2020-12-01
Su ex Ilva e Aspi una sola linea: far slittare le decisioni
A Taranto firma rinviata per dare più tempo a Invitalia. Su Autostrade si pensa a un cambio di strategia nell'accordo con i Benetton.Il governo Conte si mostra sempre poco incline a rispettare le scadenze. Lo si può intuire da come sta gestendo due importanti operazioni come sono quelle di Ilva e Autostrade per l'Italia. La giornata di ieri avrebbe dovuto segnare una svolta per entrambe le trattative ma, ancora una volta, si è preferito chiedere altro tempo senza mai arrivare veramente al dunque.Nel caso di Ilva, la firma doveva essere imminente ma ieri si è preferito chiedere dieci giorni di proroga. In teoria, ieri si sarebbe dovuto firmare l'accordo tra Invitalia e ArcelorMittal con l'ingresso del socio pubblico al 50%. L'obiettivo dell'accordo doveva servire ad evitare che la multinazionale dell'acciaio abbandonasse Taranto e l'Italia e, in teoria, superata la scadenza, il gruppo di Lakshmi Mittal avrebbe facoltà di abbandonare l'impianto pagando una penale di 500 milioni di euro. In realtà una lettera di intenti dovrebbe mettere il freno a questo rischio e nei prossimi giorni verranno messi nero su bianco i dettagli per l'ingresso di Invitalia che nel giugno 2022 rileverà la maggioranza del gruppo arrivando a quota 60%. Intanto i sindacati non si danno per vinti. Del resto, a Taranto ci sono 3.000 lavoratori in cassa integrazione che, con ogni probabilità, rimarranno in questa condizione almeno ancora per tutto il 2021. Ieri, a dieci minuti dall'incontro con Fim, Fiom, Uilm e Ugl metalmeccanici è arrivato il contrordine del ministero dello Sviluppo Economico e la videoconferenza è saltata. Ieri doveva anche essere il giorno in cui sarebbe dovuta arrivare l'offerta vincolante ad Atlantia da parte di Cdp per la quota detenuta in Aspi. Anche in questo caso è saltato tutto. D'altronde, con la nomina di Enrico Laghi al timone della holding Edizione della famiglia Benetton alcuni equilibri potrebbero essere cambiati. Il compito di Laghi potrebbe essere quello di cambiare le trattative e provare a vendere allo Stato il 30% di Atlantia controllato da Edizione Holding. Così facendo, Cdp come acquirente potrebbe ridurre l'esborso dagli 8,5- 9,5 miliardi di euro per il 100% di Aspi, a circa 3,8 miliardi, il valore a Piazza Affari della quota di Edizione Holding. Inoltre, uno dei presupposti che ieri hanno portato a un nulla di fatto riguarda il Pef, il piano economico finanziario nel quale vengono definite le tariffe autostradali che determinano le entrate di Aspi. Il piano tariffario ha avuto nei giorni scorsi il via libera definitivo da parte della politica e deve completare ora l'iter amministrativo per divenire definitivamente efficace. Nel dettaglio il Pef è stato approvato con una decurtazione della percentuale di rivalutazione delle tariffe che è stata abbassata all'1,64% rispetto all'1,75% originariamente previsto. Nonostante il taglio, Atlantia ha garantito i 14,5 miliardi di investimenti, i 7 miliardi di manutenzioni e i 3,4 miliardi di risorse compensative che erano previsti a fronte di un incremento delle tariffe dell'1,75%. Ora il Pef deve passare prima al vaglio del Cipe per andare poi alla Corte dei conti per un controllo di merito. Successivamente sarà la volta del Mef e del Mit che dovranno realizzare un decreto interministeriale che recepisca l'atto aggiuntivo. L'Iter sarà poi concluso dalla registrazione del Pef ad opera della Corte dei conti. Normalmente per completare queste procedure servono circa sei mesi, ma i tempi potrebbero essere accorciati se intervenisse la moral suasion del governo. Ancora una volta, dunque, non resta che attendere. Intanto le trattative vanno avanti.