2018-05-21
Immigrati e soldi: la Francia non può darci lezioni
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Nuovo attacco da Parigi. Il ministro Bruno Le Maire se la prende con il nascituro governo italiano e avverte: «Deve rispettare le regole europee». I problemi sono spesa pubblica e frontiere, temi su cui è proprio Parigi a fregarsene dei vincoli comunitari. Infatti, nonostante le promesse di disciplina fiscale, è dal 1974 che all'Eliseo si governa a suon di deficit, mentre la solidarietà tra Stati Ue è soltanto di facciata: l'Italia è sempre più sola a gestire l'invasione. Il governo Lega-M5s minaccia il di smascherare il loro doppio standard.Per presentare Bruno Le Maire, il ministro dell'Economia francese, sono utili due istantanee. La prima: è un tipico esempio dell'establishment transalpino, figlio di un dirigente della Total, e a sua volta prodotto dell'Ena, la celebre École nationale d'administration. La seconda: è già acclamatissimo dai media mainstream europei (ed europeisti), nonostante la Francia continui a operare in deficit. La cosa ha un che di teatrale: Parigi agisce in deficit dal 1974 (avete letto bene: da circa 44 anni), poi ogni anno promette alla stampa internazionale disciplina fiscale (il ministro pro tempore si fa intervistare, in inglese, dal Financial Times, per dire: «We will balance the budget»), naturalmente non lo fa, ma in compenso coglie la palla al balzo per fare la morale all'Italia, perfetto capro espiatorio - anche per nostre responsabilità, sia chiaro - delle magagne comuni. Se n'è avuta un'ennesima riprova ieri. Tutto come da copione. Le Maire è andato in tv e ha dichiarato: «Se il nuovo governo italiano non rispetterà i suoi impegni sul debito, sul deficit, ma anche sul consolidamento delle banche, l'intera stabilità finanziaria della zona euro sarà minacciata». Prima bacchettata, seguita a ruota dalla seconda: «Tutti in Italia devono capire che il futuro dell'Italia è in Europa e da nessun'altra parte, e perché questo futuro sia in Europa ci sono regole da rispettare. Gli impegni presi dall'Italia valgono qualunque sia il governo, io rispetto la decisione sovrana del popolo italiano, ma ci sono impegni che superano ognuno di noi». Tra l'altro, conclusione curiosa: come se le regole europee fossero intangibili, sacre, immodificabili. Come se gli stessi contraenti dei patti Ue non potessero riscriverli, adeguarli, adattarli ai tempi. A stretto giro di posta, anzi di social network, è arrivata la risposta del leader della Lega, Matteo Salvini, che su Twitter ha scritto: «Un ministro francese "avverte" il futuro governo: non cambiate niente, o saranno problemi. Altra inaccettabile invasione di campo. Non ho chiesto voti e fiducia per continuare sulla via della povertà, della precarietà e dell'immigrazione: prima gli italiani!». La dura risposta di Salvini e il tenore dell'attacco non provocato da parte del ministro francese fanno capire bene il clima che si prepara per l'Italia. Le partite (più o meno visibili, ma tutte di vitale rilievo) sono almeno quattro. La prima. È evidente che la Francia, anche per sviare l'attenzione dal suo deficit, dai suoi sforamenti, si prepara ancora una volta a uno schema consueto: additare i guai di Roma. La seconda. A fine giugno, è previsto un importante Consiglio europeo, dove sarà all'ordine del giorno la riscrittura delle regole europee, la revisione dell'intera governance europea. È noto che il presidente francese Emmanuel Macron arriverà con un'agenda ambiziosa e di forte (ad avviso di chi scrive, pericolosa) centralizzazione europea, a partire dall'idea del ministro delle finanze unico Ue, una specie di pilota automatico forzosamente imposto a 27 Stati membri. Perfino la Germania sembra avere riserve, emerse nelle battute acide che la cancelliera tedesca Angela Merkel ha pubblicamente pronunciato ad Aquisgrana dopo il discorso «eurolirico» di Macron. Morale? Se a fine giugno si registrerà un nulla di fatto, a Parigi hanno già trovato il perfetto identikit del colpevole: il governo populista italiano. La terza. La Francia ha problemi molto seri sull'immigrazione. In un solo giorno della scorsa settimana, si sono registrati tre morti per scontri interetnici. La situazione è tesissima: dunque, Parigi ha assoluto interesse a che la pressione migratoria maggiore resti a carico dell'Italia, com'è sciaguratamente accaduto negli ultimi anni. Senza nessun cambiamento di rotta, né reale né metaforico. La quarta. Anche dal punto di vista economico, l'Italia è stata ed è ancora terreno di caccia per la Francia, tra legittime operazioni di soggetti privati e qualche meno ortodosso sgambetto pubblico (pensate all'atteggiamento francese quando Fincantieri si è affacciata in Francia).Doppio standard curioso da parte dei cugini francesi: pro mercato quando sono in trasferta, ma ultranazionalisti e superprotezionisti in casa. Inutile girarci intorno: Parigi ha allevato da anni una cerchia di politici e manager italiani ben lieti di fare qui i viceré del re di Francia, a tutto vantaggio di Parigi. La sola ipotesi che il vento possa cambiare crea nervosismo.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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