2022-11-28
«Sul gas l’Ue cambi idea o non votiamo»
Gilbero Pichetto Fratin (Ansa)
Il ministro dell’Ambiente: «La proposta sul price cap è un inizio ma resta insufficiente. Sono vicino alle famiglie di Ischia, in un mese approveremo il piano contro i cambiamenti climatici per anni bloccato dalla burocrazia».Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurazza energetica, cosa è successo sabato a Ischia e perché?«Ci sono ancora molti dispersi. Molte case ed esercizi commerciali distrutti. Un disastro che vorremmo non accadesse mai più, frutto della combinazione degli effetti dei cambiamenti climatici con una incuria del territorio che anche in Italia si è prolungata per troppi anni. Alle comunità dell’isola d’Ischia va tutta la mia vicinanza e quella del governo». Il Consiglio dei ministri ha promesso di far partire entro fine anno il «piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici». Perché è rimasto cinque anni chiuso nel cassetto? «Purtroppo quel piano, che individua con esattezza i passi giusti da fare, è stato bloccato per anni dalla burocrazia. Ma confermo che entro fine anno lo faremo partire».Perché i due miliardi e mezzo del Pnrr destinati al dissesto idrogeologico non sono ancora stati impiegati?«Posso dire che non è un problema finanziario. È un problema di una procedura burocratico-politica, che coinvolge anche Regioni e Comuni, e che riguarda anche opere finanziate 10 o 12 anni fa. Qualche domanda bisognerebbe farsela». Il governo che vi ha preceduto ha qualche responsabilità?«Ce l’hanno diversi governi precedenti, visto che si tratta di problemi che ci portiamo dietro da anni. Colpa dei governi che hanno stanziato i fondi, ma a questo punto anche delle Regioni che non sono riusciti a spenderli. È un sistema che va completamente rifondato». Come?«Sempre basandosi sul confronto, e senza voler calpestare la volontà di nessuno, bisogna cambiare l’impostazione. Se qualcuno a livello locale fa ostruzionismo, o è vittima di inerzia, salvo poi lamentarsi quando succede il disastro, lo Stato deve avere il diritto di imporsi sull’utilizzo dei fondi. Oppure ridirezionarli verso chi si dimostra capace di usarli bene». Dunque come si possono evitare disastri come quello di Ischia?«Adottando azioni sempre più incisive di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Io stesso ho definito un bilancio “in chiaroscuro” quello raggiunto alla Cop27 di Sharm, perché se da un lato sono d’accordissimo sulla decisione di creare un fondo per danni e perdite, dall’altro lo stop ad approfondire il tema della mitigazione non è stato un dato positivo».All’ultimo Consiglio energia non c’è stato accordo sul price cap. La Commissione ha proposto un tetto altissimo, 275 euro al megawattora. Una presa in giro?«Nessuna presa in giro. Bisogna piuttosto apprezzare la buona volontà della Commissione che ha presentato agli Stati una proposta, frutto di una prima mediazione tra le diverse posizioni, spesso contrapposte. Per noi si trattava di una soluzione insufficiente, perché poneva condizioni che rischiavano di stimolare la speculazione invece di arginarla. Per questo in occasione dell’ultimo Consiglio energia, a Bruxelles, l’Italia è stata alla guida degli Stati che si sono chiaramente opposti a quella soluzione ma, allo stesso tempo, ha chiesto con forza di continuare a lavorare per arrivare a una proposta più efficace e condivisa. La cosa positiva è aver ottenuto che tutti gli Stati si impegnino a trovare un punto di convergenza. Certamente, se la proposta resterà invariata, non la voteremo».Lei crede davvero che un tetto al prezzo del gas sia utile? Non c’è il rischio che i cargo di Gnl destinati all’Europa facciano rotta verso l’Asia? «Se il tetto è troppo basso si rischia che il venditore si rivolga ad altri. Se è troppo alto stimoliamo la speculazione. La proposta italiana non consiste nel mettere un numero sul tetto, ma dei criteri di intervento qualora ci fossero oscillazioni eccessive nel prezzo del gas a livello europeo. Il tetto dev’essere un meccanismo anti speculativo, non anti mercato». Come potrebbe concretizzarsi la sua proposta di price cap nazionale sull’elettricità?«Punta a evitare eccessivi guadagni che si verificano data la situazione internazionale e l’impennata dei prezzi dei combustibili ricavati da fonti fossili. L’obiettivo è quello di mettere un tetto temporaneo, fino a giugno 2023, agli extra ricavi dei produttori di energia elettrica. Quando il prezzo supera i 180 euro, la differenza viene riconosciuta allo Stato. Il price cap nazionale vuole essere uno scudo al caro bollette. L’obiettivo è di tutelare le famiglie e le imprese. Due terzi della manovra sono impegnati per far fronte al caro energia. Il governo Meloni ha già dimostrato che sa quali sono le priorità del Paese. Continueremo mantenendo questa rotta».Previsioni sul futuro: i problemi veri arriveranno in primavera, in vista dell’inverno 2023. Il peggio deve ancora venire?«È così, i problemi maggiori saranno per il prossimo anno. Durante l’estate 2023 dovremo ricostituire le riserve e gli stoccaggi per l’inverno 2024. Per questo i rigassificatori di Ravenna e di Piombino vengono ritenuti essenziali dal governo. Senza quel gas potremmo non farcela».Esiste un piano per gestire gli scenari peggiori di razionamento energetico?«Tutti gli sforzi sono diretti a impedire che scenari di questo tipo si possano verificare. Di certo il governo è pronto ad affrontare e gestire ogni tipo di crisi. È importante che i cittadini siano però consapevoli dell’emergenza che sta vivendo l’Europa a causa della guerra in Ucraina. Per questo ripetiamo che ognuno di noi può contribuire alla riduzione dei consumi evitando gli sprechi di energia e gas».E con le aziende?«È previsto un piano di contenimento dei consumi industriali, in corso di predisposizione con le categorie produttive, che verrebbe attivato soltanto nel caso in cui ricorrano le condizioni di tensione o criticità dei mercati previste nel piano. Saranno coinvolte solo le aziende che sottoscriveranno un accordo di interruzione volontaria e programmata e, ovviamente, saranno salvaguardati i settori strategici».Ha intenzione di investire su altri rigassificatori?«Ho una responsabilità nei confronti delle famiglie e delle imprese italiane: garantire la sicurezza energetica del nostro Paese. Fermo restando l’obiettivo di medio e di lungo periodo, che è quello confermato dall’Italia anche durante la Cop27 di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica nel 2050, il gas sarà l’ultima fonte fossile della quale potremo fare a meno, perché è la meno inquinante. Stiamo lavorando per questo alla progettazione di nuovi rigassificatori a terra, come quelli di Gioia Tauro e Porto Empedocle, per i quali però è necessario procedere contemporaneamente sulle opere infrastrutturali che portano il gas da Sud a Nord».Avete intenzione di sollecitare Snam a investire sullo «sbottigliamento» dei gasdotti dal Sud Italia verso il Nord?«Tra le varie cose, con Snam abbiamo parlato anche di questo. Si tratta di un’opera strategica per l’Italia, che ci permetterà anche di aumentare il flusso di gas in arrivo dal Tap».Possiamo immaginare una nazionalizzazione dell’Eni?«Eni è una delle eccellenze italiane nel mondo. Sta contribuendo a mettere in sicurezza il Paese. Va bene così».Assisteremo davvero ai test per il nucleare di nuova generazione?«Io sono favorevole al nucleare, ma su questo dobbiamo ancora confrontarci in Consiglio dei ministri con il resto della maggioranza. Poi capiremo insieme con i costituzionalisti se ci sono ostacoli posti dal referendum del 1987 e come, eventualmente, affrontarli. Ma certamente l’Italia non può continuare a stare fuori, per ragioni puramente ideologiche, dal settore della ricerca per il nucleare pulito di nuova generazione, che sarà una fase di transizione per arrivare, probabilmente tra una generazione, alla fusione nucleare».Come si concretizzerà lo sfruttamento di nuovi pozzi di gas in Italia?«È fondamentale utilizzare il nostro gas per salvare il sistema produttivo italiano. Il provvedimento deliberato dal Consiglio dei ministri consente di sfruttare i giacimenti tra le 9 e le 12 miglia dalla costa, con almeno 500 milioni di metri cubi di gas, ma prevede che vengano rispettati tutti i limiti a salvaguardia della sicurezza dei territori interessati e dell’ambiente. Abbiamo posto come limite il 45° parallelo, per salvare dal rischio di subsidenza l’alto Adriatico. In cambio le società interessate alla ricerca e all’estrazione del gas dovranno garantire, subito, da gennaio, la fornitura di circa 2 miliardi di metri cubi di gas annuo alle imprese italiane cosiddette “gasivore”, quelle cioè che consumano più gas per le loro produzioni. Contribuiamo in questo modo a proteggere le filiere di eccellenza del nostro Paese: dal vetro alla carta, dalla ceramica all’acciaio».
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.