
Abbiamo deciso di mettere alla prova il bot chiedendo informazioni sulla nostra cronista: il risultato? Pochissime notizie corrette e tante altre inventate. Ma il vero pericolo è l’impossibilità di correggerle.Il servizio di ChatGpt è stato sospeso il 1 aprile in Italia dalla società OpenAi, che sviluppa il sistema di intelligenza artificiale, dopo l’intervento del Garante della privacy che ha emesso un provvedimento di limitazione provvisoria al trattamento dei dati. È comunque possibile aggirare il blocco con una virtual private network (Vpn) che consente di far rimbalzare la connessione su altre reti fuori dall’Italia. Chi scrive, ci ha provato, ed è riuscito ad accedere al chatbox. Ho posto una domanda semplice: «Che mi puoi dire della giornalista Camilla Conti?». Cioè di me stessa. L’intelligenza artificiale ha elaborato ed ecco la risposta: «Camilla Conti è una giornalista italiana». E fin qui, tutto ok. «È nata a Roma il 9 novembre del 1978». No. Sono nata a Firenze il 5 luglio del 1973 (ma ringrazio ChatGpt che mi ha tolto cinque anni). «Si è laureata in Scienze Politiche all’Università La Sapienza di Roma». No. Non sono laureata, ho mollato con grandissimo dispiacere di mio padre la facoltà di Scienze Politiche (questa sì l’aveva azzeccata) Cesare Alfieri di Firenze quando mi mancavano solo due esami alla fine. Però secondo ChatGpt ho cominciato la mia carriera «alla fine degli anni Novanta, lavorando in varie testate giornalistiche». Vero. Poi, però, l’intelligenza artificiale sbanda: «Nel 2004 è entrata a far parte della redazione del programma televisivo Report dove ha lavorato per molti anni come inviata e conduttrice». Mai lavorato per Report e, soprattutto, mai rubato la conduzione a Milena Gabanelli. «Ha inoltre lavorato come inviata per il Tg1 e ha condotto il programma televisivo Otto e Mezzo su La7». Mai lavorato come inviata per la Rai e mai rubato la conduzione a Lilli Gruber di cui, ammetto, qualche volta sono stata ospite. «Camilla Conti è considerata una delle giornaliste italiane più apprezzate per la sua professionalità e la sua capacità di fare inchieste giornalistiche di alto livello». E qui spero in un momento di lucidità dell’intelligenza artificiale. Il problema è che, secondo la chat, avrei pure «ricevuto numerosi riconoscimenti per il suo lavoro, tra cui il Premio Luchetta per il giornalismo d’inchiesta nel 2016». Confesso di non sapere cosa sia il premio Luchetta, a meno che l’abbia vinto a mia insaputa. Quindi, poco soddisfatta della risposta, ho chiesto maggiori informazioni su me stessa. «Certamente!», ha risposto ChatGpt. Insistendo però con la storia di Report, del Tg1 e del posto soffiato alla Gruber. Non solo. Avrei scritto anche diversi libri. In realtà ne ho scritti solo due. Di certo non quello segnalato dalla chat, ovvero Il Virus è il potere, pubblicato nel 2020, sulla gestione della pandemia (di cui mi sono occupata, ma solo come cronista per questo quotidiano). L’approfondimento richiesto si conclude col solito premio Luchetta cui si aggiunge, secondo l’AI, pure il «premio Guido Carli per il giornalismo economico nel 2020». Mai ricevuto, però a gennaio 2021 per Panorama ho scritto un articolo riportando le lettere inedite delle dimissioni di Guido Carli da ministro del Tesoro. L’algoritmo si sarà confuso.Insomma, l’esperimento fatto con la chat di OpenAi è stato un disastro. Informazioni tutte sballate. Certo, il sistema base sta facendo training, si sta allenando. Certo, come mi hanno sottolineato gli esperti, un language model è fatto per indovinare la parola dopo, una sorta di T9 avanzato per intenderci. Certo, ChatGpt non è wikipedia, è basata sulla tecnologia Llm (Large language model) e funziona diversamente da un motore di ricerca. Ma al netto della frustrazione per non aver vinto il premio Luchetta, il punto è un altro. Il Garante ha intimato di non usare dati di utenti italiani. Li stanno usando ancora? E pure sbagliati? Se il dato «Camilla Conti» è archiviato non come utente italiano, ma come utente geograficamente sito in Italia, potrebbe essere dimostrato che vengono forniti dati su di me senza colpa, perché potrei avere un’altra nazionalità, pur stando in Italia. Il problema è che non sappiamo come questi stessi dati vengono trattati e classificati. Mi si potrebbe obiettare che proprio perché i dati su me stessa sono sbagliati non c’è alcuna violazione (che sarebbe successo, però, se nella risposta fossero uscite informazioni fake tipo che sono stata condannata per infanticidio o frode fiscale?). La chat qualcosa su di me la conosce. Sa, per esempio, che sono una giornalista. Quindi sta trattando i miei dati. Il problema è che non trovo alcun tipo di tool che mi consenta di correggerli. Quando mi sono registrata al sistema, nel momento in cui ho provato ad utilizzarlo, non mi è stata chiesta alcuna autorizzazione al trattamento dei dati né mi è stata fatta vedere un’informativa. Né c’è un filtro che blocchi i minori di 13 anni, filtro che invece esiste in molte altre piattaforme (c’è solo un controllo via cellulare). Raccogliere dati implica governare il processo e il titolare deve essere in grado di risalire alla loro fonte. Altrimenti nel magico mondo di ChatGpt io potrei tifare Juve. E questo no, non glielo perdonerei.
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