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Trascrizione Cts 10 maggio 2021.pdf
La misurazione della temperatura corporea era diventata una liturgia. Ma, alla riunione del 10 maggio 2021, si scopre che era solo un gesto simbolico che dava l’illusione di sicurezza. E il termoscanner che filtrava gli ingressi nei locali pubblici, di colpo, e senza appello, nell’assemblea virtuale del Comitato tecnico scientifico diventa «uno strumento inutile nel 99 per cento dei casi». Parola dell’epidemiologo Donato Greco. Quel giorno i professoroni si arrovellano per un bel po’ su febbre e termoscanner. Strumenti che per mesi erano stati presentati come il primo baluardo di difesa contro il Covid, insieme alle mascherine e al disinfettante per le mani, ma che in realtà non servivano a nulla. «Ho raccolto una trentina di pubblicazioni e ho rivisitato i siti istituzionali Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità, ndr), anche il sito inglese, il sito canadese e quello australiano…», spiega Greco. Il risultato? «L’uso della rilevazione della temperatura è stato sostanzialmente limitato all’ingresso nel Paese quindi a porti, aeroporti e stazioni ferroviarie…». E il termoscanner per entrare a scuola, nei ristoranti, negli uffici pubblici? È un colpo di scure su una misura che milioni di italiani hanno subìto persino dai parrucchieri. «Negli ultimi mesi, tra ottobre 2020 e aprile 2021», ricostruisce ancora Greco, «è uscita una dozzina di lavori che hanno valutato l’uso della misura della temperatura anche nella popolazione civile… il risultato è semplice… il potere predittivo positivo non arriva al 5, al 6, al 10 per cento nella migliore delle ipotesi». Quindi, via i termoscanner. Un prezzo, anche simbolico, enorme, che il Cts liquida con poche frasi: «Il costo principale non è tanto il costo dell’apparecchio, anche se alcuni scanner costano molto… è il costo delle persone, perché dietro al termometro c’è qualcuno che misura… quindi il costo non è trascurabile… assunto che il guadagno (dal punto di vista scientifico, ndr) è nullo sostanzialmente. Una misura inefficace non è eticamente accettabile». Eppure la misurazione della temperatura era stata imposta ovunque, come se bastasse un display per tenere lontano il virus. Gianni Rezza ammette che si è trattato più di un placebo sociale che di uno strumento scientifico: «Noi del resto come ministero abbiamo sempre raccomandato lo screening della temperatura soprattutto a livello aeroportuale… è stato pure un po’ per un senso di sicurezza… ho un aneddoto personale… d’estate non riesco mai a entrare al ministero perché ho la temperatura che supera i 37,5 gradi, specialmente se viene misurata nell’androne dove c’è il sole». Non è un dettaglio: la febbre rilevata agli ingressi variava anche a seconda di come era tarato il termometro. Una misura da barzelletta, usata, però, come strumento di rassicurazione collettiva. La bioeticista Cinzia Caporale non nega l’inconsistenza scientifica del termoscanner, ma sposta il discorso: «Nel momento in cui venisse fuori la notizia che noi abbiamo valutato la temperatura come inessenziale ci possono essere due effetti… un abbassamento della presa in carico di se stessi… oppure sottovalutare il sintomo febbre. Dobbiamo rimarcare che a livello individuale la temperatura è un criterio importante, non andrebbe mai sottovalutato». L’importante, quindi, non era se la misura servisse, ma come comunicare la sua inutilità. E anche quando la scienza certifica che la «medicina» non funziona bisogna ammetterlo in modo che non sembri un fallimento. «Non vorrei», ammonisce la Caporale, «che poi le persone con la temperatura, che non fanno il tampone, pensino che la temperatura non sia più così importante rispetto al Covid e poi vadano in giro essendo ammalate». A chiudere il cerchio ci pensa Sergio Fiorentino, avvocato dello Stato, il quale offre un exit strategy ai colleghi: «Forse dovremmo verificare se in passato, come Cts, abbiamo messo come obbligatoria la rilevazione della temperatura all’ingresso dei locali… perché adesso dire che tutto questo non aveva fondamento scientifico, posto che abbiamo generato anche dei costi non indifferenti… questo lo dovremmo dire sulla base di sopravvenuti studi scientifici» Qui il nodo viene fuori con chiarezza: non è un problema di verità scientifica, ma di responsabilità. Se il Cts ammette di aver imposto misure inutili, chi paga per i soldi spesi? Il 10 maggio il Cts ammette ciò che milioni di italiani sospettavano: i termoscanner erano uno specchietto per le allodole. Ma invece di cancellare senza esitazioni una misura inutile, gli esperti si perdono in giri di parole, timorosi di smentire se stessi e di ammettere che per mesi hanno imposto un rituale sanitario senza basi. E quando arriva il momento di fare chiarezza, la scienza si ritrae, l’etica si piega alla comunicazione e il diritto teme le conseguenze legali. Il risultato è un Paese che per un anno intero si è affidato a un numero su un display. E un Cts che, anche quando scopre l’inutilità di quella pratica, non trova il coraggio di dirlo fino in fondo.





