Cosa rimane dell’atto di forza di Evgenij Prigozhin che con 5.000 uomini del Wagner Group ha tenuto in scacco la Russia per 48 ore? Come esce Vladimir Putin da questa vicenda? E gli ucraini approfitteranno sul campo di battaglia della situazione venutasi a creare a Mosca? E che fine farà la compagnia di mercenari Wagner Group che è presente in 12 paesi africani oltre che in Siria e Ucraina? Di questo e di altro parliamo con il Generale di Corpo d’Armata Giorgio Battisti e il vicedirettore de La Verità Claudio Antonelli.
Vladimir Putin (Ansa)
Wagner si dirige verso Mosca e si ferma a soli 200 chilometri per evitare stragi. Intervento decisivo del presidente bielorusso.
Quello che fino alle 19.30 è stato a tutti gli effetti il giorno più complicato degli ultimi 23 anni di Vladimir Putin, da quando lo zar è al comando della Federazione russa, si è risolto con un clamoroso colpo di scena. La marcia della brigata Wagner, guidata da Evgenij Prigozhin , che minacciava la sicurezza di Mosca e i vertici militari del Cremlino, si è fermata a circa 200 chilometri dalla Capitale russa. A dare l’ordine del dietrofront è stato lo stesso leader del gruppo mercenario: «Torniamo indietro per evitare uno spargimento di sangue». Dietro questa mossa a sorpresa c’è il presidente bielorusso, Aleksander Lukashenko, che pochi minuti prima dell’annuncio di Prigozhin aveva anticipato che il leader della Wagner aveva accettato una de-escalation, fermando quindi l’avanzata. Un intervento decisivo, tanto è vero che lo zar lo ha ringraziato personalmente al telefono.
Un esito del tutto inaspettato e che almeno per ora raffredda il clima infuocato che si è creato ieri attorno al Cremlino, in una giornata convulsa in cui Putin ha dovuto far fronte a un colpo di Stato.
Una giornata che aveva visto il presidente russo protagonista di un discorso televisivo alla nazione trasmesso a reti unificate a poche ore dalla «marcia per la libertà» di Prigozhin, e della notizia, subito smentita, di una fuga a San Pietroburgo. «Il presidente è rimasto al lavoro al Cremlino», ha assicurato il portavoce del presidente, Dmitrij Peskov. Le voci di un allontanamento di Putin da Mosca si erano alimentate dopo che il sito di informazione più popolare di San Pietroburgo, Fontanka, aveva scritto di due aerei governativi russi, tra cui l’Il-96 presidenziale, decollati alle 14.16 da Mosca e atterrati poco dopo all’aeroporto Pulkovo, lo scalo della città che ha dato i natali allo zar, senza avere però certezza o meno della presenza a bordo di Putin. Lo stesso Peskov ha ribadito che il presidente è rimasto continuamente informato dal ministero della Difesa e dell’Interno, dalla Guardia nazionale e dai servizi segreti dell’Fsb sugli sviluppi della ribellione armata.
Putin in mattinata era intervenuto in diretta televisiva per rassicurare il popolo di avere la situazione sotto controllo e denunciare l’atto di rivolta. «Un colpo di pugnale alle spalle delle nostre truppe e della Russia. Si tratta di gravi azioni di tradimento. I responsabili pagheranno per questo», ha tuonato Putin, che ha anche ammesso come «la situazione a Rostov sul Don fosse difficile durante la rivolta armata» con «il lavoro dell’amministrazione civile e militare bloccato». Lo zar, che nel suo discorso non ha mai nominato Prigozhin, ha proseguito: «Difenderemo il nostro popolo e il nostro Stato da qualsiasi tradimento. Adesso si decide il destino del nostro popolo», ricordando il precedente storico del 1917, quando Lenin e Lev Trockij guidarono la Rivoluzione d’ottobre: «Non permetteremo una spaccatura come nel 1917 e non permetteremo che ciò accada di nuovo», ha detto Putin. Sulla brigata Wagner, invece, lo zar si è espresso così: «Il nome e la gloria degli eroi della Wagner, che hanno combattuto nell’operazione militare speciale in Ucraina e hanno dato la vita per l’unità del mondo russo sono stati traditi da coloro che hanno organizzato la ribellione. Chiedo ancora di non commettere questo errore gravissimo, di fare la scelta giusta, di smettere la partecipazione a queste azioni criminali».
Già dalle prime ore del mattino, invece, su tutta Mosca era cominciata l’operazione difesa, con la chiusura ai visitatori della Piazza Rossa, del Mausoleo di Lenin e della necropoli vicino al muro del Cremlino disposta dal sindaco, Sergej Sobyanin. La Capitale russa è stata letteralmente blindata con diversi posti di blocco e soldati muniti di mitragliatrici piazzati ai margini Sud occidentali della città, nei pressi dell’uscita dell’autostrada M4, il punto verso cui era diretta la marcia dei mercenari Wagner. La Bbc ha raccontato di check point improvvisati dalle forze russe nelle zone limitrofe di Mosca, mentre il quotidiano ucraino Kyiv Post ha addirittura diffuso immagini di trincee scavate ai confini della Capitale. Man mano che l’avanzata verso il Cremlino dei miliziani guidati da Prigozhin andava avanti, Putin ha continuato a giocare la carta della trattativa. Secondo quanto riportato da una fonte vicina allo stato maggiore russo, infatti, il presidente avrebbe offerto un’amnistia ai combattenti che avessero interrotto la rivolta, in quanto i militari russi non avrebbero avuto abbastanza risorse a disposizione per bloccare l’avanzata della Wagner, con molti militari richiamati d’urgenza dall’Ucraina. Ma avrebbe anche chiesto la testa di Prigozhin. Sapendo che la partita nelle ore successive si sarebbe giocata sulla lealtà o meno del resto dell’esercito russo nei confronti del Cremlino, ci sarà da capire cosa Prigozhin ha chiesto per fare marcia indietro, come Putin porterà avanti il rapporto con il capo della brigata Wagner e come gestirà una faccenda che in ogni caso ha messo in profonda discussione la sua leadership interna.
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Il capo della Wagner Evgenij Prigozhin (Ansa)
Evgenij Prigozhin e la sua Wagner in marcia su Mosca: colpo di Stato. Poi Aleksander Lukashenko media e ferma i mercenari.
Buone notizie da Mosca. I ribelli della Wagner stanno marciando sulla capitale per fare piazza pulita del gruppo dirigente che ha portato la Russia in guerra.
E nel mirino ci sarebbe addirittura Putin che ieri, notizie incontrollate e poi smentite, davano in fuga. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non esulta, ma quasi: «La debolezza della Russia è evidente» ha detto. «Per molto tempo il Cremlino ha fatto ricorso alla propaganda per mascherare la debolezza e la stupidità del suo governo, ma ora c’è così tanto caos che nessuna bugia può nasconderlo». Anzi no, i ribelli della Wagner, dopo una mediazione di Lukashenko stanno ritornando indietro, rinunciando a dare l’assalto a Mosca. O per lo meno questa è la notizia delle ultime ore.
Il problema è che nessuno sa veramente quello che sta accadendo a Mosca e dintorni e non c’è analista che sia in grado di capire se le truppe guidate da Evgenij Prigozhin, il cosiddetto cuoco di Putin a capo di una milizia personale composta da mercenari ed ex detenuti, siano davvero in grado di tenere testa alle forze regolari o se si siano accordate alzando il prezzo per non marciare sul Cremlino. Qualcuno evoca il mancato golpe del 1991, quando alcuni funzionari sovietici arrestarono Michail Gorbachëv e cercarono di instaurare una giunta militare assaltando il parlamento. Finì con una rivolta di popolo, con Boris Eltsin che si arrampicò su un carro armato e da lì arringò la folla. Il putsch durò meno di una settimana e poi, quando fu chiaro che le forze armate solidarizzavano con chi protestava, i golpisti si arresero e vennero arrestati. Ma nessuna sa dire se sia così.
A parti rovesciate c’è chi pensa che la marcia su Mosca di Prigozhin possa dare la spallata al regime, spingendo i soldati a ribellarsi e schierarsi con il popolo e contro Putin. Quello del padrone della Wagner sarebbe in pratica un golpe buono, il contrario di quello tentato più di trent’anni fa per far fuori Gorbachëv e la sua perestroika. Ma dopo l’avanti e indietro delle sue truppe è difficile crederlo.
Infatti, siamo certi che chi verrà dopo Putin sarà meglio di lui? Il curriculum del cuoco personale dello zar non promette nulla di buono e ancor meno testimoniano le sue controverse dichiarazioni, che negli ultimi 16 mesi hanno accompagnato le alterne fasi della guerra in Ucraina.
Non so chi ci sia dietro Prigozhin, se agisca di testa propria sentendosi con le spalle al muro o se qualcuno lo abbia convinto a muovere su Mosca, magari con qualche promessa di immunità per sé o per la propria famiglia. Sta di fatto che di un tipo simile non c’è da fidarsi. E men che meno c’è da far conto sulla sua banda di galeotti e criminali, che in Ucraina hanno impugnato le armi e ucciso senza scrupoli dietro la promessa di tornare liberi. Prigozhin e i suoi oggi paiono schierati contro l’invasione dell’Ucraina e a favore della fine della guerra. Ma fino a ieri il cuoco di Putin criticava ministri e generali, definendoli corrotti e pusillanimi. Secondo lui bisognava fare sul serio, non risparmiare sulle munizioni. Dunque, qual è il vero obiettivo della Wagner? Concludere la guerra ritirandosi o scatenare qualche cosa di peggio?
Vi state chiedendo che cosa ci possa essere di peggio di ciò che abbiamo visto nell’ultimo anno e mezzo? Non so dare una risposta, tuttavia posso dire che guardando al quarto di secolo passato, troppe volte abbiamo sperato che un cambiamento, magari anche armato, ci avrebbe portato una situazione migliore delle precedenti. Invece, dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Libia alla Tunisia, dall’Egitto alla Siria, le cose sono sempre andate peggio. Via i sovietici da Kabul, sono arrivati i talebani. Impiccato Saddam Hussein, abbiamo avuto al Baghdadi. Rovesciato e linciato Gheddafi, ci è toccata una guerra tra bande di predoni. Rovesciato Ben Ali, è arrivato Kais Saied, uno che ha sciolto il Parlamento e rifatto la Costituzione. Arrestato Mubarak è subentrato Al Sisi, quello che non ci ha ancora spiegato com’è morto Regeni. In Siria addirittura, nonostante l’Isis e una guerra civile che ha lasciato il Paese in macerie, è rimasto Assad. Insomma, a dispetto delle nostre speranze di esportare la democrazia e di una stagione di libertà con le primavere arabe, siamo andati di male in peggio. Oggi infatti, nonostante il nostro sostegno a favore di ogni rivolta e di ogni intervento per scacciare i satrapi, la situazione è peggiore di 25 anni fa.
Sono troppo pessimista e deludo le speranze di chi si augura che siano gli stessi russi a sbarazzarsi di un criminale come Putin? È vero, ma come si fa a essere ottimisti se si vuole sostituire un dittatore che tiene in mano il pulsante nucleare con una canaglia come Prigozhin. Sarebbe come chiedermi di avere fiducia nella cacciata di Hitler perché a guidare l’assalto al bunker in cui si nasconde il Führer è Himmler.
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