Urso: «L'Ue dovrà tutelare la produzione nazionale di fronte a fenomeni di concorrenza sleale»
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy in collegamento video al Giorno della Verità: «Noi siamo aperti a favorire chi vuole investire nel nostro Paese per produrre in Italia utilizzando componenti italiane, non chi vuole assemblare».
Dopo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, intervistato dal direttore Maurizio Belpietro, tocca ad Adolfo Urso. Il titolare del ministero delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, intervenuto in collegamento video, ha risposto alle domande di Paolo Del Debbio.
Oggi l'ad di Stellantis Carlos Tavares ha annunciato la commercializzazione di auto cinesi in Europa e in Italia ma non la produzione, la Francia ha fatto un accordo con la Cina. Come la vede lei?
«Io credo che l'Unione europea dovrà muoversi necessariamente su una politica industriale astrattiva, che investa sulle imprese come stanno facendo gli Stati Uniti. L'Europa dovrà investire sulla produzione e la prossima commissione dovrà basarsi sulle risorse comuni, un po' come fatto sul modello del Pnrr. Gli Usa hanno annunciato dazi pari al 100% sulle auto elettriche cinesi. È inevitabile che l'Europa dovrà tutelare la produzione nazionale di fronte a fenomeni di concorrenza sleale. Ritengo necessario che in Italia ci sia almeno un secondo produttore automobilistico».
Ministro lei sta lavorando a strumenti che possano collegare risorse come l'enorme potenziale del risparmio privato italiano alle necessità produttive. Qual è logica di tutto questo?
«Noi stiamo concentrando nostre risorse per sostenere chi vuole investire in Italia nella tecnologia green e digitale. Dagli impianti di produzione fotovoltaica ed eolica, ai chip e ai semiconduttori. Abbiamo realizzato il piano transizione 5.0 che entrerà in vigore tra poche settimane che vedrà l'investimento di 6,4 miliardi di euro nazionali e 6,3 miliardi di euro europei, per un totale di circa 13 miliardi. E gli effetti si cominciano a vedere perché già molte multinazionali hanno annunciato di voler investire nel nostro Paese».
Con l'ex Ilva di Taranto a che punto siamo?
«I commissari stanno avviando tutte le opere necessarie per la ripresa produttiva, a cominciare dalla manutenzione degli altiforni. Siamo riusciti a intervenire in tempo per salvare l'altoforno 4 e ora sono state attivate tutte le misure per la manutenzione degli altri altiforni in maniera da garantire la ripresa e il rilancio della produzione nei prossimi mesi. Noi puntiamo al rilancio della siderurgia italiana a partire proprio dall'ex Ilva di Taranto, perché la siderurgia è alla base dell'industria manifatturiera».
E sulla questione della chimica come vi state muovendo?
«Stiamo lavorando affinché i poli chimici siano sostenibili sul piano ambientale, vogliamo raggiungere l'obiettivo della chimica, così come della siderurgia, verde in Italia e pensiamo che possiamo farlo perché siamo i più bravi in Europa per quanto riguarda l'economia circolare. Per questo motivo stiamo lavorando con il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin al decreto sulle materie prime grigie».
La Cina fa parte dell'organizzazione mondiale del commercio e quindi dovrebbe rispettare le regole di produzione. Pensa che a livello europeo ci vorrebbero strumenti adatti per far rispettare queste regole?
«Recentemente abbiamo avuto un confronto aperto con il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire e ne abbiamo parlato anche in occasione dell'accordo trilaterale con Germania e Francia volto a favorire gli investimenti, l'innovazione, la crescita e le transizioni verde e digitale. E abbiamo convenuto che l'Unione europea deve necessariamente sviluppare una politica comune adeguata rivolta a chi sviluppa prodotti fuori dall'Europa. Sono convinto che il prossimo Parlamento e la prossima Commissione europea dovranno necessariamente andare su questa strada raccogliendo la sfida lanciata degli Stati Uniti per contrastare l'egemonia cinese. Le dirò. Il nostro governo è uscito dall'accordo della Via della seta, ma non per questo sono diminuiti gli interscambi tra Italia e Cina. Anzi, si è ridotto il divario tra l'import dei prodotti cinesi e l'export dei nostri prodotti in Cina. Siamo su una via del riequilibrio. Noi siamo aperti per chi investe nel nostro Paese per produrre in Italia, non per assemblare».
Nella sua visione di evoluzione del sistema produttivo, il settore manifatturiero è ancora una parte importante?
«Assolutamente sì, utilizzando a pieno le nuove tecnologie come l'intelligenza artificiale. Ritengo che attraverso l'innovazione possa crescere il Made in Italy e stiamo investendo sulla consapevolezza che in Italia possa nascere la tecnologia green e la tecnologia digitale per cui sono previsti almeno 10 miliardi di investimenti».