2021-11-07
Il maxi studio rivela che le ondate di Covid sono indipendenti dal tasso di vaccinati
Luminare di Harvard scopre che i Paesi (Italia inclusa) con più inoculati non hanno sempre meno casi: «Strategia da rivedere».Un articolo pubblicato a fine settembre e aggiornato una settimana fa sull'European Journal of epidemiology, rivista peer reviewed dedicata a tutti i campi della ricerca epidemiologica e ai metodi statistici, riportava un titolo significativo: Gli aumenti di Covid-19 non sono correlati ai livelli di vaccinazione in 68 Paesi e 2.947 contee negli Stati Uniti. A firmare il testo era il professor Sv «Subu» Subramanian, docente di salute della popolazione del dipartimento di scienze sociali e comportamentali dell'Università di Harvard, che dichiara di aver voluto indagare «la relazione tra la percentuale di popolazione completamente vaccinata e i nuovi casi», per verificare se davvero l'aumento di positivi al Covid era significativo in aree con pochi immunizzati. I dati di cui il docente e il suo team si sono serviti erano quelli forniti da Ourworldindata, sito di pubblicazione scientifica, e quelli del team Covid-19 della Casa Bianca per l'analisi a livello di contea negli Stati Uniti. Dall'indagine emerge che «Paesi con una percentuale più elevata di popolazione completamente vaccinata hanno casi» di coronavirus «più elevati per milione di persone», soprattutto Israele (6.224) con oltre il 60% della popolazione completamente vaccinata alla data della pubblicazione della ricerca. Anche Islanda e Portogallo, con oltre il 75% della loro popolazione che ha ricevuto la doppia dose hanno più casi di per milione di persone (rispettivamente 1.202 e 1.088) rispetto a Paesi come Vietnam e Sudafrica, che hanno circa il 10% della loro popolazione completamente vaccinata ma sono al di sotto dei mille casi, con 820 o 869 positivi per milione di abitanti. Non va meglio nelle contee americane di Chattahoochee (Georgia), McKinley (Nuovo Messico) e Arecibo (Porto Rico), dove oltre il 90% della popolazione è completamente vaccinata eppure tutte e tre sono classificate come ad alta trasmissione di contagi. Al contrario, nelle 57 contee dove secondo i Cdc, i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie, il virus ha un impatto «basso», la percentuale di popolazione che ha fatto entrambe le dosi di anti Covid è inferiore al 20%. In base a questi dati, l'autore dello studio osserva che puntare unicamente sulla vaccinazione «come strategia primaria per mitigare il Covid-19 e le sue conseguenze avverse», non è stata la scelta giusta. L'approccio, sostiene, «deve essere riesaminato, soprattutto considerando la variante Delta e la probabilità di varianti future». Aggiunge che, oltre ad aumentare la percentuale di vaccinati, è necessario mettere in atto altri interventi farmacologici e non farmacologici: «Tale correzione di rotta, in particolare per quanto riguarda la narrativa politica, diventa fondamentale con le prove scientifiche emergenti sull'efficacia dei vaccini nel mondo reale», ovvero sulla perdita di protezione che offrono dopo pochi mesi dalla seconda inoculazione. Subramanian cita un rapporto pubblicato dal ministero della Salute in Israele, secondo il quale l'efficacia di due dosi del vaccino Pfizer-Biontech contro la prevenzione dell'infezione da Covid è del 39%, «sostanzialmente inferiore rispetto allo studio» supportato dalle due case farmaceutiche, che riferiva un profilo di sicurezza favorevole e altamente efficace anche dopo sei mesi. L'autore sottolinea il problema perdita di protezione da vaccino, il sostanziale declino dell'immunità da vaccini a mRna e fa presente che sebbene le vaccinazioni offrano protezione contro il ricovero in gravi condizioni e la morte, «tra gennaio e maggio 2021 i Cdc hanno riportato un aumento dallo 0,01 al 9% nei tassi di ricoveri e dallo 0 al 15,1% nei decessi tra i completamente vaccinati». Nonostante le evidenze, a metà ottobre Pfizer ha aggiornato le sue informazioni su Comirnaty dove afferma: «Le persone che hanno ricevuto entrambe le dosi del vaccino anti Covid-19, sono per lo più immuni. Ciò significa che sono protette contro il virus». Precisa che «sono necessarie due dosi di vaccino per ottenere la protezione ottimale». Non parliamo poi dell'Organizzazione mondiale della sanità. Ha lanciato l'allarme Europa «epicentro della quarta ondata di contagi», sorvolando sul fatto che la Ue è il continente più vaccinato, dove il 69,2% della popolazione ha almeno una dose inoculata e il 65,5% ha completato il ciclo. Se per l'Oms la nostra vecchia Europa ha il più alto tasso di contagi, forse qualche cosa non torna nella lotta al Covid. Con mezzo mondo ancora in difficoltà con la prima dose e Paesi come il nostro che vuole distribuire a tutti il richiamo, che dura poco, l'emergenza sembra una condizione obbligata.L'ultima nota dell'esperto di salute della popolazione sembra fatta apposta per l'Italia, che senza aver reso obbligatorio il vaccino anti Covid l'ha di fatto imposto subordinando il diritto al lavoro, allo studio, ad avere una vita sociale al possesso della certificazione verde. «Anche se dovrebbero essere compiuti sforzi per incoraggiare le popolazioni a vaccinarsi, ciò dovrebbe essere fatto con umiltà e rispetto», scrive il professore di Harvard. «Stigmatizzare le popolazioni può fare più male che bene». Ricorda l'importanza di mantenere misure di prevenzione dei contagi come distanza di sicurezza e lavaggio frequente delle mani, auspica «test più frequenti e meno costosi», ma si dice convinto che dobbiamo imparare a convivere in maniera equilibrata con il Covid «così come continuiamo a vivere un secolo dopo il virus dell'influenza del 1918 e le sue continue mutazioni».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)