Studio sulla Spike nei tessuti: rischio di infiammazioni per cuore e sistema nervoso

Pfizer e Moderna non hanno fornito dati sulla persistenza della Spike, dopo le somministrazioni di anti Covid con vaccini a mRna. Le pochissime autopsie, autorizzate da inizio pandemia, non hanno consentito di raccogliere sufficienti informazioni cliniche sulle lesioni di organi provocate da un’eccessiva distribuzione e sopravvivenza della proteina, che potrebbe aver provocato decessi correlati con la vaccinazione.
Oggi, ci pensa un preprint a offrire una sintesi degli ultimi studi su una questione così preoccupante. «Solide prove immuno-istopatologiche dimostrano che i vaccini genetici Covid-19 si possono diffondere in tessuti non polmonari», quindi fuori bersaglio, «inducendo reazioni autoimmuni. Sono inclusi cuore e sistema nervoso centrale, che possono essere indotti a produrre la proteina Spike generando così una forte risposta infiammatoria a base autoimmunitaria».
È quanto scrivono Panagis Polykretis, ricercatore del Cnr nel campo delle malattie neurodegenerative causate dall’aggregazione proteica, Alberto Donzelli della Commissione medico scientifica indipendente (CmSi), l’oncologo giapponese Masanori Fukushima, il biologo molecolare e tossicologo statunitense Janci Chunn Lindsay e molti altri. Il lavoro Reazioni infiammatorie autoimmuni innescate dai vaccini genetici Covid-19 nei tessuti differenziati terminali, appena pubblicato, ha un obiettivo ben preciso.
Si propone di attirare l’attenzione delle comunità scientifiche e delle agenzie regolatorie circa la necessità di «accurati studi farmacocinetici e farmacodinamici» sui vaccini genetici contro il Covid-19, «per determinare con precisione quali tessuti possono essere danneggiati», nonché di effettuare approfondite valutazioni «del rapporto danno-beneficio per fascia di età».
Nella premessa, infatti, gli autori ricordano che la campagna vaccinale di massa ha incluso «gruppi di età e persone naturalmente immuni, con un rischio minimo di soffrire di gravi complicazioni», dovute al virus fuoriuscito da Wuhan. Miliardi di persone sono state vaccinate nonostante la scarsità di dati sulla biodistribuzione o biopersistenza dell’mRna negli esseri umani, emersi solo da ricerche indipendenti quando già un numero altissimo di dosi erano state somministrate, sottolineano Polykretis e gli altri ricercatori.
Ci è stato fatto credere che la velocità di immissione sul mercato dei vaccini genetici fosse frutto della grande abilità dell’industria farmaceutica, ma come disse l’ex capo della ricerca e sviluppo sui vaccini della Pfizer, Kathrin Jansen: «Abbiamo pilotato l’aereo mentre lo stavamo ancora costruendo».
Occorreva, almeno, maggiore controllo man mano che aumentavano i dubbi sulla sicurezza dei vaccini a mRna, quando crescevano le prove dell’efficacia negativa del vaccino e le reazioni autoimmuni. I vaccini genetici, inducendo le cellule umane a sintetizzare una proteina virale, si basano su una reazione autoimmune mediata dalle cellule T per suscitare una risposta immunitaria.
Considerando che ogni cellula che sintetizza le proteine virali è percepita come una minaccia dal sistema immunitario e viene distrutta, «diventa fondamentale determinare l’esatta biodistribuzione dei vaccini genetici all’interno dell’organismo», si precisa nel preprint. Campioni di sangue di bambini e giovani adulti, che hanno sviluppato miocardite post vaccinazione mRna, hanno rivelato la presenza della Spike che circolava liberamente.
In esosomi, vescicole extracellulari che trasferiscono da una cellula all’altra materiale genetico (ma anche proteine e lipidi necessari alla cellula per sopravvivere e svolgere le sue funzioni), è stata trovata la Spike 14 giorni dopo la vaccinazione e, in seguito al richiamo, fino a quattro mesi. Nei linfonodi può rimanere fino a otto settimane ed è stato trovato anche nel latte materno.
Andrebbe, quindi, studiata l’allarmante persistenza nella circolazione sistemica del materiale genetico che codifica questa proteina e che «potrebbe consentirgli di raggiungere anche tessuti distanti», con esosomi che proteggono il loro carico di mRna da degradazione. Inoltre, non solo viaggiano liberamente attraverso la vascolarizzazione e il sistema linfatico (negli studi sulla biodistribuzione, concentrazioni molto elevate sono state trovate nella milza), ma si muovono anche nelle fibre nervose come è strato rilevato da biopsie e autopsie.
Sono innumerevoli le ricerche scientifiche internazionali citate nel documento, che hanno verificato l’insorgenza di reazioni autoimmuni a seguito di vaccinazione anti Covid-19. Gli studiosi vogliono che sia ben chiaro che «dal momento che il corpo umano non è un sistema strettamente compartimentalizzato, esiste motivo di seria preoccupazione per ogni vaccino genetico, attuale o futuro, che induca le cellule umane a sintetizzare proteine riconosciute dall’organismo come estranee».
Infatti, «nei casi in cui le cellule dei tessuti hanno scarsa capacità rigenerativa, la reazione immunitaria può portare alla perdita di cellule che può a sua volta determinare un danno irreversibile con prognosi potenzialmente fatale».
La raccomandazione conclusiva è che la somministrazione di vaccini genetici contro il Covid-19 dovrebbe essere «interrotta fino a quando non saranno eseguiti accurati studi farmacocinetici, farmacodinamici e genotossici».






