2022-01-20
Su energia e ristori il governo fa maquillage
Solo oggi il decreto su caro bollette e inflazione. Confindustria chiede «un atto di coraggio». Roberto Cingolani parla di misure strutturali. Ma si tratta di interventi che spostano i fondi: non li integrano e non è previsto alcun scostamento. Servirebbe un condono fiscale.Con mesi di ritardo ora è chiaro anche alla politica e al governo. Non sarà possibile recuperare il tempo perso sul caro energia e sul dramma incombente dell’inflazione, almeno oggi ci sarà un decreto mirato a intervenire sulle bollette e sui sostegni per chi è vittima del lockdown di fatto. Da un lato il governo è al lavoro sulle misure che dovrebbero arrivare nel prossimo Consiglio dei ministri, dall’altro guarda con attenzione alle imprese con un tavolo ad hoc convocato dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. In testa la voce di Confindustria che chiede «un atto di coraggio», oltre a una task force a Palazzo Chigi che metta subito a punto le misure chiedendo «interventi urgenti e strutturali di politica industriale. Non è possibile rinviare le decisioni». Sulla stessa linea l’allarme di Confcommercio che per le imprese del terziario parla di «aumenti insostenibili destinati a incidere su inflazione e a indebolire la dinamica dei consumi», con una spesa della bolletta energetica che sfiora i 20 miliardi nel 2022 per un incremento del 76% rispetto al 2021. Intanto, si susseguono le riunioni del governo sul testo del decreto per attenuare le bollette: prima un incontro tecnico e poi un faccia a faccia a quattro tra il premier Mario Draghi, il ministro dell’Economia Daniele Franco, il ministro Giorgetti, e il titolare della Transizione ecologica Roberto Cingolani che avverte come «l’eccezionalità della situazione rischia di offuscare l’efficacia delle azioni messe in atto dal governo», inducendo «alla valutazione di ulteriori misure di carattere prettamente strutturale». Cingolani passerà alla storia per questa sua incertezza. Divertente se si fa letteratura, pericolosa quando si gioca con la sicurezza nazionale. In pratica, le misure strutturali, quelle più ampie, che dovrebbero arrivare toccano diversi aspetti; sono in corso di valutazione per esempio la promozione di una revisione delle regole del mercato elettrico su base europea per beneficiare degli investimenti e dei minori costi dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, l’accelerazione del tasso di impianti rinnovabili e di una spinta alla decarbonizazzione, azioni di contrasto alla povertà energetica, la semplificazione dei procedimenti autorizzativi, la valorizzazione della produzione di gas nazionale, il contenimento della rendita degli impianti fotovoltaici, il taglio del peso degli oneri di sistema grazie alla cartolarizzazione, la creazione di nuovi incentivi coperti almeno parzialmente dal Pnrr. Tutti interventi che spostano i fondi ma non li integrano. E soprattutto non vanno ad invertire la rotta che ormai l’Europa sembra voler percorrere nonostante la certezza di impoverimento. È chiaro che serve autonomia sulle fonti. E non maquillage energetici. Lo capiscono sicuramente le aziende che ieri al Mise si sono confrontate sull’impatto dei costi sul sistema produttivo. Con l’obiettivo, ha fatto sapere Giorgetti, «di raccogliere dati e proposte per definire i tempi e il perimetro dei settori emergenziali e per calibrare gli interventi del governo sulle diverse filiere, con priorità per chi è a rischio sopravvivenza». In questo contesto, tra le proposte avanzate da Confindustria, in particolare emerge la necessità di un «incremento della produzione nazionale di gas di circa 3 miliardi di metri cubi all’anno, un’azione sulla fiscalità e la parafiscalità, e intervenire subito attraverso indirizzi specifici al Gse per la cessione di energia rinnovabile elettrica consegnata al Gse per un quantitativo di circa 25 Terawattora e trasferita ai settori industriali a rischio chiusura ad un prezzo di 50 euro a Megawattora». Per Confindustria l’incremento complessivo dei costi per l’energia arriva a oltre 37 miliardi nel 2022 (+368% nel 2021 e oltre 5 volte rispetto al 2020). Speriamo che ora che se ne sono accorti anche i vertici degli industriali cambi qualcosa. In realtà, oggi non è previsto alcun scostamento. Nel decreto Sostegni ter ci sarà un capitolo destinato alle bollette con interventi vicini ai 4 miliardi a costo zero per le casse dello Stato (si tratterà di un assaggio delle proposte di Cingolani) e altri 3 miliardi da destinare al settore del turismo, della ristorazione e dello sport vittima del mancato fatturato da green pass. Sarà rifinanziata la cassa Covid, come ha promesso il ministro del Lavoro Andrea Orlando, mentre non ci dovrebbero essere fondi per sostenere le aziende costrette a versare ai dipendenti i costi della quarantena fiduciaria. Anche in questo caso, il pacchetto di aiuti serve per aggiungere un po’ di ossigeno ma la ripresa è tutt’altra cosa. Servirebbe un governo che prenda il toro per le corna e vari un vero condono fiscale. Le tasse del 2020 e del 2021 azzerata. Forse si potrebbe ricominciare. Peccato i fondi per questo non si trovino mai.
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