2023-09-20
Sui migranti imitiamo l’Australia
Dal 2001 tutti i governi, di ogni colore, hanno usato il pugno di ferro, pagando altri Paesi perché mettessero a disposizione isole sulle quali vagliare i richiedenti asilo. Risultato: nessun clandestino, ma chi viene accolto ha la garanzia di una vita dignitosa.In Australia la chiamano «immigrazione di qualità», in considerazione del fatto che a casa propria si fa entrare chi serve e chi vuol restarci per molti anni. Il mese scorso lo ha spiegato bene il premier socialista Anthony Albanese: «Aumenteremo la retribuzione minima per i migranti […]. Puntiamo a meno migrazione, ma delle persone giuste e con le competenze necessarie». Quest’anno, il governo federale stima che entreranno 400.000 persone, che per una nazione di 25 milioni di abitanti non sono pochi. I profughi accettati sono invece intorno alle 12.000 unità. Un sistema virtuoso che si regge su una politica bipartisan e durissima di contrasto all’immigrazione clandestina. A costo di finanziare Paesi terzi perché ospitino i centri di identificazione e detenzione dei migranti illegali, o di tenerli per mesi e mesi in isole sottratte per legge al territorio australiano, come l’isola di Natale, che dista 1.500 chilometri dalle coste australiane. In Australia si arriva in aereo, con il visto e basta. È questo il messaggio che vari governi, sia liberali sia laburisti, hanno mandato al mondo a partire dal 2001, dopo l’attentato delle Torri Gemelle. In principio, come spesso accade, ci fu una controversa pagina di cronaca. Sempre quell’anno, l’isola di Natale fu coinvolta nel cosiddetto caso Mv Tampa, con lo sbarco di 438 richiedenti asilo (in gran parte afghani) salvati dal naufragio di un mercantile norvegese. Il governo di centrodestra guidato dal liberale John Howard, stabilì che «è la sovranità australiana a decidere chi entra e risiede in Australia» e si rifiutò di accogliere i naufraghi, che vennero portati e «parcheggiati» sull’isola sperduta di Nauru, indipendente, in attesa che le richieste di asilo venissero valutate con calma da Camberra. Questo episodio portò all’adozione di una nuova legge, la «Pacific Solution», che dal 2001 al 2007 escluse l’isola di Natale dalla zona migratoria australiana. Fu costruito sull’isola un centro di detenzione da circa 800 posti e furono individuate altre due isole, l’indipendente Manus e Nauru, che fa parte di Papua Nuova Guinea. In sostanza, l’Australia è riuscita a esternalizzare l’accoglienza dei migranti clandestini, ovviamente pagando altri Stati e sobbarcandosi un costo annuo per le strutture di circa 40.000 dollari a persona. Dal punto di vista giuridico, questa strategia di deterrenza offshore degli immigrati (che vengono in massima parte da Iraq, Siria, Afghanistan, Myanmar, Bhutan e Congo) ha prodotto una situazione ambigua. Il Parlamento ha stabilito che l’isola di Natale non può essere considerato territorio australiano ai fini della Convenzione internazionale sui rifugiati e quindi chi si trova nelle acque territoriali dell’isola da un lato si trova illegalmente in Australia (e viene fermato), dall’altro non è ufficialmente considerato in Australia. Australia che negli ultimi anni, anche quando concede l’asilo, ha firmato accordi con Papua Nuova Guinea e Cambogia per «cedere» migranti. Così, comunque, alla fine non entra nessuno che non sia stato scelto e chiamato dal governo. Tra il 2013 e il 2019 è andata poi in scena l’operazione «Sovereign Borders», con un forte contrasto dei tentativi di immigrazione clandestina. A marzo del 2019, il governo ha comunicato che non c’era più nessuno nel centro di detenzione di Nauru, che è stato chiuso. Mentre Manus era stato sbarrato nel 2017. La struttura dell’isola di Natale invece è stata chiusa un paio di volte (molte le proteste delle organizzazioni umanitarie), ma è stata riaperta tre anni fa. Al di là della mano più o meno dura che hanno usato i governi di Camberra, va segnalato che questa politica è stata portata avanti da governi di ogni colore e che tutte le leggi di contrasto all’immigrazione clandestina sono state approvate dal Parlamento. Sul tema, c’è sempre stato un ampio dibattito e ci sono state anche sentenze correttive della Corte costituzionale. Così come sono state approvate (nel 2019, magari un po’ in ritardo) norme a tutela dei richiedenti asilo malati. Il punto forse più discutibile è la notevole segretezza del governo sulla gestione delle strutture per gl’immigrati, segretezza che si è registrata anche nella gestione del Covid. In ogni caso, l’Australia dal 1945 a oggi ha accolto sette milioni di persone, in modo ordinato, legale e civile. Certo, fare paragoni tra l’isola di Natale e Lampedusa sarebbe azzardato. Tuttavia i casi di Manus e Nauru, al netto delle condizioni di detenzione dei migranti, possono essere interessanti anche per l’Europa. Se l’Ue volesse davvero dare una mano all’Italia, la cui unica colpa è quella di essere un approdo naturale per l’immigrazione clandestina diretta in tutto il Vecchio Continente, potrebbe convincere qualche stato amico del Nord Africa a ospitare i centri di detenzione temporanea, in attesa del vaglio delle richieste di asilo. Il bilancio di Bruxelles sarebbe sicuramente in grado di finanziare soluzioni simili.
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