Concedere la grazia ad alcuni detenuti in prossimità delle festività natalizie è da sempre un gesto di clemenza simbolico molto forte, tradizionalmente riservato a vicende giudiziarie con risvolti umani delicati. Ma tra i cinque provvedimenti di clemenza firmati ieri dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con il parere favorevole del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, c’è n’è uno destinato a far discutere. È quello nei confronti di Alla F. Hamad Abdelkarim, già calciatore della Serie A libica giunto in Italia su un barcone, condannato alla pena complessiva di 30 anni di reclusione per delitti di concorso in omicidio plurimo, violazione delle norme sull’immigrazione per fatti avvenuti nel 2015.
Nato in Libia 30 anni fa, nel 2017 la giustizia italiana lo ritenne, insieme a quattro complici, uno degli scafisti di un barcone che, nella notte di Ferragosto di dieci anni fa, venne soccorso dalla Marina italiana al largo di Lampedusa e nella cui stiva vennero trovati i corpi di 49 persone, morte asfissiate durante la traversata. Le cronache dell’epoca raccontavano dettagli agghiaccianti. L’inchiesta della Procura distrettuale di Catania aveva infatti collegato il decesso dei 49 uomini con l’assenza di aria all’interno dell’angusta stiva del peschereccio. Secondo l’accusa, gli otto avrebbero «colpito con calci, pugni e l’utilizzo di cinghie ferrate» i migranti nella stiva, «bloccando con i loro corpi i boccaporti che avrebbero consentito il passaggio al ponte superiore» dei viaggiatori, «causando così la morte per mancanza di ossigeno» delle 49 vittime.
«Nel concedere la grazia parziale, che ha estinto una parte della pena detentiva ancora da espiare», fa sapere il Quirinale, «il capo dello Stato ha tenuto conto del parere favorevole del ministro della Giustizia, della giovane età del condannato al momento del fatto, della circostanza che nel lungo periodo di detenzione di oltre dieci anni, sinora espiata dall’agosto del 2015, lo stesso ha dato ampia prova di un proficuo percorso di recupero avviato in carcere, come riconosciuto dal magistrato di sorveglianza, nonché del contesto particolarmente complesso e drammatico in cui si è verificato il reato. Ciò è stato evidenziato anche dai giudici della Corte d’Appello di Messina i quali, nel rigettare l’istanza di revisione per ragioni processuali, hanno sottolineato che per «ridurre lo scarto indubbiamente esistente tra il diritto e la pena legalmente applicata e la dimensione morale della effettiva colpevolezza», si può fare ricorso solo all’istituto della grazia che consente di ridurre o commutare una parte della pena». Clemenza che è prontamente arrivata, forse anche sull’onda delle pressioni mediatiche arrivate attraverso una campagna stampa caratterizzata da un violento attacco ai testimoni del legale del giovane libico, Cinzia Pecoraro, che ieri si è detta «felicissima» («Al mio cliente restano 6-7 anni, ora prepariamo nuova istanza di revisione»): «Due testimoni sui nove sentiti, selezionati non si sa con quale criterio, hanno dichiarato che Alla si occupava di distribuire l’acqua e mantenere l’ordine sul barcone». Poi l’affondo, dai toni a dir poco singolari, che in altre circostanze avrebbero fatto inorridire le femministe: «Si tratta di testimonianze rese subito dopo lo sbarco da parte di donne sotto choc e allo stremo delle capacità fisiche e psichiche, che avevano perso familiari nel tragitto e non dormivano, mangiavano e bevevano da giorni». Una campagna mediatica arrivata anche su Rai 3, che nel gennaio di quest’anno, all’interno del programma Il fattore umano aveva dedicato un servizio alla storia di Abdelkarim, con tanto di intervista al giovane tunisino, che dopo che si trovava recluso nel carcere dell’Ucciardone di Palermo.
Meno clamorosi gli altri provvedimenti di clemenza, tra cui quello a favore di Franco Cioni, l’anziano che il 14 aprile 2021 a Vignola (Modena) uccise la moglie malata terminale e fu condannato a sei anni e due mesi.
Gli altri tre beneficiari della grazia di Mattarella sono Zeneli Bardhyl, nato nel 1962, condannato alla pena di un anno e mezzo per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari; Alessandro Ciappei, nato nel 1974, condannato alla pena di dieci mesi di reclusione per il delitto di truffa, commesso nel 2014; Gabriele Spezzuti, nato nel 1968, condannato alla pena detentiva della reclusione, espiata fino al 2014, e alla pena pecuniaria di 90.000 euro di multa per delitti in materia di sostanze stupefacenti, commessi nel 2005. L’atto di clemenza riguarda solo la pena pecuniaria residua da eseguire (80.000 euro di multa).





