Il problema, con Roberto Burioni, non riguarda tanto la sua proverbiale arroganza da castigatore di somari. E non riguarda nemmeno gli insulti, le offese e le colate di spocchia che ha riversato sull’universo mondo da quando qualcuno ha pensato (male) di elevarlo a maestro del pensiero. In fondo, non c’entra nemmeno il fatto che egli si sia contraddetto infinite volte o abbia snocciolato un rosario di castronerie degne di un esercito di mistificatori. No, il problema è ed è sempre stato il metodo che egli applica e che svilisce il dibattito pubblico, la scienza e a tratti pure la televisione di Stato.
Il metodo Burioni consiste nella sistematica e insistente cancellazione dell’altro, nella soppressione della critica, nella assertività che diventa violenza. Egli rimuove sistematicamente il dubbio, procede tetragono e apodittico. Quando viene smentito e rimedia figuracce (e non accade di rado) fa finta di nulla e tace, e se qualcuno gli fa salire la mosca al naso ne invoca la rimozione dalla crosta terrestre.
Un paio di esempi radiosi di tale attitudine ce li ha forniti negli ultimi giorni, replicando ad alcune sensatissime contestazioni che gli abbiamo rivolto in seguito ad alcune sue affermazioni vagamente discutibili, per non dire totalmente false, sul fatto che non esistano vittime da vaccino. Frasi con cui Roberto l’Oracolo ha, tra le altre cose, offeso tutti i danneggiati che ancora aspettano aiuto e supporto.
Poiché abbiamo fatto notare le storture contenute nelle sue parole, egli ci ha ritenuti colpevoli di lesa maestà e se n’è uscito sui social con alcuni commenti incendiari. «Il giornale che dal primo giorno della pandemia intossica nella totale impunità l’opinione pubblica con pericolose bugie sui vaccini mi attacca con un titolone in prima pagina e la solita camionata di menzogne», ha scritto. «Purtroppo oggi non mi è possibile rispondergli come meriterebbero. In ogni caso, visto che insistono con i morti provocati dai vaccini, che si leggano questo come compito per casa (ce ne sono molti altri e ne riparleremo, e riparleremo anche dei danni che questo abuso scellerato e impunito della libertà di opinione provoca alla salute della nostra comunità)».
Allo sproloquio di cui sopra era allegato uno studio che non gli dava affatto ragione, ma serviva a spalmare una patina di scientificità sul suo discorso. In ogni caso, ripetiamo, qui non ci interessa il merito, ma appunto il metodo.
E il metodo prevede d’ufficio la richiesta di censura: se qualcuno discute con Burioni, egli delira di «abuso scellerato e impunito della libertà di opinione», pretende la mordacchia, reclama sanzioni e censure.
Non è un caso: è una abitudine. Sempre rivolgendosi a noi in un precedente post, Burioni ha preteso che fossimo duramente puniti per la nostra eresia (cioè per averlo sbugiardato): «Un giornale che si è distinto nel diffondere - dal primo giorno della pandemia - pericolosa disinformazione sul Covid e per instillare sistematicamente nelle persone la sfiducia nella scienza, discreditando personalmente ogni singolo scienziato, anche oggi mi accusa di raccontare bugie», ha scritto. «Io ho detto che nessuno è morto per i vaccini anti-Covid, questi mi rinfacciano la ragazza morta dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca. È ovvio (e su Twitter non c’è posto per precisarlo) che quando parlo di vaccini contro il Covid mi riferisco esclusivamente ai vaccini attualmente in uso, ovvero quelli a mRna».
Fantastico, prima ammette di aver detto una cretinata o comunque di essere stato impreciso (cosa che uno scienziato dovrebbe evitare di fare). Poi ha rincarato la dose: «In Italia esiste la libertà di parola e se si scrive che da ubriachi si guida meglio per fortuna non si viene arrestati all’alba.
Però io ritengo che questo sia un abuso di una importante libertà e voglio ricordare che chi propaga la bugia che ubriachi si guida meglio, che il fumo fa bene o che i vaccini sono pericolosi e non proteggono, potrà vendere più copie e dare nutrimento agli stupidi odiatori. Ma diffondendo queste menzogne causerà dei morti che avrà sulla coscienza».
Ecco come funziona. Sua maestà lo scienziato è autorizzato a spargere odio contro i non vaccinati, a offendere le donne via social, a sparare bufale in prima serata su Rai Tre o a sputare su chi sta male.
Lo può fare senza conseguenze e in assoluta serenità. Ma al contempo ritiene che chi gli risponde (e che abbia ragione o torto è dopo tutto secondario) debba essere ridotto al silenzio da un intervento censorio possibilmente istituzionale.
Il problema è che questo suo modo di intendere la scienza e la democrazia negli ultimi anni è divenuto prassi, fa proseliti, attrae schiere di esaltati digitali. Il problema, dunque, non è solo Burioni in sé, ma soprattutto quel pizzico purtroppo esistente di Burioni in noi. Che bisognerebbe provvedere a espellere prima che causi altri effetti avversi.