2018-06-07
In aumento lo spread del senso del ridicolo
Lo spread sale mentre il governo non c'è? Colpa di Matteo Salvini e Luigi Di Maio che non si mettono d'accordo. Lo spread ritorna a salire anche ora che il governo c'è? Sempre colpa di Salvini e Di Maio che hanno dato vita a un esecutivo populista. Lo spread scende ora che il governo c'è? Merito di Sergio Mattarella che ha fatto ragionare Salvini e Di Maio spingendoli a fare il governo senza populisti antieuro. A leggere le cronache giornalistiche e le dichiarazioni politiche degli ultimi quindici giorni c'è da spassarsela. Le capriole e le contorsioni dei commentatori sono infatti una delizia che contribuisce a spiegare non perché lo spread sia salito o sceso, ma perché in Italia si acquistino sempre meno quotidiani. Martedì, per esempio, mentre il presidente del Consiglio si presentava al Senato per la fiducia, il differenziale tra i nostri titoli di Stato e quelli tedeschi risaliva dopo giorni di calma. Subito i giornali hanno dato la colpa a Giuseppe Conte per non aver spiegato dove prenderà i soldi necessari a mantenere tutte le promesse del suo programma. Ieri mattina, a spread ancora elevato, il capo del governo si è presentato alla Camera per illustrare ai deputati gli impegni assunti con i senatori. Tuttavia, mentre Conte ha ribadito i concetti, lo spread è calato. I giornali a questo punto hanno scritto che il professore prestato alla politica è stato più convincente del giorno prima? No, ma solo perché i commentatori hanno esaurito l'armamentario di scemenze, tutte sprecate nelle settimane precedenti.Nei giorni scorsi infatti abbiamo letto ogni genere di allarme. Ha cominciato Il Foglio, il più renziano dei giornali renziani, che il 22 maggio, quando ancora Conte non era neppure stato incaricato di formare il governo, scriveva: «Denaro in fuga dal governo più investitor-repellente possibile. Il governo M5s-Lega è già costato 33 miliardi». E a ruota manco fosse Bartali che insegue Coppi nella tappa in cui si vince la coppa dello stupidario nazionale, dopo il quotidiano diretto da Claudio Cerasa è spuntato quello guidato da Mario Calabresi. «Incubo mercati per i gialloverdi», tuonava Repubblica. «Già bruciato un miliardo». Stesso giorno, stessi responsabili, cioè Salvini e Di Maio, ma perdite diverse: 33 miliardi per il super renziano Foglio, uno solo per l'organo di Carlo De Benedetti, che essendo uno attento ai soldi li maneggia con cura. I Bartali e i Coppi dell'iperbole antigovernativa, due giorni dopo si sono però cimentati in un altro duello all'ultimo incubo, prefigurando una catastrofe per i risparmi degli italiani. «Cosa vuol dire rischio Grecia. Le assonanze con Atene e che fare per non trovarci con la Troika in casa», consigliava con affetto Il Foglio. Ma nello spaventare le persone che hanno due risparmi in banca, Repubblica non si è fatta cogliere impreparata: «Il “contratto" più vicino spinge il rischio Italia. Spread ancora a 190 punti. Secondo gli investitori le scelte del prossimo governo sono destinate a far scattare la fuga dai titoli del Tesoro». Ma temendo di essere stata troppo prudente e di non aver spaventato a sufficienza i propri lettori, la testata più cara alla sinistra, di lì a qualche giorno è ritornata sulla faccenda con un discorso più diretto: «Tragedia greca. Con un mix di cinismo e dilettantismo, i “diarchi" dell'ennesima notte della Repubblica hanno speculato sulla pelle degli italiani». A mettere una parola buona per rasserenare gli animi, alla fine ci ha pensato il vecchio Corriere della Sera, che con un commento della sua prima firma economico-instituzional-europeista ha chiarito come stanno le cose: «Aste Btp», scriveva Federico Fubini, «il caos sui mercati ci è già costato 144 milioni». Dopo aver letto questo intervento, ovviamente gli italiani hanno tirato un respiro di sollievo, perché in una settimana si è passati da 33 miliardi bruciati sull'altare di Salvini e Di Maio a 144 milioni: un affare. Lo stesso giorno, mentre Carlo Cottarelli ancora brancolava nel buio dopo aver ricevuto l'incarico di formare il governo, il Corriere però tornava sulla faccenda dello spread citando la vignetta della Frankfurter Allgemeine Zeitung che vedeva sprofondare una corriera tricolore nell'abisso: «Quella vignetta rappresenta in modo feroce ma veritiero quello che rischiava di accadere con il governo grillo-leghista… le premesse per l'uscita dall'euro o per l'arrivo della Troika… Un suicidio». Nessuno, neanche gli esperti del quotidiano di via Solferino, però, sono stati in grado di spiegare come mai lo spread sia cominciato a salire lunedì 28 agosto, quando cioè Mattarella ha tolto l'incarico a Conte per darlo a Cottarelli, raggiungendo il massimo il giorno dopo, quando il direttore del Fondo monetario ha rischiato di andare in Parlamento e di non ottenere neppure un voto di fiducia. Carlo Mani di Forbice, l'altra sera su La 7, ha provato a dire che a far decollare lo spread è stata la paura di nuove elezioni e noi gli crediamo. Ma forse bisogna spiegarlo ai soloni dello spread, così decideranno una volta per tutte se spaventa di più il voto o il governo. O se a spaventare i mercati non siano lo stupidario nazionale della stampa e i suoi pregiudizi.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?