2024-10-11
Sulla Consulta si muove il Colle e il centrodestra può rimetterci
Sergio Mattarella (Imagoeconomica)
Dopo la fumata nera sulla nomina del nuovo giudice, Sergio Mattarella fa sapere che a dicembre ne scadranno altri tre e in quel caso interverrebbe. Carlo Calenda pronto a parlare con la maggioranza, possibili trattative a oltranza.Da ieri, la partita sulla Consulta non è più su una poltrona, ma su quattro. E con un numero simile ci sono i margini per i soliti accordi di spartizione tra i partiti. Del resto sono ormai molti anni che alla Corte costituzionale, con alcune eccezioni, finiscono giuristi che nella Prima Repubblica avrebbero faticato a entrare anche solo nel Csm. E se da un lato pende sempre la minaccia di Aventino delle opposizioni, per l’occasione unite come non mai, dall’altro ecco che ieri ha battuto un colpo anche Sergio Mattarella. L’eroe invisibile di questa partita, che si intreccia anche con la riforma delle autonomie e con il premierato, ieri ha fatto sapere, a mezzo Corriere della Sera, che se per un singolo seggio vacante non interverrà per rispetto del Parlamento, non così sarà se non verranno sostituiti neppure i tre giudici che scadono a dicembre. Per capire come si potrebbe uscire dall’impasse che si è creato due giorni fa, quando la maggioranza di centrodestra ha fallito il blitz sul nome di Francesco Saverio Marini, conviene partire proprio dall’inquilino del Colle. Come per la riforma del premierato, che tocca direttamente anche i poteri del presidente della Repubblica, Mattarella finora ha preferito mandare avanti costituzionalisti e giornalisti «di area». Quale? La sua, ovviamente. E ieri il quirinalista del Corriere ha puntualmente riferito che il capo dello Stato è deluso dal fatto che le Camere non riescano a eleggere da un anno il successore di Silvana Sciarra, però non intende intervenire e creare alcun attrito con il Parlamento. Il motivo? Non solo istituzionale, ma più che altro pragmatico. Una Consulta che opera con 14 giudici sui 15 previsti non è paralizzata e riesce comunque a lavorare. Sempre il Corriere, però, fa notare che lo scenario cambierebbe radicalmente, e quindi ci sarebbe un conflitto tra poteri, se a dicembre non venissero sostituiti neppure gli altri tre giudici che scadono. Si scenderebbe a soli 11 membri e già viene fatto sapere che questo non sarà tollerato. Con questa spada di Damocle sulla testa, si può tornare alle mosse dei partiti, i veri destinatari dell’avvertimento del Colle. A Palazzo Chigi, Giorgia Meloni ha incassato la fumata nera e per ora non sembra intenzionata a cambiare cavallo. Anche perché il punto non è il nome, ma il metodo, almeno secondo l’opposizione. A meno di colpi di scena, la nuova votazione non sarà fissata prima di martedì 22, perché la prossima settimana il premier sarà impegnata in Parlamento per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Se il 22 ottobre non ci sarà la fumata bianca, si andrebbe avanti con votazioni settimanali a oltranza. E votazioni a oltranza, da sempre, fa rima con trattative. Carlo Calenda ieri si è trasformato in pesce pilota e sempre al Corriere della Sera ha raccontato che è pronto a scendere dall’Aventino su cui si sono inerpicati mano nella mano Elly Schlein e Giuseppe Conte, nonostante fino al giorno prima tra loro volassero tutte le zolle del campo largo. L’ex ministro montiano ha spiegato che il centrodestra dovrebbe smetterla con blitz e forzature varie sulla Consulta, mentre le opposizioni dovrebbero mettersi intorno a un tavolo e trattare perché «non si può bloccare l’operatività della Corte costituzionale». Insomma, se non interviene a sorpresa un killer infallibile come il suo ex socio Matteo Renzi, per Calenda bisogna trattare sui prossimi giudici per il bene della Patria. Come detto, se il campo del confronto si allarga, crescono i margini di trattativa. In sostanza Mattarella manda a dire che bisogna evitare l’impasse su quattro giudici e quindi implicitamente invita a trattare su quattro nomi, e non su uno. Piccolo problema: se il centrodestra pensava di poter portare a casa un risultato di tre a uno, ora, con delle trattative a oltranza, rischia di dover accettare un due a due. C’è poi da tenere presente che se i giudici costituzionali durano in carica ben nove anni, l’agenda della Consulta è ben più pressante, per la politica. Nelle prossime settimane, una Consulta «mutilata» deve esaminare la riforma dell’autonomia differenziata, sulla quale pende un referendum, e dovrà pronunciarsi sulla separazione delle carriere dei magistrati. Un vuoto di potere su pm e giudici, in un Paese come l’Italia, può scatenare qualunque tempesta. Poi c’è il referendum promosso dal radicale Riccardo Magi di +Europa sullo ius soli, altro tema trasversale e che spacca gli schieramenti, specie se Forza Italia e Pd continuano a farsi l’occhiolino su migranti e diritti civili. In ogni caso, per evitare i fulmini del Quirinale, è necessario che le opposizioni scendano dal loro Aventino. Perché se non lo facessero, chi proverà a trattare sulla Consulta con il centrodestra sarà additato come un traditore a caccia di qualche nomina su altri tavoli. Otto fumate nere per un giudice delle leggi non sono certo né un dramma né un inedito, ma uno scontro tra Quirinale e Camere nel pieno dell’approvazione della Finanziaria 2025 sarebbe un problema anche per Palazzo Chigi.