C’è una scena memorabile di Asso, commedia con Adriano Celentano in cui si racconta vita, morte, miracoli di uno scafato giocatore di poker: quando questi si ritrova al tavolo verde contro un avversario all’apparenza imbattibile, riesce a infinocchiarlo osservando i movimenti del suo padiglione auricolare. Se l’orecchio si muove troppo, significa che quell’uomo è nervoso, dunque che sta bluffando. Il calcio estivo è così. Occorre orecchio per captare voci e movimenti in vista della nuova stagione e nervi saldi per mitigare un nervosismo di fondo che si taglia a fette. A Napoli per esempio, da qualche giorno le acque sono particolarmente agitate. Si dice che il centrocampista rivelazione dell’Hellas Verona, ora tornato in terre partenopee dal prestito, Michael Folorunsho, ventiseienne di vigorose prospettive, abbia litigato a brutto muso con mister Antonio Conte in un recente allenamento. Conte avrebbe perso le staffe per una mancanza di rispetto del suo atleta, dando il via libera a una sua cessione: 12 milioni di euro il valore di Folorunsho, su di lui, sussurrano gli operatori di mercato, ci sarebbero Fiorentina e Lazio. Il Napoli ha poi un’altra gatta da pelare che non fa dormire ai tifosi sonni tranquilli: Victor Osimhen (il cui valore è di circa 100 milioni) deve essere ceduto per finanziare acquisti necessari a rimpinguare la rosa, soprattutto sul versante offensivo, con Romelu Lukaku ai blocchi di partenza per sostituire la punta nigeriana (il Chelsea, per il belga, chiedere almeno 35 milioni). Al momento, solo il Psg potrebbe accollarsi gli oneri dell’acquisto, i transalpini lo sanno e temporeggiano per abbassare il prezzo. «Mi sono messo a completa disposizione della società» spiega il tecnico «sapevo la situazione che avrei trovato e sul mercato ci sono dei paletti intorno al costo dei giocatori. Molti calciatori non vengono da noi perché non giochiamo le coppe. Io voglio il bene del Napoli e voglio cercare di rinforzare la rosa, ne abbiamo bisogno. Quello che accadrà non lo so, oggi è stato un bel bagno di realtà». Conte è gran maestro nel rendere coese e spumeggianti rose non di livello siderale, ma se vuol puntare allo scudetto, qualche innesto ancora manca. Alcuni tifosi poi, sostengono che il portiere Meret sia un buon atleta, ma non sempre capace di blindare la porta. A proposito di bagni di realtà: pure Cristiano Giuntoli e Thiago Motta della Juventus devono farci i conti. I due hanno stilato una sorta di lista di proscrizione in cui sono finiti i giocatori che non rientrano nel progetto agonistico del nuovo allenatore. Tra questi, un nome altisonante del calcio italiano come Federico Chiesa. L’attaccante esterno, pedina il cui inserimento era già problematico ai tempi di Max Allegri, nonostante guizzi di talento purissimo, l’anno prossimo cambierà casacca, ma la sua collocazione è matassa da sciogliere. L’Inter di Beppe Marotta potrebbe proporre uno scambio con Davide Frattesi. Poi ci sarebbe la Premier League. Le sirene arabe sarebbero state rifiutate. Lo stesso Napoli, se la trattativa per portare Osimhen in Francia andasse in porto, sarebbe disposto a farci un pensierino, proponendo Giacomo Raspadori come contropartita tecnica. La Juve nel frattempo è stata beffata sul tempo dal West Ham per assicurarsi i servigi del difensore del Nizza Jean-Claire Todibo. Francesi e sabaudi stavano limando le reciproche differenze di domanda e offerta, ma gli inglesi hanno messo sul piatto 40 milioni tondi e hanno dribblato la Signora. Juventus che, dal canto suo, sta suscitando nervosismo in casa bergamasca. L’impetuoso olandese Teun Koopmeiners aveva presentato il certificato medico per giustificare la sua assenza negli allenamenti e nelle partite di preparazione alla stagione. Sapendo di essere un obiettivo juventino, voleva la Juve e nient’altro. Patron Percassi ha abbozzato, pur ostentando rigore granitico, sapendo di poter monetizzare dalla trattativa. L’allenatore Gian Piero Gasperini, sulle prime convinto di tenere a Bergamo uno dei suoi uomini più rappresentativi, ha scelto la linea dura, salvo poi, quando ha capito che l’olandese è davvero sul punto di partire e non può essere trattenuto, dichiarate apertamente di volerlo cedere. Morale: Koopmeiners potrebbe vestire la casacca bianconera grazie a un accordo di circa 55 milioni più bonus. L’Atalanta peraltro era già in fibrillazione per l’infortunio occorso a Scamacca, rimpiazzato in pochi giorni da Mateo Retegui, arrivato dal Genoa. A Firenze intanto Rocco Commisso sta ripetendo la mossa che aveva fatto storcere il naso ai tifosi viola in passato. Anni fa, Federico Chiesa e Federico Bernardeschi, infine Vlahovic, erano stati ceduti proprio alla Juve, autentica nemica giurata degli ultras toscani. Ora, con Nico Gonzalez che a sua volta potrebbe accasarsi a Torino, si rivive lo stesso film. L’affare sarebbe calibrato sui 30 milioni di euro e inizialmente sarà previsto solo un esborso in contanti da parte dei bianconeri. Si starebbero valutando sempre alcune contropartite per abbassare la cifra ma, considerata l’esigenza di avere Nico il prima possibile, è probabile che di McKennie o Kostic in viola se ne riparlerà in separata sede. Nonostante una campagna abbonamenti dai risultati iniziali rinfrancanti, un po’ di nervi scoperti toccano pure la Lazio. Luis Alberto si è trasferito in Qatar, Felipe Anderson è tornato in Brasile, Ciro Immobile si è accasato in Turchia, sponda Besiktas. La squadra allenata da Baroni, di proprietà di Claudio Lotito è un cantiere aperto, dagli acquisti futuri sí saggerà la consistenza delle sue ambizioni. Anche l’Inter di Simone Inzaghi non gode di calma olimpica. Il recente match con l’Al Ittihad ha evidenziato una tifoseria poco incline a perdonare eventuali errori di Correa e Arnautovic. L’attaccante argentino vorrebbe restare a Milano a tutti i costi, è uomo scelto dall’allenatore, però, rispetto ai tempi della Lazio, pare che non abbia alzato il livello del suo calcio per stare al passo con i nerazzurri. Da comprendere se effettivamente sia lui, sia l’austriaco, diverranno pedine di scambio per altre trattative.
«Ai livelli dirigenziali alti nessuno ha un contratto nella mia azienda, eppure sono stati con me per sempre. C'è la fiducia che se tu ti prendi cura di me, io mi prendo cura di te. Che è lo stesso feeling che voglio stabilire nella nostra Fiorentina, e ho già fatto quel discorso: Take care of me and I'll take care of you»: così parlò Rocco Commisso in una fluviale intervista rilasciata alla Voce di New York il 25 luglio 2019. Rocco aveva appena acquistato la società viola, e si fece intervistare a bordo dello yacht che trasportava squadra e dirigenti ad ammirare da vicino la Statua delle Libertà. Nessuno ha un contratto con lui, e non lo avrà nemmeno Rino Gattuso: si è consumato ieri mattina, dopo giorni e notti di tensione, il divorzio tra l'ex allenatore del Napoli, arrivato in riva all'Arno da appena due settimane, e Commisso. Tra i due calabresi, si è inserito un portoghese troppo ingombrante, il re dei procuratori sportivi Jorge Mendes, che cura gli interessi di Gattuso, oltre ovviamente ai suoi. Non è andato giù, a Commisso, l'atteggiamento di Mendes (agente anche di Cristiano Ronaldo), che voleva piazzare a tutti i costi, attraverso le insistenze di Gattuso, alcuni giocatori della sua infinita scuderia in viola. Commisso si è ribellato alle commissioni, stellari, e alle pressioni, insostenibili, e addio Mendes, Gattuso, avvocati e compagnia contante (con la o di cash). Take care of me and i'll take care of you: quando Rocco ha sospettato che Rino si prendeva più cura degli affari di Mendes che della Fiorentina, ci ha messo un attimo per farlo fuori (calcisticamente parlando). Un perfetto «job of Bronx», una boccata d'aria fresca in un mondo, quello del calcio, che ormai è totalmente sottomesso ai Mendes, ai Mino Raiola e a tutti i mendesini e i raiolini che fanno il bello e il cattivo tempo fuori e dentro il rettangolo verde.
Per la successione a Gattuso non mancano i nomi: Claudio Ranieri, Walter Mazzarri, Rudy Garcia e Paulo Fonseca i più gettonati.
Il feeling tra Commisso e Gattuso è durato lo spazio di qualche mese: gennaio 2021, il Napoli di Ringhio arranca, Aurelio De Laurentiis fa capire all'allenatore che il suo tempo è scaduto. Tra i due è tempesta vera, tanto che Adl è costretto a proclamare un silenzio stampa solo e soltanto per impedire che Gattuso lo attacchi di continuo in tv. Commisso ascolta i suggerimenti della comunità calabrese di New York, alla quale è legatissimo: «Prendi Gennarino», gli ripetono, «è uno di noi». Rocco si lascia convincere, i contatti tra i due iniziano, durano, si concludono alla fine del campionato: Gattuso lascia il Napoli nei guai, escluso dalla Champions league e con uno spogliatoio a pezzi, e si imbarca sulla nave viola. Manco il tempo di mettere piede a Firenze, e Rino inizia a piantare grane su questioni di grana: vuole a tutti i costi alcuni giocatori gestiti dalla società di Mendes, la Gestifute.
Gattuso fa capire a Commisso di non poter assolutamente fare a meno (guarda caso) di due portoghesi: l'attaccante del Porto Sergio Oliveira (29 anni, ingaggio di 3,2 milioni l'anno) e l'esterno del Valencia Gonçalo Guedes (24 anni, ingaggio di 5,5 milioni l'anno). C'è Mendes anche dietro la trattativa per portare in viola l'esterno destro messicano, sempre del Porto, Jesus Corona, classe '93. Trattative intavolate con tavolo immediatamente saltato: Commisso, il suo braccio destro Joe Barone e il direttore sportivo Daniele Pradè non hanno alcuna intenzione di spendere 40 milioni di euro (20 ciascuno) per i due calciatori della scuderia Mendes, per non parlare dei 30 chiesti per Jesus Corona. In particolare la quotazione di Oliveira viene considerata sproporzionata per un giocatore di 29 anni: Commisso mette sul piatto un'offerta di 12 milioni più bonus, ma Mendes tiene duro e Gattuso gli fa sponda, lasciando trapelare che potrebbe andar via.
Il giochino al rialzo sortisce l'effetto esattamente opposto di quello sperato da Mendes: Rocco Commisso si innervosisce, le telefonate a Joe Barone, a Daniele Pradè e allo stesso Gattuso diventano incandescenti, sintetizzabili con un sonoro «accà nisciun è fess!», espressione napoletana che rende perfettamente l'idea dello stato d'animo del ragazzo di Gioiosa Jonica cresciuto nel Bronx e diventato miliardario. Trovandosi a fare piazza pulita, Commisso non ha intenzione di rinnovare neanche il contratto del club manager Giancarlo Antognoni, in scadenza il 30 giugno, che avrebbe rifiutato un ruolo nel settore giovanile: prevedibile la reazione dei tifosi, che si scateneranno nel caso di un addio dell'eterna bandiera viola (piovono già insulti contro Commisso sui social, anche se non manca chi sostiene la scelta del patron relativamente al caso-Gattuso). Il quale Gattuso ieri veniva segnalato in avvicinamento al Tottenham, prestigioso club londinese che non ha centrato la qualificazione in Champions, e al quale era stato accostato, nei giorni scorsi, Antonio Conte. Gli Spurs, lo scorso 19 aprile, hanno esonerato Josè Mourinho, il più famoso degli allenatori gestiti da Jorge Mendes, il quale aveva già tentato di piazzare sulla panchina un altro suo assistito, il portoghese Nuno Espirito Santo. Amen.
A sentir Dante, Firenze è una città ingrata, attenta ai «subiti guadagni», che hanno generato «orgoglio e dismisura» (Inferno, canto XVI). Certo Dante, costretto all'esilio dai fiorentini, aveva il dente avvelenato. Ma ci aveva visto lungo, già qualche secolo fa. Molto prima che imprenditori del secondo millennio, denunciassero una città con il braccino corto, buona solo a criticare, a far cassa («subiti guadagni») e mai a frugarsi in tasca. Se non, ovvio, per legittimi investimenti privati sul mattone e sugli alberghi. Una città che evidentemente preferisce respingere le offerte di imprenditori venuti da fuori, proprio perché vengono da fuori, salvo poi ripiegare sui soldi pubblici.
Il patron della Fiorentina, Rocco Commisso, a salvezza acquisita sul campo, e dopo aver speso quasi 300 milioni, qualche giorno fa ha convocato una conferenza stampa che è stata piuttosto un regolamento di conti. Ha usato toni ruvidi, eccessivi, e qualche insulto di troppo dedicato ai giornalisti. Ma, stanco delle critiche pesanti, è arrivato a sfidare i «fiorentini ricchi»: «Siete buoni solo a offendere, compratela voi, la Fiorentina». Commisso è un imprenditore di successo, nato in Calabria, che è riuscito a realizzare un impero, la Mediacom, azienda che fornisce la tv via cavo negli Stati Uniti. C'è tuttavia un precedente che getta un interrogativo sulla città: prima di lui, era arrivato alla stessa conclusione Diego Della Valle, per 17 anni proprietario della società viola, che qualificò come «rosiconi», quei personaggi che avevano l'abitudine di frequentare la tribuna autorità dello stadio Franchi, sparlando a destra e a manca, invocando la Champions, senza mai sforzarsi di mettere un po' di soldi nella squadra del cuore. Che per Firenze è un monumento, amato quanto il David. Di cui si può parlar male solo fra fiorentini: ad altri non è ammesso anche di fronte all'evidenza. Pena l'odio perpetuo.
La Fiorentina quest'anno ha deluso. Soprattutto in relazione ai soldi spesi per i giocatori, a quanto il nuovo patron aveva promesso e dunque a quanto i tifosi si aspettavano. Sono stati commessi errori che il tycoon italoamericano ha avuto difficoltà ad ammettere, dunque il dissenso popolare aveva delle giustificazioni. Ma la crisi ha confini più dilatati dell'ambito sportivo. Per esempio, Commisso da quando è a Firenze ha cercato anche di costruire un nuovo stadio a proprie spese: bastava trovare il terreno adatto. Lo sbarramento burocratico ed estetico ha impedito l'ampliamento del vecchio impianto e finora la costruzione di uno nuovo. Il Comune, complice i vincoli della soprintendenza, ha detto no ai milioni privati per il Franchi e utilizzerà quelli pubblici (95) del Recovery fund. Commisso, cioè la Fiorentina, realizzerà per lo meno un immenso centro sportivo nella vicina Bagno a Ripoli, zona di verde meraviglioso e di prestigiose residenze. E questo è già un risultato, benché sia ancora in sospeso un ricorso di Italia Nostra al Tar.
In tutta questa giostra di propositi, di soldi offerti, di progetti a metà, e soprattutto di critiche feroci, Firenze e i fiorentini si trovano di nuovo sul banco degli accusati. Tirati per i capelli con toni e modi bruschi dall'italoamericano. Gli stessi personaggi, anche dai nomi importanti, se ne sono rimasti come sempre in disparte a criticare, magari con la scusa della proverbiale ironia attraverso la quale è permesso dire di tutto. A volte troppo.
Un po' è vero che i fiorentini hanno un caratteraccio ed è complicato, se non impossibile, gestirlo senza offendersi. Andrebbero presi con le molle e invece in tanti la prendono così male da restarne sopraffatti e mandare tutti a quel paese. Su questo fronte è difficile mediare, come ben spiegava il Sommo Poeta, che i fiorentini li conosceva bene. E nel IX canto del Paradiso descriveva Firenze come una città maligna, prodotto di Lucifero, che «fu cagione di tanto pianto». Lui dava la colpa al «maledetto fiore», il fiorino che la rese ricca, «che ha sviato tutto il popolo cristiano e ha trasformato il pastore in un lupo».
C'è però un altro aspetto meno psicologico e più grave. È come se Commisso, e fino a due anni fa Diego Della Valle, fossero considerati corpi estranei a Firenze e quasi nuocessero al sistema che tiene in perenne stand by la città. Da loro si pretende che spendano per la Fiorentina senza fiatare. In cambio avranno il trionfale consenso, la mobilitazione, gli applausi, come è stato anche per Commisso, in modo fin troppo esagerato, quando è arrivato nel 2019. Per un imprenditore, oltretutto straniero, può non bastare. Solo i Cecchi Gori, che in fondo sono stati l'ultima famiglia fiorentina padrona dei viola, hanno acceso davvero la piazza e, sebbene Vittorio abbia rovinato sé stesso e la società (portata al fallimento nel 2002), è ancora rimpianto perché ha saputo tenere accesa la passione portando a Firenze campioni come Rui Costa e Batistuta. A lui fu concesso di colonizzare con il suo marchio la catena dei cinema cittadini e di acquisire una tv.
Questa perenne guerra con il mondo ha condannato Firenze all'autoreferenzialità e spesso all'immobilismo: incapace in 60 anni di potenziare l'aeroporto, di prendere decisioni sull'Alta velocità, e anche di costruire uno stadio. I guadagni, fino a ieri, sono stati assicurati dal turismo di massa, al quale la città si è piegata perché garantiva a tutti una certa rendita.
Oggi le fonti di ricchezza sono piuttosto scarse. Il turismo non c'è e chissà quando tornerà. I soldi di Commisso per un nuovo stadio potevano almeno servire a dare occupazione, ma la città li ha scansati. La Fiorentina è un mezzo per trasmettere entusiasmo e per dare ai fiorentini l'illusione di un riscatto che non trova in altri settori. Quando si risveglierà dal black out pandemico Firenze dovrà cambiare direzione e smettere di evocare la retorica del solito «nuovo Rinascimento», che non ci sarà mai. Anche basta con l'ancien régime. Ricominciare da dove eravamo rimasti sarebbe un suicidio. Dunque, l'attacco brutale del padrone della Fiorentina ai fiorentini è stato molto fastidioso, però ha posto una questione allarmante, più politica che sportiva. Se oltre alla reazione indignata che ha provocato, ce ne sarà una di testa, vorrà dire che lo choc non si è fermato al pallone. È questo sarà un bene.
- Il sindaco sa che abbattere il Giuseppe Meazza potrebbe risultare divisivo agli occhi della città. E allo stesso tempo incassa l'appoggio dei Verdi in vista delle elezioni comunali 2021.
- In Italia tempi sempre più dilatati per costruire l'impianto di proprietà. Non solo Milan, Inter e Roma, ma anche Fiorentina e Parma alle prese con le lungaggini burocratiche e gli intoppi politici. Rocco Commisso dovrà vedersela con Dario Nardella ed Eugenio Giani, Kyle Krause ha avviato i colloqui con Federico Pizzarotti. A Bologna i lavori per il restyling del Dall'Ara nel 2022.
Lo speciale contiene due articoli.
C'è un ostacolo grande come lo stadio di San Siro sulla strada che potrebbe confermare Giuseppe Sala come sindaco di Milano nella primavera del 2021. E' un argomento molto delicato quello del Meazza, dove giocano le due squadre cittadine Milan e Inter. E' noto da tempo come i due club di Serie A vogliano costruirsi uno stadio di proprietà, in modo da valorizzare il loro brand. Viene fatto in tutta Europa e nel mondo. In Italia solo la Juventus al momento ci è riuscita. Negli ultimi anni Milan e Inter hanno iniziato un rapporto di collaborazione con palazzo Marino per capire come muoversi.
Sul tavolo ci sono stati diversi progetti, dall'abbattimento di San Siro fino a una sua ristrutturazione. Poi si è parlato della costruzione di nuovi stadi in altri spazi pubblici della città. Alla fine del 2020 non è ancora chiaro quale sia il futuro se non che i proprietari di Milan e Inter vogliono trovare al più presto una soluzione. I tempi previsti per abbattimento, costruzione del nuovo impianto e delle nuove strutture residenziali e commerciali impiegherà almeno 7 anni, quindi non è detto che sarà pronto per le Olimpiadi Invernali del 2026.
Sala ha capito che è meglio rinviare tutto a dopo le elezioni, anche per non passare come il sindaco che ha abbattuto lo stadio di San Siro. Si è mosso con una certa accortezza negli ultimi tempi sulla vicenda. E per prendere tempo, un paio di settimane fa, ha chiesto alle due squadre chiarezza sui loro azionisti. Nella lettera - ha fatto sapere palazzo Marino in una nota - l'amministrazione ha chiesto «alcuni chiarimenti e ulteriori approfondimenti». Si parte - mettono nero su bianco dal comune - «dalla necessità, come previsto dal Dpr 231/07, di poter accedere alla documentazione che attesti il possesso dei requisiti di partecipazione dei soggetti proponenti e l'effettiva titolarità delle azioni delle società proponenti». In pratica la giunta vuole sapere chi siano i proprietari delle squadre, un «tema su cui da tempo la direzione Appalti del Comune ha chiesto approfondimenti alle società e che, più di recente, è stato sollecitato anche dal Consiglio Comunale».
Non solo. Tra i punti inseriti nella lettera, «anche la richiesta di opportuni chiarimenti rispetto alla quantità e alla qualità degli spazi che rimarranno ad uso pubblico, verde, aree pedonali, piazze, servizi. Vengono inoltre sollecitate precisazioni sulle funzioni di intrattenimento da convenzionare con il Comune di Milano e sono richieste integrazioni in merito alle valutazioni che supportano il piano economico finanziario». E' una partita di ampio respiro quella sullo stadio. Sala si gioca anche le alleanze. Non a caso dopo la mossa sullo stadio, i Verdi, partito in ascesa dopo la comparsa di Greta Thurnberg, hanno deciso di appoggiarlo. E in più la città è divisa sul nuovo stadio. Per il 57% dei milanesi, secondo un sondaggio Swg, un nuovo San Siro sarebbe inutile. La domanda sul progetto del nuovo stadio di Milan e Inter era: «Quanto ritiene sia utile un nuovo stadio, moderno e polifunzionale, in linea con gli stadi dei principali club europei?». Il 51% degli intervistati ha risposto «inutile». Una posizione chiara e resa ancor più netta (sale al 57%) se si aggiunge chi ha risposto «dannoso». I contrari sono nettamente superiori ai favorevoli che si fermano al 35%..
Gli stadi di proprietà in Serie A

Il presidente della Fiorentina, Rocco Commisso (Ansa)
Per un club, costruire uno stadio di proprietà in Italia è molto molto complicato. Lo sanno bene Milan e Inter a Milano, così come lo sanno bene Roma nella capitale e Fiorentina a Firenze. Lo sanno bene anche i vertici del calcio e dello sport italiano, Coni, Figc e Lega calcio, che non più di 10 giorni fa hanno scritto e inviato una lettera al governo intestata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al ministro dello Sport Vincenzo Spadafora e al ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini evidenziando il difficile momento che sta vivendo il calcio italiano e lo stato di arretratezza delle infrastrutture sportive del nostro Paese rispetto al contesto europeo. Nella lettera, poi, si fa riferimento alla differenza che esiste tra Italia e resto d'Europa a livello di tempi e burocrazia: «Le case per i nostri tifosi non sono più accoglienti, necessitano di un rinnovamento profondo non più procrastinabile e richiesto a gran voce da molte Società, fermate da una burocrazia che impedisce loro di investire e rinnovare, anche a beneficio dell'intero sistema sportivo italiano. I tempi medi per ottenere l'autorizzazione ad erigere un nuovo impianto in Italia variano tra gli 8-10 anni, dato sensibilmente superiore rispetto al benchmark europeo che si attesta a 2-3 anni».
Avere un proprio impianto nel calcio di oggi è più che mai cruciale se si vuole avere una certa stabilità finanziaria, e non è un caso, infatti, se quattro imprenditori entrati nel nostro calcio di recente hanno messo al primo posto della loro mission l'obiettivo di realizzare lo stadio di proprietà. Stiamo parlando di Rocco Commisso, presidente della Fiorentina, Dan Friedkin, numero uno della Roma, Kyle Krause, neo proprietario del Parma e Joe Saputo, chairman del Bologna. In comune non hanno solo le origini nordamericane e la gestione di un club della nostra Serie A, ma anche il fermo desiderio e intento di portare a termine una missione: regalare ai tifosi uno stadio nuovo, moderno e di proprietà. Significa maggiori ricavi, migliore gestione del club, migliori risultati sportivi.
E non è nemmeno un caso se tra i quattro, quello a essere più avanti con i lavori è proprio il canadese Saputo, alla guida del Bologna dal 2014, e quindi il più "longevo" se così si può dire, dei quattro, visto che i suoi colleghi si sono insediati in Italia quest'anno, per quanto riguarda Friedkin e Krause, e l'anno scorso, per quanto riguarda Commisso. Non solo. Quello che sta portando avanti Saputo a Bologna è un progetto di riammodernamento dello stadio Renato Dall'Ara: un'operazione da 100 milioni di euro che porterà a un totale restyling dell'impianto che avrà una capienza di 30.000 spettatori e vedrà, rispetto a quello attuale, l'avvicinamento delle tribune al campo e la completa copertura degli spalti. Lo stadio nuovo non sarà funzionale solamente il giorno della partita, ma tutta la settimana con attività sportive, visto che alle piscine già esistenti saranno affiancate palestre e spazi per l'attività sportiva all'aperto nell'area dell'antistadio, ma anche con spazi di ristorazione e la possibilità di organizzare e ospitare eventi. «Siamo in linea con i lavori previsti. In questa fase dobbiamo trovare il luogo giusto in cui far giocare la squadra quando lo stadio sarà chiuso per i lavori. Una volta definito questo, i lavori di ristrutturazione del Dall'Ara credo potranno cominciare nel 2022. Voglio dire un grande grazie al Comune di Bologna per il supporto al progetto» ha commentato pochi giorni fa il numero uno dei felsinei.
Ben più complicata e aggrovigliata è, invece, la matassa legata allo stadio della Fiorentina. Da un lato Commisso insiste per acquistare un terreno e costruire l'impianto. Dall'altro il governatore pd della Regione Toscana, Eugenio Giani, spinge per concedere al massimo un restyling dell'Artemio Franchi. Il presidente viola, però, deve dialogare con un altro dem, il sindaco di Firenze, Dario Nardella, il quale ha ribadito a più riprese la volontà di ristrutturare il Franchi.
A Parma, invece, Krause va di fretta. Insediatosi alla presidenza del club gialloblù lo scorso settembre, è già al lavoro per discutere con il Comune circa le possibilità di costruire un nuovo stadio. A metà dicembre c'è stata un incontro in municipio con il sindaco Federico Pizzarotti, il vicesindaco con delega allo Sport Marco Bosi e l'assessore ai Lavori pubblici Michele Alinovi. Come primo step si è parlato di una eventuale ristrutturazione del Tardini e dello sviluppo dell'area adiacente. Il primo progetto presentato da Krause è stato subito ritirato dallo stesso presidente del Parma, il quale ha detto di volersi impegnare per prepararne uno nuovo da consegnare entro la prossima estate.






