Da oggi Ristretti orizzonti, il giornale dei carcerati più conosciuto, ha un temibile concorrente, Il Riformista diretto da Matteo Renzi. Infatti chi ha problemi con la giustizia si fionderà in edicola per leggere editoriali e articoli di un quotidiano diretto da un senatore imputato per finanziamento illecito e finanziato da un editore, Alfredo Romeo, condannato per corruzione. Ovviamente la linea sarà sempre la stessa: se ci sono delitti e pene è colpa dei magistrati e non certo dei presunti mariuoli. «Proveremo a innovare nella continuità» ha scandito il caro leader, rivendicando il proprio «sangue democristiano».
In un’improvvisata conferenza stampa Piero Sansonetti, direttore uscente del Riformista e futuro direttore dell’Unità, e Renzi hanno annunciato festosi la clamorosa novità. Il nuovo timoniere del quotidiano di via Pallacorda (che tanto si è battuto per difendere Matteo e l’ex 007 Marco Mancini nella vicenda Autogrill) ha spiegato che il suo giornale sarà soprattutto rivolto ai moderati di destra, di centro e di sinistra, che non sarà il quotidiano del Terzo polo, ma anche del Terzo polo, e ha ricordato che altri illustri parlamentari hanno diretto giornali. Ha citato Walter Veltroni (definito «condirettore» dell’Unità) e Sergio Mattarella. Ma ha dimenticato di dire che le loro erano direzioni politiche di quotidiani di partito (Veltroni in veste di praticante, Mattarella senza alcuna iscrizione all’albo dei giornalisti, neppure come pubblicista). Un lapsus (se tale si può definire) che ci fa capire il progetto che Renzi ha per Il Riformista: un destino da foglio di partito.
Dunque, nessun conflitto di interessi. Il nemico, ha giurato lui, saranno le fake-news e ha intontito i presenti con scioglilingua del tipo «ho una passione vera per il rapporto tra verità e viralità». A chi gli chiedeva se in futuro prenderà una posizione più netta sulla tragica vicenda di Jamal Khashoggi (giornalista fatto a pezzi - secondo la Cia - su ordine di Mohamed bin Salman, munifico finanziatore del nuovo direttore), Renzi, pur ammettendo qualche problema di libertà di stampa nel regime saudita, ha servito ai cronisti presenti una gigantesca supercazzola con cui ha ritirato fuori, rivendicandola, la frase sul «nuovo Rinascimento» arabo.
Il nostro ha glissato anche su quanto prenderà come direttore, visto che non avrebbe ancora chiuso l’accordo («quando firmerò lo renderò pubblico senza segreti» si è limitato a dire). Ha preso le distanze dalla guida di Sansonetti per quanto riguarda certi toni usati contro i magistrati («saremo più moderati» ha giurato, prendendo in giro i «titoli sobri» del predecessore) e sul posizionamento nella guerra russo-ucraina (porterà il giornale in un alveo più atlantista), ma ha anche assicurato che porterà avanti la linea turbo-garantista. «Il trait d’union tra i due giornali sarà il garantismo radicale» hanno trillato all’unisono i due direttori. Dunque si parlerà di inchieste giudiziarie sempre con lo stesso stile. Come risulta chiaro quando Renzi commenta l’unico procedimento in cui è coinvolto «al momento», quello sulla fondazione Open, che l’ex premier definisce sobriamente «scandaloso» e che «non arriverà mai a una sentenza di condanna come è ovvio». Ma promette anche che, avendone già lui ampiamente parlato, usando tutti gli strumenti a sua disposizione, «l’attenzione che Il Riformista darà al processo Open sarà abbastanza scarsa»; al contrario, evidenzia, «l’attenzione che daremo alle questioni giudiziarie sarà molto significativa». Ma se Sansonetti-Kusturica era un appassionato difensore dei rom (per RomeoIl Riformista doveva essere il giornale «dei rom e dei re»), Renzi difficilmente porterà avanti le battaglie dei gitani.
A proposito del capitolo querele, di cui Sansonetti è stato recordman (un’ottantina, «tutte di magistrati» ha specificato orgoglioso), l’ex segretario del Pd ha ammesso di essere molto preoccupato per quelle che riceverà, ma ha anche detto di non essere disposto a ritirare quelle distribuite con il ciclostile a destra e a manca. Non ha, invece, specificato se smetterà di presentarne di nuove.
L’ex sindaco di Firenze ha definito il suo editore «un galantuomo» e lo ha difeso dai vari filoni dell’inchiesta Consip in cui è coinvolto con queste parole: «Quello che è accaduto è uno scandalo non da parte dell’imprenditore, non da parte della politica, ma da parte di alcuni pezzi deviati delle istituzioni. Siccome io c’ero dentro e la so, lo voglio dire ancora prima che me lo chiediate: sono orgoglioso di lavorare con Alfredo Romeo a maggior ragione dopo quello che gli ho visto subire in questi anni». Sansonetti ha aggiunto il carico parlando di una vera persecuzione giudiziaria, fatta di 16 procedimenti tutti conclusi con l’assoluzione: ma non è così. Renzi e Sansonetti, per esempio, dimenticano di ricordare che Romeo è stato condannato in primo grado a novembre a due anni e mezzo di reclusione per corruzione dopo che un dipendente della Consip si è autoaccusato di essere stato corrotto dall’imprenditore con 100.000 euro in cambio di notizie e aiuti relativi ai bandi di gara in Consip. Il fu Rottamatore ha scordato anche di rammentare che il babbo Tiziano è imputato nel processo Consip per traffico di influenze.
L’ex premier ha fatto sapere di aver informato della sua promozione a direttore il primo ministro Giorgia Meloni -di cui continuerà a essere «un fiero avversario» - in anteprima («conoscendo la sua sensibilità nei confronti dei mezzi di informazione» ha buttato lì sibillino) e anche l’alleato Carlo Calenda che si sarebbe mostrato «entusiasta» per la notizia. Anche se poi ci ha tenuto a precisare che il giornale di Renzi non sarà l’organo ufficiale del Terzo polo e non ne rappresenterà la linea.
Ma lo statista-conferenziere-lobbista-giornalista fiorentino non ha fatto un plissé e ha assicurato che non mollerà la politica: «Non lascio, ma raddoppio. Continuerò a fare il parlamentare dell’opposizione, continuerò a intervenire in Aula, continuerò a fare quello che facevo prima. Ma ci metto anche un’operazione che per me serve al Paese». Il neo direttore ha spiegato che tra la destra sovranista e la sinistra radicale, criticatissime per il blocco dell’intelligenza artificiale, la gestione propagandistica dell’immigrazione e la politica dei sussidi, esiste una (quasi) maggioranza silenziosa che vuole rappresentare. Il suo Riformista «ambisce a essere il giornale dei moderati dell’attuale maggioranza, Fi, Udc, un centrodestra che fa fatica ad imporsi nelle dinamiche di governo, e dei moderati di un Pd che non si riconosce appieno nel Pd di Elly Schlein».
Come in una sorta di reunion dei bei tempi andati, cerimoniere della conferenza che si è svolta presso la sala della stampa estera è stato Massimo Micucci, lobbista e fondatore insieme con l’ex dalemiano Claudio Velardi dell’agenzia Reti, a cui si appoggiarono amici e famigliari di Renzi ai tempi in cui avevano bisogno di un ufficio per la loro attività di lobbying. A inizio conferenza Micucci ha letto un comunicato dell’editore in cui veniva sottolineato che anche se «l’editoria difficilmente è un affare vantaggioso», «il profitto non può essere l’unico interesse di un imprenditore». Ecco perché Romeo avrebbe deciso di acquistare L’Unità e di rilanciare Il Riformista, una sfida lanciata in nome di un’ideale di «libertà e giustizia sociale». Insomma ci troveremmo di fronte a un mecenate e non a un imputato, come sospettano i maligni, che ha deciso di proteggersi con uno scudo di carta dagli strali dei pm. Il vero obiettivo sarebbe quello di «dare a tutte le componenti ideali della sinistra e del centro-sinistra la possibilità di esprimersi». L’Unità si rivolgerà alla «sinistra storica e tradizionale», mentre Il Riformista «tornerà alla sua vocazione originale liberaldemocratica, garantista e pluralista». Per questo Romeo ha chiesto a Renzi («una personalità italiana di grande spessore») di farne il direttore e questi «ha generosamente accettato». I due quotidiani, nelle loro nuove versioni, usciranno a partire dal prossimo mese (Renzi ha anticipato che il primo numero a sua firma dovrebbe uscire il 3 maggio). L’ex premier alla fine della conferenza ha puntualizzato: «Non sarò il direttore responsabile perché non sono giornalista (“non ho il tesserino” ha chiarito, ndr). Sarò in carica come direttore editoriale per un anno dal 3 maggio al 30 aprile 2024. Poi vedremo cosa fare da grandi». La scelta di Renzi sarebbe arrivata dopo un lungo mese di trattative rimaste riservate e, a perorarla con Sansonetti, ha svelato il senatore, tra il serio e il faceto, sarebbe stato il parlamentare della sinistra dem Gianni Cuperlo.
Nel pomeriggio di ieri Romeo, Renzi e Sansonetti si sono rinchiusi nel quartier generale romano dell’imprenditore, sede che ospita Il Riformista e, a breve, anche L’Unità. Al summit era presente pure l’ex tesoriere del Pd e storico coinquilino del leader di Iv, l’avvocato Francesco Bonifazi, lì probabilmente per parlare di contratti e di nuovi redattori. Infatti il giornale di Matteo avrà una squadra tutta nuova di provata fede renziana. I vecchi giornalisti del Riformista dovrebbero traslocare quasi tutti all’Unità, a partire dalla vicedirettrice Angela Azzaro. Il vero problema sarà trovare il direttore-pentolaccia pronto a farsi carico delle querele. Sansonetti in passato si è vantato di vivere in affitto e di possedere solo una bicicletta, ma un giornalista meno francescano rischierebbe in proprio.
Nei mesi scorsi, a quanto risulta alla Verità, è stato fatto un approfondito casting che non ha portato risultati. Nella redazione del quotidiano raccontano che sarebbero stati contattati senza fortuna direttori o ex come Augusto Minzolini, Alessandro Barbano, Paolo Liguori e il già citato Velardi. Tra i nomi che circolano ora c’è quello del sessantottenne Erasmo D’Angelis, renziano della prima ora, già presidente di una partecipata a Firenze con Renzi sindaco, poi direttore dell’Unità nella breve parentesi in cui il senatore di Rignano e Bonifazi avevano provato a rilanciare il giornale. Era il 2015.
All’epoca ci fu l’assalto alla diligenza da parte dei fornitori. L’agenzia di un fotografo di Rignano sull’Arno fece causa per il mancato pagamento di dieci fatture del valore di oltre 150.000 euro presentate nel giro di pochi mesi, mentre un amico di babbo Tiziano, per le sue competenze nel settore della distribuzione dei quotidiani, strappò un contratto di consulenza da 120.000 euro annui. In un pizzino sequestrato a Romeo nel 2016 era appuntato il nome dei vecchi proprietari dell’Unità e c’era anche un’altra parola scritta a mano: «Bonifaz». Per gli inquirenti già ai tempi del regno del Giglio magico all’imprenditore napoletano era stato chiesto di rilevare il giornale per fare un favore all’allora Pd renziano. A proporre l’operazione era stato Carlo Russo, coimputato e amico di Tiziano Renzi. In un’intercettazione il mediatore afferma di «aver parlato nuovamente con Bonifazi della questione relativa all’acquisizione del quotidiano L’Unità e che questi era contento in quanto ritiene Romeo una persona stimata». Con noi l’ex tesoriere aveva ammesso di aver incontrato un paio di volte Russo per discutere della proposta di Romeo sebbene per poco tempo e con scarso entusiasmo. Ieri il cerchio sembra essersi chiuso brillantemente.