Il ministro degli Esteri: «Stiamo lavorando per riportare a casa lui e gli altri detenuti politici. L’altro giorno il nostro ambasciatore ha avuto la possibilità di incontrare Alberto Trentini e un altro italiano detenuto in Venezuela, e ha parlato con loro. Trentini è sì detenuto, ma è stato trovato in condizioni migliori rispetto all’ultima volta in cui era stato visto». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, parlando dell’attivista trattenuto in Venezuela, a margine dell’assemblea di Noi Moderati in corso a Roma. «La famiglia è stata informata – ha aggiunto – e questo dimostra che stiamo seguendo la vicenda con la massima attenzione. Il ministero degli Esteri, come tutto il governo, se ne occupa con grande scrupolo. Stiamo lavorando per riportarlo a casa. Non è un’impresa facile: basta guardare la situazione internazionale».
Il ministero degli Esteri «dal primo gennaio sarà anche un ministero economico». È la riforma della Farnesina spiegata dal titolare del dicastero, Antonio Tajani, ieri a Torino nel corso degli Stati Generali di Forza Italia sul commercio internazionale. «Le nostre ambasciate – ha sottolineato il vicepremier prima di partecipare ai lavori – si dovranno trasformare sempre più in piattaforme per favorire le nostre esportazioni e le nostre imprese. Ho deciso di fare una rivoluzione al ministero degli Esteri. Dal primo gennaio cambierà tutto. Per la prima volta nella storia d’Italia il ministero degli Esteri avrà una testa politica ma anche una testa economica».
«Il ministero – ha spiegato Tajani – diventerà un punto di riferimento per tutti gli imprenditori italiani che lavorano al di là dei confini nazionali. Ho dato disposizione a tutte le ambasciate italiane nel mondo di applicare questo concetto».
«Mi sembra che stiano emergendo scandali legati alla corruzione, che coinvolgono il governo ucraino, quindi non vorrei che con i soldi dei lavoratori e dei pensionati italiani si andasse ad alimentare ulteriore corruzione»: il leader della Lega, Matteo Salvini, pronuncia queste parole a Napoli a margine di un sopralluogo al porto, a proposito dell’acquisto di ulteriori armamenti dagli Usa da inviare in Ucraina. «La via di soluzione», aggiunge Salvini, «è quella indicata dal Santo Padre e da Trump, ovvero dialogo, mettere intorno a un tavolo Zelensky e Putin e far tacere le armi. Non penso che l’invio di altre armi risolverà il problema e mi sembra che quello che sta accadendo nelle ultime ore, con l’avanzata delle truppe russe, ci dica che è interesse di tutti, in primis dell’Ucraina, fermare la guerra. Pensare che mandare armi significa che l’Ucraina possa riconquistare i terreni perduti è ingenuo quantomeno».
La Lega prende quindi una posizione netta: «Tutti noi auspichiamo la fine della guerra il prima possibile», sottolinea la senatrice Stefania Pucciarelli, capogruppo in commissione Difesa, «ma l’invio di armi non sembra andare in questa direzione. Condivido il senso di responsabilità di Matteo Salvini: prima di offrire altri aiuti, finanziati con i soldi dei lavoratori e dei pensionati italiani, è doveroso fare assoluta chiarezza sugli scandali di corruzione». Parole che esprimono concetti ispirati al più sano buon senso: le notizie che provengono dall’Ucraina, con fiumi di denaro finiti nelle tasche di funzionari corrotti, dovrebbero imporre quanto meno una riflessione.
Sono circa 187 i miliardi che la Ue, e quindi pure l’Italia, ha destinato all’Ucraina dall’inizio della guerra. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, liquida la questione con nonchalance: «Capisco le preoccupazioni di Matteo Salvini», sottolinea Crosetto, «ma io non giudico un Paese per due corrotti, così come gli americani e gli inglesi, che sono sbarcati in Sicilia, non hanno giudicato l’Italia per la presenza della mafia, ma sono venuti ad aiutare gli altri italiani, quelli onesti. È la stessa cosa che facciamo noi in Ucraina, cerchiamo di aiutare quei poveri civili che subiscono il 93% di attacchi da parte dei russi. E ci auguriamo che tutti i delinquenti ucraini vengano messi in galera assieme ai russi, possibilmente». Crosetto esterna al termine della riunione a Berlino dei ministri della Difesa in formato E5, con i colleghi di Francia, Germania, Polonia e Regno Unito: «Ho parlato degli aiuti che l’Italia continuerà a dare a Kiev», argomenta il ministro della Difesa, «degli oltre 100 milioni di aiuti civili, perché consegneremo nel prossimo mese dei gruppi elettrogeni necessari a Kiev per sopravvivere al durissimo inverno che si prepara, e del dodicesimo pacchetto di aiuti militari che ho firmato e illustrerò al Copasir perché poi sarà consegnato a Kiev. Continua il nostro impegno per Kiev e continuerà sempre e mi sembrerebbe assurdo non continuare a farlo, anzi, non aumentare con tutte le possibilità che abbiamo, l’aiuto a una nazione che non fa altro che difendersi da un attacco assurdo».
«In materia di lotta alla corruzione», azzarda il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, «l’Italia è in grado di esportare un buon saper fare. L’ho proposto anche dopo le vicende che hanno coinvolto l’Ucraina al ministro degli Esteri di Kiev, dicendo che noi siamo in grado di contribuire a un miglioramento della situazione in quel paese attraverso la nostra esperienza. È già pronto un nuovo pacchetto di aiuti di materiale militare che firmeremo nelle prossime ore».
Contrari a ulteriori invii di armi i pentastellati: «Solo gli oltranzisti bellicisti come Meloni e i suoi amici leader europei», dichiarano i capigruppo M5s delle Commissioni Esteri di Camera e Senato, Francesco Silvestri e Bruno Marton, «incapaci di riconoscere il loro drammatico fallimento, continuano a pensare che la soluzione sia ancora quella inviare armi, facendo il gioco di Putin sulla pelle degli ucraini. Prima che sia troppo tardi, l’Europa si svegli e invece di mandare armi a Kiev mandi un inviato speciale a Mosca con in tasca un piano di pace europeo con proposte pragmatiche e realistiche in grado di convincere Putin che gli conviene più fermare la guerra che continuarla. Nessuna resa dell’Ucraina, ma compromessi necessari per salvarla da una sorte ancor peggiore di quella a cui l’ha condannata la follia bellicista occidentale al pari di quella russa».
A Bruxelles sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) suonare un campanello d’allarme: «La Commissione europea», dice un funzionario europeo citato da Politico.eu, «dovrà riconsiderare la futura assegnazione dei fondi» a Kiev per il settore energetico a seguito dello scandalo di corruzione in Ucraina. E d’ora in avanti, l’Ucraina dovrà prestare maggiore attenzione e garantire trasparenza su come utilizza i fondi». «La lotta alla corruzione», dichiara ai cronisti Paula Pinho, una portavoce della Commissione europea, «è un elemento centrale per l’adesione all’Unione europea. L’Ue mantiene una politica di tolleranza zero nei confronti della corruzione e l’Ucraina, in quanto Paese candidato, deve rispettare questo principio. Abbiamo visto che il presidente Zelensky ha già preso provvedimenti, in particolare per quanto riguarda i due ministri e un imprenditore. Questo dimostra che sta prendendo la questione seriamente e ovviamente monitoriamo attentamente la situazione».
- Il premier: «Su 44 miliardi di profitti, gli istituti ne verseranno cinque». E annuncia un piano per «alloggi a prezzi calmierati per giovani coppie». Due punti su cui c’è sintonia col Carroccio, che però insiste: «Servono più soldi». Tajani: «Non dal credito».
- Infermieri, firmato l’accordo grazie alla Cisl: 172 euro al mese in più per il personale sanitario.
Lo speciale contiene due articoli.
La manovra di bilancio entra nel vivo e con lei si spostano gli equilibri interni alla maggioranza. A creare maggior dibattito il contributo delle banche. Per il premier Giorgia Meloni: «Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione circa 5 per aiutare le fasce più deboli della società, credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti possano esserlo anche loro». Alle banche il governo chiede «un contributo sulla rendita accumulata per condizioni di mercato che la politica del governo ha fortemente contribuito a creare». E ancora puntualizza: «per mantenere i conti in ordine, occorrono delle risorse e le abbiamo chieste a chi, grazie a questa politica, ha avuto dei grandi benefici: se cresce lo spread, se sale il rating dell’Italia, se le banche hanno potuto approfittare dei 200 miliardi messi a disposizione dal governo Conte per rinegoziare con la garanzia dello Stato prestiti che avevano già erogato, o dei crediti del Superbonus, sempre grazie a Giuseppe Conte, è giusto che quelle stesse banche ci diano una mano a continuare in una politica così profittevole».
Una posizione netta la sua, che non lascia spazio a trattative e che si avvicina molto a quella del suo vicepremier Matteo Salvini, meno a quella dell’altro vice, Antonio Tajani.
Ad avvicinare Lega e Fratelli d’Italia c’è il Piano casa. «Stiamo lavorando alla definizione di un grande Piano casa per mettere a disposizione delle giovani coppie alloggi a prezzi calmierati» ha detto Meloni. «Perché senza una casa è difficile costruire una famiglia, e senza famiglie non può esserci una nazione prospera e vitale». Per Salvini il tema banche e quello del Piano casa, dialogano tra di loro. «Non c’è nessun accanimento sulle banche, io sono un liberale e un iperliberista. Negli ultimi 3 anni le banche italiane hanno fatto 112 miliardi di utili, una parte di questi coperti da garanzie dello Stato. Quindi penso, e chiederò, che sul Piano casa che è scoperto nel 2026, una parte di fondi arrivi con gioia ed entusiasmo da parte di un sistema che sta facendo margini notevolissimi e che può contribuire». Il Piano casa, annunciato dallo stessa premier al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, è un progetto ambizioso e strategico, ma ha il grande difetto che per il momento ha potuto stanziare davvero poco. «Lo abbiamo potenziato economicamente stanziando 670 milioni di euro» ha spiegato il premier, ma per fare la differenza ci vogliono molti più soldi, ed è qui che Salvini ritiene di far intervenire le banche. «Abbiamo 660 milioni di euro per i primi progetti pilota. Il problema è che questi denari sono dal ‘27 in poi, io ho bisogno di usarli anche nel ‘26 per la progettazione. Mi piacerebbe avere un progetto pilota per ciascuna delle 20 Regioni» ha spiegato il vicepremier. Tuttavia «ovviamente senza soldi non si fa nulla e ho bisogno che in conversione di legge di bilancio le risorse stanziate per il 2027 vengano anticipate per la pianificazione nel 2026. Si vota nel 2027, non posso perdere un anno prezioso».
Tajani invece sul tema resta rigido: «L’accordo sulle banche è chiuso, non si cambia perché c’è un accordo generale di tutti. Gli emendamenti che presenteremo riguardano gli affitti brevi, l’articolo 18 e forze dell’ordine e forze armate». Il tema della casa è certamente e storicamente caro agli azzurri di Forza Italia, per questo sarà difficile contestare un contributo destinato direttamente per costruire nuovi alloggi. Ancora più duro il capogruppo di Fi alla Camera Paolo Barelli: «L’accordo sulle banche è stato fatto da Tajani al Mef insieme a Maurizio Leo e Giancarlo Giorgetti, quando il 4% di indeducibilità, per cui è deducibile solo il 96%, è passato da strutturale a scalare in 3 anni. Quello è l’accordo, quello si fa. Cosa significa? Significa che se la Lega che continua a sparare a destra e a manca, vuol dire che hanno il 50% dei voti in Parlamento e riescono a far quello che vogliono, ma non è così; quindi, credo sia una boutade». Poi aggiunge: «Io sono d’accordo con Marco Osnato (Fdi, ndr), che da quello che mi risulta parla con la Meloni, e dice la stessa cosa. L’accordo c’è, è stato digerito dalle banche anche con l’apporto di Fi. Adesso c’è il problema dell’articolo 18, i dividendi. Su questo ancora non si è parlato ed è un’ulteriore tassa a una tassa che c’è. Su questo anche Leo è consapevole che va rivisto».
Il ministro dell’Economia Giorgetti, intanto, intervistato a Quarta Repubblica, su Rete 4, coglie l’occasione per chiarire alcune questioni. Per quanto riguarda gli affitti brevi «l’aumento dell’aliquota non è che sia entrata per distrazione. Io non sono mai distratto. Perché quando curo i soldi di tutti, ho il dovere di essere sempre concentrato. Giustamente anche Salvini, come tutti, non è che condivide tutti gli articoli della legge di bilancio. Come ho detto, il Parlamento c’è per migliorare perché io, come ministro dell’Economia, non ho la presunzione di fare tutte le cose giuste», ma pone la questione: «Bisogna capire se premiare le locazioni per abitazione oppure le locazioni per i turisti stranieri». «Non c’è nessun intento di punire i proprietari» sottolinea, ma evita una questione: se non ci fosse un tema di coperture si sarebbero potute incentivare le locazioni residenziali. Infine, rivendica: «La classe media per la prima volta ha delle riduzioni di imposte che siamo riusciti a fare grazie al lavoro impostato con grande serietà in questi tre anni».
Arriva l’aumento per gli infermieri nonostante l’opposizione di Cgil e Uil
Da una parte scende in piazza per protestare contro il mancato aumento dei salari, dall’altro, quando si tratta di firmare contratti che andrebbero a rimpinguare le buste paga, si tira indietro. Difficile capire cosa muove la Cgil di Maurizio Landini a cui spesso si accoda anche la Uil.
L’ultimo caso è quello del rinnovo del contratto della Sanità. L’accordo per il 2022-2024 raggiunto ieri, vede la firma di Fials, Cisl, Nursind e Nursing Up, mentre Cgil e Uil hanno ribadito il loro no, come nella pre intesa siglata a giugno. Il contratto riguarda 581.000 professionisti, tra infermieri, ostetriche e amministrativi che riceveranno aumenti medi mensili di 172,37 euro per 13 mensilità, cioè il 6,8% in più delle retribuzioni attuali. Gli arretrati medi saranno di 1.200 euro. Si prevedono risorse complessive pari a 1,784 miliardi di euro.
Sono incluse le indennità: 175 milioni di euro per quella di pronto soccorso; 35 milioni per l’indennità di specificità infermieristica e 15 milioni per l’indennità di tutela del malato.
Il contratto prevede rilevanti innovazioni per migliorare le condizioni di lavoro e a valorizzare le competenze professionali. Esattamente quello che i sindacati e anche la Cgil e la Uil vanno chiedendo da tempo. Quante volte Cgil e Uil hanno lamentato la difficile situazione del personale della sanità, sottopagato. Ora a fronte di soldi e cambiamenti organizzativi si mettono di traverso.
Il contratto amplia la platea dei possibili dipendenti che possono partecipare all’accesso all’area di elevata qualificazione: oltre a chi ha la laurea magistrale accompagnata da un incarico di funzione di almeno 3 anni, si apre al personale con laurea triennale accompagnata da un periodo di incarico di funzione di almeno 7 anni.
Altra novità è l’arrivo, con adesione volontaria, della settimana di 36 ore su quattro giorni.
Per migliorare le condizioni di lavoro, è previsto il buono pasto in lavoro agile e la priorità di accesso a questo istituto contrattuale per chi è in situazioni di disabilità o per assistenza a famigliari disabili. C’è anche la possibilità di coniugare lo straordinario in presenza di incarico fino al valore di 5.000 euro. Inoltre è stato introdotto il nuovo profilo di assistente infermiere, una figura intermedia fra i profili dell’area dei professionisti della salute e dei funzionari e dell’area degli operatori, e sono state estese alcune tutele su permessi, assenze e congedi.
Un altro tema è quello delle aggressioni del personale per le quali è previsto il patrocinio legale da parte dell’azienda e la possibilità di un supporto psicologico.
Questo accordo è significativo anche perché sblocca l’iter della prossima tornata contrattuale 2025-2027, che prevede altri 150-170 euro in più in busta paga.
Il sindacato degli infermieri Nursind, sottolinea le «novità normative e sul piano dei diritti, al netto delle purtroppo poche risorse stanziate» e per la Cisl Fp «è un traguardo atteso da oltre 600.000 lavoratori che ora possono contare su nuove certezze economiche e normative».
La Funzione Pubblica Cgil, invece, parla di un contratto che «impoverisce e fa perdere potere d’acquisto» perché «mentre il costo della vita, è balzato al +16%, i salari aumentano appena del 5,7%».
Il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha messo in evidenza «gli importanti incrementi delle indennità specifiche, tra cui quella del pronto soccorso, che può arrivare anche a 500 euro. Importanti anche gli arretrati visto che il contratto viene firmato nel 2025».
- Il ministro dell’Economia rivendica la norma che aumenta al 26% l’aliquota, mentre per il leader della Lega è una «tassa sciocca, da eliminare». E Tajani: «Decide la politica, non i grand commis del Mef». Nuovo fronte sui fondi alle metro di Roma e Milano.
- Rincari sul diesel, le associazioni di categoria invitano a investire i proventi per rinnovare il settore.
Lo speciale contiene due articoli.
La manovra agita la maggioranza. L’aumento della tassa per gli affitti brevi e il contributo chiesto alle banche hanno scatenato un dibattito serrato tra Forza Italia e la Lega. Una situazione paradossale con il vicepremier, Antonio Tajani, che appena resa nota la norma sulle case, è trasecolato dicendo di non esserne stato informato. Si tratta peraltro di una misura che dovrebbe portare un gettito di appena 100 milioni, ma a quanto pare, vista la ferma posizione del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ne ha rivendicato la paternità, contiene qualcosa in più della ricerca di far cassa. Una impuntatura che ha portato il titolare del Tesoro a scontrarsi anche con il suo stesso partito a cominciare dal vicepremier Matteo Salvini, oltre ad aprire un fronte polemico con Forza Italia. I toni sono già molto accesi e propria la ferma posizione di Giorgetti lascia intendere che non sarà facile smontare la norma durante il passaggio parlamentare. Per il ministro la revisione finale degli appartamenti turistici è un freno ai rincari del mercato delle locazioni nelle città.
Ricapitoliamo ad uso dei più distratti, di cosa stiamo parlando. Nella legge di Bilancio, bollinata dalla Ragioneria generale dello Stato, quindi il testo ufficiale che ora deve passare all’esame del Parlamento, il ministero dell’Economia ha inserito una norma che aumenta la cosiddetta cedolare secca sulle abitazioni locate ad uso turistico per un periodo inferiore a 30 giorni (e solo per la prima) dal 21 al 26% se il proprietario si serve di un intermediario o delle piattaforme online tipo Airbnb o Booking. L’aliquota rimane al 21% solo se non c’è il meccanismo dell’intermediazione e il proprietario si muove per conto proprio. Una situazione che come ha riconosciuto la stessa Ragioneria, riguarda appena il 10% della platea. Chi vuole affittare sa bene che deve servirsi dei portali online.
Tanto è bastato per mandare su tutte le furie Forza Italia che si è sempre eretta a garante della proprietà immobiliare contro qualsiasi tentativo di aumentare le imposte considerando anche che sul mattone già gravano svariate imposte. Tajani non ha intenzione di lasciar correre: «Decide la politica, non i grand commis del Mef», ha detto attaccando i tecnici del ministero, «qualcuno che ha voglia di punire e reintegrare le imposte». Poi ha annunciato la presentazione, in Senato, di un emendamento soppressivo.
Sulla stessa linea è il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, nella posizione scomoda di trovarsi in contrasto con il suo ministro all’Economia. «È una tassa sciocca con gettito minimo, che lede l’iniziativa privata e proprietà privata. È inavvertitamente per distrazione entrata in manovra, per cui il suo destino è di venire cancellata con il voto in Parlamento». La sorte quindi della cedolare secca sugli affitti turistici resta in bilico.
Se sulla casa Tajani e Salvini vanno a braccetto, le loro strade si dividono sul contributo chiesto alle banche. Ieri il ministro dei Trasporti è tornato ad incalzarle: «Più si lamentano più presentiamo emendamenti per aumentare il prelievo. Ogni lamentela porterà a un 1% di Irap in più e con quei soldi faccio 6 piani casa».
Tajani, dal canto suo, ha cercato di smorzare i toni polemici: «Non bisogna spaventare i mercati e per questo io sono sempre molto prudente quando si parla di banche e assicurazioni non perché sia amico delle banche ma perché bisogna stare attenti». Un invito alla concretezza mandato al collega della maggioranza, ad allargare lo sguardo allo scenario internazionale. Tajani ha poi rimarcato che al momento della definizione della manovra «noi non sapevamo della tassa sugli extra profitti e anche della novità dei dividendi». Il vicepremier ha anche sottolineato che «tante altre cose non vanno bene perché non c’è una visione abbastanza liberale» ed è quindi necessario un contributo di Forza Italia «perché ci possano essere delle scelte che incoraggino gli investimenti e non li facciano fuggire». Una impostazione di economia liberale che il vicepremier rivendica alla legge di Bilancio.
La novità sui dividendi alla quale Tajani allude, ha scatenato la reazione anche del mondo finanziario. Per questo il vicepremier annuncia cambiamenti in Parlamento. La manovra ha riscritto una regola introdotta da Giulio Tremonti nel 2003. La legge di Bilancio prevede che le holding con partecipazioni sotto il 10% in una società non debbano più pagare l’1,2% delle cedole ricevute dalle controllate, come prevede la normativa attuale, ma debbano versare il 24%. L’ultimo fronte è poi sui tagli alle linee della metropolitana di Roma e Milano. Con Tajani che invita Salvini ad occuparsi dei «tagli alla Metro C di Roma» e la Lega che replica: «Non c’è nessun taglio ma un buon uso delle risorse». Mentre il ministero dei Trasporti chiarisce che «per raggiungere obiettivi contabili, la Ragioneria ha disposto unilateralmente dei definanziamenti provvisori, che prescindono da valutazioni di merito. Il Mit ha già dimostrato massima attenzione sulle metropolitane milanesi ed è già al lavoro con gli uffici del Mef per scongiurare qualunque ipotesi di definanziamento della M4 di Milano».
I rincari sul diesel portano 2 miliardi. «Usateli per aiutare i biocarburanti»
Con la manovra finanziaria 2026 il gasolio costerà di più. Con buona pace dell’autotrasporto che vedrà aumentare i costi innescando probabilmente nuove proteste. Tutto nasce, come spesso accade quando ci sono inasprimenti fiscali, dalla Commissione Ue. Ha chiesto di tagliare i Sad, i cosiddetti «sussidi ambientalmente dannosi». Tradotto: basta coccolare il diesel, visto l’alto tasso di CO2 che contiene. Così da gennaio l’accisa sulla benzina scenderà di 4,05 centesimi al litro, mentre quella sul gasolio salirà esattamente dello stesso importo, portando entrambe le aliquote a 67,26 centesimi al litro. Un perfetto pareggio fiscale che, come tutti i pareggi, lascia qualcuno scontento: a cominciare dal vasto mondo del trasporto su gomma che tradizionalmente viaggia diesel.
Ma ecco il colpo di scena: questa partita da due miliardi di euro in cinque anni, nata come semplice riallineamento contabile, potrebbe diventare un gruzzoletto verde. Lo suggerisce l’Unem - Unione energie per la mobilità -, che invece di protestare (cosa rara nel mondo quando si deve trattare con il fisco) propone di trasformare la tassa in investimento.
«In un contesto in cui le nuove regole europee comporteranno un aumento dei costi lungo tutta la filiera » ha spiegato Gianni Murano, presidente Unem « riteniamo fondamentale utilizzare queste maggiori entrate per sostenere la diffusione dei carburanti rinnovabili con interventi sulla fiscalità che valorizzino la bassa o nulla impronta carbonica dei biocarburanti, nonché per stimolare gli investimenti necessari a sostenerne l’incremento previsto per i prossimi anni».
In parole semplici; se proprio dobbiamo pagare di più per il gasolio, almeno che quei soldi servano a costruire il futuro - non solo a tappare le solite buche del bilancio pubblico. Murano propone dunque un riciclo virtuoso delle tasse: i soldi presi al diesel per finanziare biocarburanti, e magari un domani anche carburanti sintetici. Un po’ come usare le multe per eccesso di velocità per costruire piste ciclabili.
Una proposta che rappresenta una svolta: in Italia, dove ogni aumento di accise è storicamente «temporaneo», l’idea di destinarne i proventi a un progetto preciso suona quasi rivoluzionaria. Ma l’Unem sembra voler rompere la tradizione, suggerendo che la transizione energetica non si fa solo con gli slogan, ma anche con un po’ di contabilità creativa.
Nel frattempo, mentre a Roma si discute di tasse verdi e biocarburanti del futuro, nei distributori italiani si vive un presente piuttosto movimentato. A settembre, secondo i dati dell’Unem, le vendite complessive di prodotti petroliferi sono cresciute dello 0,4%, pari a 17 mila tonnellate in più rispetto a un anno fa. Merito anche di un giorno lavorativo in più e di un clima da settembre estivo che ha spinto tutti a rimettersi in moto.
La benzina ha registrato un balzo dell’8,7% (+63.000 tonnellate), il gasolio motori un +3,4% (+66.000 tonnellate), e persino il jet fuel continua a volare alto con un +1,9%, toccando un record per il mese. Anche il Gpl autotrazione segna un +4,6%, e il canale combustione cresce di un solido +13,2%.
Segnali di vivacità arrivano pure dai lubrificanti, al quarto mese consecutivo in positivo: +0,8% complessivo, spinti dal comparto autotrazione (+7,3%) che compensa la debolezza industriale (-5,6%). Insomma, il motore dell’Italia continua a girare, anche se un po’ tossisce e consuma più del previsto. E mentre i carburanti «fossili» resistono, i biocarburanti bussano alla porta, sperando che qualcuno - magari il fisco - apra il portafoglio.
Per ora, l’unico dato certo è che, nel Paese dove «l’accisa sulla guerra d’Etiopia» è ancora nei listini, ogni aumento ha vita eterna. Ma chissà, forse stavolta l’Italia scoprirà che perfino una tassa può essere rinnovabile.





