La Germania supera le peggiori previsioni: la produzione giù del 6,8%. È in compagnia della Francia, che flette dopo quattro anni di segni positivi, e del nostro Paese, che nel 2020 sarà vittima della legge finanziaria. Ma la ricetta Ue è il finto piano verde.
La Germania supera le peggiori previsioni: la produzione giù del 6,8%. È in compagnia della Francia, che flette dopo quattro anni di segni positivi, e del nostro Paese, che nel 2020 sarà vittima della legge finanziaria. Ma la ricetta Ue è il finto piano verde.Purtroppo la Germania si sta inchiodando più velocemente del previsto. Purtroppo, perché non è un bene per il nostro Paese che continua a essere in prima fila nella relazioni industriali con Berlino. Dove la produzione industriale è crollata ben oltre le previsioni degli analisti. Rispetto a novembre è scesa del 3,5%, superando di gran lunga le stime già negative degli analisti, che prevedevano un calo dello 0,2%. Si tratta del quinto calo negli ultimi sette mesi. Una brusca battuta d'arresto, dopo che a novembre la produzione industriale della maggiore economia dell'Eurozona era salita dell'1,2%. Rispetto all'anno precedente il calo è stato ancora più netto: -6,8%, contro un -3,7% atteso dal mercato.Il dato si somma alle recenti proiezioni della Francia. Parigi ha registrato per la prima volta una flessione della produzione dopo quattro anni di segni più. La situazione italiana è altrettanto fosca. L'economia rallenta nell'ultimo trimestre del 2019. Il Pil è calato dello 0,3% rispetto alla prima parte del semestre. Siamo di fronte all'inchiodata più brusca dal 2013, anche per il semplice fatto che se spostiamo lo zoom sul tasso tendenziale arriviamo a una crescita nulla. Mentre nel trimestre precedente avevamo un segno positivo dello 0,5%. Se l'economia è andata male nel 2019 non è certo solo colpa del governo attuale. I fattori sono numerosi. Alcuni esogeni e altri invece legati alla precedente gestione, che è quella del Conte uno. Gli effetti di quota 100 sono stati positivi e hanno comunque permesso minori spese rispetto all'impatto previsto sul deficit. Non tutto però è andato bene. Il reddito di cittadinanza è andato ben lontano dal raggiungere le promesse palesate dai 5 stelle. Il problema maggiore però dovremo affrontarlo nel corso di quest'anno.Nonostante Bruxelles e Fondo monetario internazionale abbiano dedicato alla manovra 2020 parole di elogio (anche se tiepido), la realtà è che la legge di bilancio licenziata dal governo giallorosso è fortemente recessiva. Con la stima diffusa dall'Istat del Pil la scorsa settimana, si può tracciare anche un primo bilancio, sempre preliminare, per l'intero 2019. La crescita si attesterebbe allo 0,2%, in frenata rispetto al +0,8% del 2018. Il dato però, ricorda l'Istat, va utilizzato solo come riferimento in attesa del bilancio finale che arriverà a marzo. Congelando la situazione si potrebbe immaginare che il 2020 si chiuda con il medesimo valore di +0,2%. Solo che la manovra 2020 fissa un obiettivo di deficit pari al 2,2% (a fronte di un 2,9% reale se fossero scattate le clausole di salvaguardia Iva). Per colmare il gap sono necessarie tasse per uno 0,7% del Pil. Ben 12 miliardi di euro. Una montagna di denaro che zavorra la ripresa economica e che ci metterà in difficoltà maggiore quando il Paese sarà in balia di eventi esogeni. L'inchiodata della Germania e la potenziale frenata di Parigi si sommeranno ai venti freddi in arrivo dall'Asia. Gli effetti concreti del Coronavirus si vedranno fra un po' di settimane. Numerose grandi navi portacontainer stanno rallentando in attesa di capire che piega prenderà l'epidemia. I flussi tramite vie d'acqua sono ovviamente molto più lenti degli scambi per via aerea e su gomma o rotaia. Fra due mesi lo stop delle dogane cinesi potrebbe colpire l'economia europea. Gli scambi tra il Vecchio continente e il Dragone si sono attestai intorno ai 200 miliardi di euro. In prima fila c'è la Germania, a seguire il Regno Unito e poi la Francia. Noi siamo molto più indietro nella classifica. Al contrario i flussi di capitali per investimenti diretti dalla Cina all'Europa a partire dal 2017 hanno registrato un rallentamento. Dal picco dei 32 miliardi del 2016 siamo intorno ai 15. Il che riporta a galla la strana interconnessione con Pechino. Il commercio resta l'anima delle nostre relazioni.Per questo a Berlino dovrebbero cominciare a preoccuparsi. Invece l'Ue basa tutto il proprio rilancio sul Green new deal, una piano di incentivi scollegato dalla realtà industriale dei singoli Paesi membri. Così se Ue e Berlino vanno male, noi andremo dietro a ruota. Il Paese di Angela Merkel resta il primo partner per l'Italia. Se loro rallentano il nostro indotto vedrà ridursi il fatturato. Purtroppo sono i cicli dell'economia. I flussi salgono e scendono. E le recessioni si avventano sulle nazioni a volte per motivi imprevedibili. Per questo i governi dovrebbero essere chiamati a lanciare strategie finanziarie espansive. Quando la situazione sembra ottimale, bisogna mettere fieno in cascina. Per utilizzare le riserve nei momenti di vera recessione. Sembra una banalità o un calcolo da massaia. Ma è la pura e semplice verità. Quest'anno invece, se arriva la gelata, l'Italia sarà doppiamente esposta.
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