L’ex Fiat e Volkswagen a maggio aveva lanciato l’allarme sul settore («Il 2025 sarà l’anno decisivo») e combatteva contro le vetture a batteria e gli input tedeschi. Ora ha accettato l’offerta per risollevare Gucci.
Il presidente Usa richiama Pechino all’intesa che sanciva 90 giorni di tregua. E Scott Bessent ammette: «Rapporti in stallo». La replica cinese: «L’America corregga la sua condotta». Washington cerca la sponda indiana.
Il numero uno di Volkswagen, Oliver Blume, apre alla Casa Bianca: «Pronti a investire negli Stati Uniti, in cambio di condizioni migliori». Una strategia per strappare tariffe più basse del 25%.
L’export vale 65 miliardi, ma ci sono alcuni settori che vendono di più e che sarebbero più danneggiati dalle gabelle. In una logica di trattative con i singoli Paesi, i buoni rapporti con la Meloni fanno la differenza.
Stellantis, meno 16% le immatricolazioni a gennaio. Filosa (Usa), che potrebbe essere il nuovo ad Volkswagen, valuta di ampliare la produzione negli Stati Uniti per evitare le sanzioni.
La Ribera conferma lo stop ai motori tradizionali e annuncia altri incentivi per le auto elettriche. La Von der Leyen lancia un forum internazionale pro transizione. Intanto Volkswagen dà l’allarme: «Nel 2025 le multe sulle emissioni ci costeranno 1,5 miliardi».