2023-11-03
Dal taglio agli assegni degli statali risparmi in manovra per 150 milioni
Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo (Ansa)
Coinvolti 30.000 tra sanitari e insegnanti. Nel 2024 lo Stato ci guadagna solo 11 milioni.Il pasticcio delle pensioni dei medici e dei dipendenti pubblici, ha origine nel 1995 con la riforma Dini che sanciva il passaggio dal modello retributivo (la pensione commisurata alle retribuzioni percepite negli ultimi anni di attività) al sistema di calcolo contributivo cioè basato sui contributi versati. Per rendere meno traumatico il giro di boa fu stabilito per coloro con più di 18 anni di anzianità contributiva al ’96, che la pensione sarebbe stata calcolata parte con il sistema retributivo e parte con il contributivo. Veniamo ai dipendenti pubblici e, in particolare, ai medici. Il 55% dei dipendenti pubblici è iscritto alla Cassa Stato (CTPS) e i restanti fanno capo a 4 casse: Cpdel (enti locali), Cps (i sanitari), la Cpug (gli ufficiali giudiziari), la Cpi (insegnanti scuole parificate). Di regola i fondi hanno aliquote di rendimento che sono crescenti linearmente (pari al 2-3%) per ogni anno. In tale contesto con il riconoscimento di una aliquota di rendimento del 2% per ogni anno fino ad un massimo di 40 anni (come era nel retributivo) un lavoratore con 40 anni di contributi sarà titolare di un assegno previdenziale pari all’80% (40 x 2%) della media delle ultime retribuzioni. Per capire meglio come si è arrivati alla norma del governo Meloni, bisogna fare un ulteriore passo indietro, al 1965 quando fu introdotta la tabella contestata che aveva aliquote di rendimento non lineari ma per «saltum».In virtù di tale misura al personale medico come a quello degli enti locali si applicava sin dai primi anni di contribuzione un’aliquota di rendimento quasi del 24%. Per chiarire: con un mese in Cpdel si ha già un rendimento del 24% mentre nella Cassa dello Stato il rendimento è del 2%. Poniamo una retribuzione media pensionabile di mille euro: se calcolata con un solo anno con aliquota del 23% è di circa 230 euro se invece della Cassa dello Stato, con il 2%, è 20 euro. Ma era un dislivello che poi negli anni si colmava, con la diversa modulazione dell’andamento delle aliquote dei rendimenti, sicché arrivati a 40 anni di servizio, le categorie statali erano tutte sullo stesso livello.Quando fu introdotta questa norma nessuno poteva pensare che nel 1995 sarebbe arrivato il contributivo, anzi, forse si era voluto mettere in sicurezza le reversibilità del personale degli enti locali e dei medici. Un dipendente deceduto in giovane età poteva assicurare un assegno mensile decoroso alla vedova. Quando arriva il contributivo il meccanismo entra in crisi perché congela il riallineamento tra Cpdel e medici e Cassa Stato. Quindi chi al 1996 aveva 10 anni di contributi (entrato in servizio al 1986) ha per dieci anni il sistema retributivo che applica le aliquote di rendimento e per i restanti il contributivo. È un’anomalia della riforma Dini che al tempo nessuno affrontò e che ora si vorrebbe porre ma in una situazione critica per la sanità. Il brusco taglio costringerebbe tanti medici ad abbandonare il lavoro lasciando sguarnito un settore già in grave deficit di personale. Inoltre penalizza una categoria che si è sacrificata molto durante il Covid. Il problema non riguarda i medici che hanno anzianità nel retributivo superiore a 15 anni (per i quali nulla cambia) ma quelli che accederanno alla pensione nei prossimi. La relazione tecnica alla norma precisa che sono interessati 31.500 dipendenti pubblici: 27.100 lavoratori degli enti locali, camere di commercio, infermieri, 3.800 medici, 400 insegnanti delle primarie e dell’infanzia, 200 ufficiali giudiziari. Perderanno quasi 18 milioni lordi, 562 euro in media a testa. Per salvare queste categorie, il governo dovrà trovare per il 2024, altri risparmi per 18 milioni. Il grosso arriverà con il passare degli anni. I risparmi al netto degli effetti fiscali sono di 11,5 milioni nel 2024, 43,2 nel 2025 e di 96,9 nel 2026 fino ad arrivare a 2,27 miliardi nel 2043. Tra il 2024 e il 2043, lo Stato ha messo in conto risparmi per circa 21 miliardi. Ora, soprattutto se si inserisce una progressività, una parte dei soldi andrà trovata altrove.