Due Giulie, due omicidi, due ergastoli: uno confermato, quello di Alessandro Impagnatiello per l’assassinio di Giulia Tramontano, l’altro richiesto per Filippo Turetta, colpevole di aver ucciso Giulia Cecchettin.
«Fine pena mai» è stata la sentenza espressa ieri dalla Corte d’assise di Milano, presieduta dal giudice Antonella Bertoja, con l’isolamento diurno per tre mesi, a fronte dei 18 che erano stai richiesti inizialmente dalla Procura. L’imputato aveva assassinato la compagna ventinovenne di allora, il 27 maggio 2023, nella loro abitazione di Senago, alle porte di Milano, con 37 coltellate; in seguito, nel tentativo di disfarsi del corpo, aveva dapprima provato invano a bruciarlo con dell’alcol nella vasca da bagno, per poi terminare l’opera all’esterno dell’appartamento, in un anfratto accanto ad alcuni box, utilizzando della benzina. Lì ha quindi nascosto quanto rimaneva del cadavere, avvolto in sacchetti di plastica. Il tutto dopo mesi di costante somministrazione di veleno topicida, elemento emerso durante l’autopsia e che ha suggerito ai pubblici ministeri la premeditazione dell’omicidio. La ragazza era al settimo mese di gravidanza e portava in grembo Thiago, figlio che sarebbe stato di Impagnatiello. È stato dunque ritenuto colpevole dell’omicidio pluriaggravato, per l’occultamento del suo cadavere e per interruzione non consensuale di gravidanza. La Corte ha riconosciuto le aggravanti della premeditazione, del vincolo affettivo che legava vittima e omicida e della crudeltà, ma non quella dei futili motivi, contestata dai pm.
Ma si tratta pur sempre di una giusta sentenza per un delitto sbagliato. È ciò che emerge dalle parole di Chiara Tramontano, sorella della vittima, che fuori dal tribunale ha dichiarato: «Nessuna donna ha vinto in quest’aula. Noi donne potremo vincere solo quando cammineremo per le strade sentendoci sicure o soddisfatte della nostra vita e di quello che possiamo raggiungere. Questo verdetto non ha stabilito una progressione per la figura femminile». Anche il ministro della Famiglia, Eugenia Roccella, nel commentare la notizia di questo ergastolo ha precisato che «si tratta di giustizia, nondi vendetta perché la lotta alla violenza si articola sulla protezione, la prevenzione ma anche la persecuzione di questi delitti che non vanno sottovalutati, perché non dare centralità al delitto vuol dire non dare centralità alla battaglia contro la violenza».
Contemporaneamente, presso la corte di Venezia, il pm Andrea Petroni, dopo aver ricostruito la cronologia dei fatti che hanno condotto, dopo 75 coltellate, alla morte di Giulia Cecchettin, ha concluso la requisitoria chiedendo che l’ex fidanzato, nonché suo assassino, sia condannato all’ergastolo. ««Ho avuto la spiacevole sensazione di essere preso in giro dall'imputato», ha dichiarato, spiegando poi: «In queste carte non ci sono riflessioni sul femminicidio e sulla Giornata contro la violenza sulle donne. In questa sede non le riteniamo opportune», ha affermato. Per lui «si parla di un’indagine condotta con la massima prudenza, con capi d’accusa che sono gli stessi da inizio indagine, perché non è cambiato nulla. Ci si è basati solo sui fatti, tutto si basa su quanto ricostruito». In particolare, Petroni ha tenuto a sottolineare come nei giorni antecedenti al delitto, ovvero tra il 7 e l’11 novembre 2023, Turetta abbia stilato la lista degli acquisti da fare per commettere il crimine, contestando l’ipotesi di un rapimento di Giulia e puntualizzando il costante aggiornamento della lista medesima, compreso il giorno dell’omicidio. La sentenza è attesa il 3 dicembre prossimo.







