L’Italia si conferma solida e i dazi di Donald Trump, se mai entreranno in vigore, impatteranno solo per l’1% sul nostro export. Firmato Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia. A Trento, all’anteprima del Festival dell’Economia, commenta la decisione di Standard & Poor’s di alzare il rating del Paese a BBB+. Una buona notizia attesa dal 2021, l’ultima volta che l’Italia aveva salito un gradino del rating: «Non sono sorpreso», ha dichiarato, «me lo aspettavo. Le condizioni dell’economia italiana sono migliorate e la gestione dei conti pubblici è stata più responsabile».
Secondo Panetta, la valutazione potrebbe migliorare ulteriormente nei prossimi mesi se si continuerà su questa linea.
In ogni caso la presenza di un titolo del debito comune consentirebbe con più facilità investire in Italia e in Europa. Chi vuole investire oggi in Europa, osserva il governatore, può acquistare titoli francesi, italiani, tedeschi e «se avessimo un titolo sovrano comune sarebbe più facile».
Uno dei fattori di rischio emersi nelle ultime settimane riguarda i dazi Usa. Anche su questo fronte i collaboratori di Panetta si mostrano ottimisti. Secondo il Bollettino economico appena pubblicato, l’impatto sull’Italia sarà contenuto, grazie alla struttura robusta del nostro sistema produttivo.
In particolare, solo una parte delle imprese italiane è direttamente esposta al mercato americano: circa un terzo esporta direttamente negli Stati Uniti, ma oltre la metà del valore dell’export è generato da grandi aziende (oltre 250 addetti), generalmente più diversificate, solide e capaci di assorbire gli shock di mercato. I settori più esposti sono farmaceutica, aerospazio e cantieristica, ma anche in questi comparti, sottolinea Bankitalia, il posizionamento qualitativo dei prodotti italiani (nella fascia medio-alta e alta) aiuta a contenere l’effetto negativo dei dazi, essendo beni destinati a consumatori o imprese meno sensibili alle variazioni di prezzo.
Secondo le stime, circa l’8,1% del valore aggiunto della manifattura italiana - pari all’1,2% del Pil - è destinato direttamente o indirettamente al mercato statunitense. In caso di piena applicazione dei dazi, la riduzione media del fatturato per le imprese esportatrici si aggirerebbe intorno all’1%, con un impatto contenuto anche sui margini operativi: solo per una minoranza di aziende si registrerebbero effetti più gravi. A contrastare la frenata della domanda estera, contribuiranno invece i consumi interni, sostenuti dalla crescita dei redditi reali e dagli effetti residui del Pnrr sugli investimenti.
A rafforzare la percezione di un’Italia in ripresa strutturale, è arrivato anche il giudizio positivo raccolto a Bruxelles dall’agenzia Bloomberg sul piano di investimenti da 25 miliardi presentato dalle Ferrovie dello Stato. Il progetto prevede un rafforzamento della rete ferroviaria nazionale, con particolare attenzione alle aree del Sud, all’alta velocità e all’intermodalità.
L’intervento è stato definito strategico non solo per la mobilità sostenibile e l’ammodernamento delle infrastrutture, ma anche per l’impatto su crescita, occupazione e coesione territoriale.
Insomma per i due ministri leghisti quella di ieri è stata una giornata positiva. Giancarlo Giorgetti ha incassato la promozione dei conti pubblici («Ce lo meritavamo anche se non ce l’aspettavamo» dice a margine dell’Ecofin). Matteo Salvini ottiene il plauso per il piano delle Ferrovie definito un «modello per l’Europa»
I segnali di fiducia verso l’Italia, però, devono fare i conti con lo scenario internazionale. La crisi dei mercati obbligazionari americani, in particolare quelli dei Treasury, rappresenta oggi una delle principali incognite globali. I rendimenti dei titoli di Stato americani a 10 e 30 anni sono saliti ai massimi degli ultimi mesi, con punte rispettivamente del 4,6% e del 5%, a causa di un’ondata di vendite che riflette una crescente sfiducia nei confronti dell’economia statunitense. Il dollaro ha perso terreno, toccando i minimi da tre anni.
Wall Street ha mostrato segnali di tenuta, grazie alle rassicurazioni della Federal reserve, che si è detta pronta a intervenire per garantire la stabilità dei mercati.
Dal canto suo la Bce si riunisce giovedì. L’appuntamento assume un significato particolare. Il presidente Christine Lagarde ha ribadito che l’Eurotower è «sempre pronta a utilizzare gli strumenti necessari per garantire la stabilità dei prezzi e la stabilità finanziaria», due obiettivi che, ha ricordato, «non possono essere disgiunti». Con un’inflazione sotto controllo e una crescita ancora fragile, la Bce si trova a dover bilanciare l’eventualità di un taglio dei tassi nei prossimi mesi con la necessità di monitorare le turbolenze provenienti dagli Usa.
La sensazione, tra economisti e analisti, è che l’Europa si trovi oggi in una posizione più solida rispetto agli Stati Uniti, ma anche più esposta all’eventuale effetto domino.