e lavora alle nuove detrazioni. Se va bene sarà pari e patta.
- In media, secondo l'Istat, i prezzi nel 2021 saliranno del 3% erodendo potere di acquisto. E sul futuro incombe il rischio patrimoniale.
Lo speciale contiene due articoli.
Il taglia e cuci tra detrazioni, deduzioni fiscali e scaglioni Irpef potrebbe portare ben poco in tasca agli italiani. Giovedì i partiti di maggioranza e il Mef hanno raggiunto un punto di incontro sulla revisione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche che ha visto la riduzione da cinque a quattro delle aliquote fiscali. I cambiamenti hanno riguardato il secondo scaglione (15.000-28.000) con una tassazione che passa dal 27 al 25%, il terzo (28.000-50.000) al 35% e l'appiattimento al 43% per i redditi superiori ai 50.000 euro. Diversi giornali ieri hanno però anche pubblicato tabelle dove si mostra che ci sarà un risparmio annuo netto che oscilla dai 100 ai 920 euro in base ai diversi scaglioni fiscali. Un risultato che dunque parrebbe far felici tutti.
Ma attenzione però a cantar vittoria. Ci sono infatti bonus e più in generale agevolazioni fiscali che, se riassorbiti nel calo dell'aliquota, porterebbero a uno svantaggio fiscale più che a un vantaggio. Uno su tutti è il trattamento integrativo dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (ex bonus Renzi) che prevedeva, per i redditi fino a 28.000 euro, 100 euro al mese in busta paga, per un totale di 1.200 euro all'anno. Agevolazione che non solo salterà ma che non è neanche minimamente compensata dall'abbassamento dell'aliquota dal 27 al 25%, che porta infatti a una diminuzione della bolletta fiscale di circa 260 euro l'anno. Questo significa che in busta paga non ci saranno più i 100 euro. Il trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente e assimilati potrebbe però rientrare all'interno del calcolo fiscale sotto forma di nuova detrazione, per i redditi fino a 28.000 euro l'anno.
Ed è proprio la questione delle agevolazioni fiscali che rappresenta l'incognita più grande all'interno della riforma dell'Irpef. La riduzione delle aliquote è sicuramente un primo passo ma non può dare la certezza della riduzione o meno del carico fiscale che pesa sui singoli individui. Bisogna ricordare infatti che nella legge delega fiscale è previsto un riordino delle agevolazioni. Misura, tra l'altro, confermata anche dal ministro dell'Economia, Daniele Franco, in più audizioni in Parlamento, visto l'enorme quantità delle detrazioni e deduzioni presenti nell'ordinamento italiano (secondo la Corte dei conti nel 2020 si sono contate 602 tax expenditure con un costo per lo Stato pari a circa 68 miliardi di euro). Riordino che passa dunque attraverso un taglio delle agevolazioni, che ricadrà negativamente sulla bolletta fiscale dei contribuenti italiani, dato che le varie tax expenditure contribuiscono ad alleggerire il carico annuale.
Il rischio è dunque quello di depotenziare il taglio delle tasse dato che da una parte (scaglione Irpef) si abbassano le varie aliquote, mentre dall'altra (agevolazioni) si taglia, aumentando il carico sui contribuenti, con il risultato di ridurre il risparmio a poche briciole a partire dal 2023. Ricordiamo infatti che il governo ha stabilito che qualsiasi tipo di riforma fiscale approvata con la legge delega dispiegherà i suoi effetti dal 2023 in avanti.
Ma sulla questione tasse c'è anche da aggiungere un altro importante tassello che è il Catasto. Tema che ultimamente è stato tralasciato dalle varie forze politiche ma che può incidere pesantemente sulle tasche degli italiani nel prossimo futuro. Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ieri su Twitter ha infatti sottolineato in un post come «L'analisi tecnico normativa del ministero dell'Economia, allegata alla delega per la riforma fiscale, esplicita lo scopo della revisione del Catasto di cui all'articolo 6: aumentare le tasse sugli immobili. Ma gira ancora la favoletta della fotografia». Articolo, continua Spaziani Testa, che è coerente con le raccomandazioni dell'Ue che chiedono all'Italia di compensare la riduzione della tassazione sul lavoro attraverso una riforma dei valori catastali (che potrà essere messa in atto solo a partire dal 2026, dato che fino a quella data sarà in corso la mappatura degli immobili italiani). Il quadro che ne esce fuori non è dei più confortanti. Fra delega fiscale, con lo spettro dell'Imu, e riforma del Catasto, c'è il serio rischio che un aumento delle tasse sulla casa controbilanci quanto ottenuto dalla riforma fiscale, lasciando gli italiani con un pugno di mosche.
L’inflazione si mangia la riforma: rincari per 922 euro
Un proverbio antico recita: «Piuttosto che niente, meglio piuttosto». Fermiamoci lì perché le fanfare che hanno annunciato la (probabile) riforma fiscale paiono un concerto irreale. Le aliquote passano da cinque a quattro: sparisce quella del 41%, scalano al 25 e al 35% quelle intermedie, resta quella del 43% sopra i 50.000 euro e viene cancellata l'Irap a un po' di partite Iva. Il tesoretto è di 8 miliardi: meno di piuttosto. Dalle simulazioni emerge che dichiarando 50.000 euro si risparmiano 920 euro all'anno, con 20.000 si tengono in tasca 10 euro al mese, se se ne incassano 30.000 si versano 300 euro in meno. Tutto questo non tiene conto di come andranno le tasse comunali, le addizionali regionali e soprattutto l'Iva.
Comunque gli italiani il prossimo anno saranno più poveri. Secondo i conti delle associazioni dei consumatori, se l'inflazione rimarrà al 3% come stimato dall'Istat (ma è molto probabile che aumenti ancora), su base annua avremo una maggior spesa delle famiglie per 922 euro all'anno. Una famiglia monoreddito da 50.000 euro fa pari con la riduzione fiscale annunciata. Se si guadagna meno di 50.000 euro la rimessa è sicura. A questo andrebbe aggiunto il caro bollette, essendo improbabile che il governo abbia abbastanza fiato per rincorrere con le detrazioni l'aumento dell'elettricità e del gas. Così a fine anno ogni famiglia avrà per l'energia (sperando che l'inverno non sia freddissimo) una spesa aggiuntiva di altri 450 euro. A conti fatti - dipendenti pubblici a parte visto che il ministro Renato Brunetta (Forza Italia) ha destinato 200 milioni di euro alla contrattazione integrativa o che il neo sindaco di Roma Roberto Gualtieri (Pd) paga agli operatori ecologici un soprassoldo purché lavorino - nelle tasche degli italiani a fine 2022 mancheranno dai 500 ai 1.300 euro; c'è chi si sta giocando uno stipendio senza che nulla accada. Da qui il malumore dei sindacati che lamentano di non essere stati consultati e quello di Confindustria che voleva più sgravi alle imprese. Il presidente Carlo Bonomi, tifoso dell'obbligo vaccinale in nome della ripresa, di mettere mano ai salari non ne parla proprio e anzi aggiunge: «Si sono fatte scelte senza visione sul futuro».
Che le fanfare abbiano intonato il peana in anticipo (per la verità la «riformina» piace anche alla Lega e al Pd) lo dimostra il calendario. Mercoledì prossimo si riunisce la commissione Finanze della Camera dove approda la delega fiscale e il presidente Luigi Marattin (Italia viva) fa sapere: «Pensiamo di ridurre a tre le aliquote fiscali e di mettere mano a riunire la normativa fiscale in codici semplici e chiari, a riordinare la tassazione d'impresa». Dalle parole di Marattin emerge che se l'accordo trovato giovedì sul testo del governo tiene si può approdare a una più «ambiziosa riforma fiscale in cui valutare i passi successivi su Irpef e Irap - superamento per tutti, non solo per le persone fisiche - nonché la tassazione d'impresa, la riforma delle spese fiscali, la riforma delle modalità di versamento delle imposte da parte degli autonomi, il riordino dell'Iva». Come sempre il diavolo si nasconde nei particolari. Il riordino dell'Iva può voler dire che si rimodulano le aliquote, ma a saldo invariato, oppure che si toglie poco da una parte e si aggiunge molto dall'altra. Approfittando dell'inflazione così facendo lo Stato potrebbe nominalmente gonfiare le entrate più che pareggiando i conti della riformina.
Senza considerare che l'Europa è ancora lì che preme per una patrimoniale. Perché nei vincoli che ci hanno messo con il famoso e oneroso Recovery fund da cui si genera il Pnrr c'è scritto esplicitamente che si aspettano tagli alle pensioni, tagli alle agevolazioni fiscali, entrate straordinarie e spostamento della tassazione dal lavoro alla rendita anche con la riforma del Catasto. Sui tagli alle detrazioni e deduzioni hanno già cominciato il lavoro. Per il resto, basta aspettare.






