La sospensione decisa dagli Usa dopo sei casi sospetti ferma 184.000 dosi a Pratica di Mare. Roberto Speranza tranquillizza: «Prodotto che va utilizzato». Nicola Magrini (Agenzia del farmaco) aumenta il caos proponendo di darlo agli ultrasessantenni, come Astrazeneca.
La sospensione decisa dagli Usa dopo sei casi sospetti ferma 184.000 dosi a Pratica di Mare. Roberto Speranza tranquillizza: «Prodotto che va utilizzato». Nicola Magrini (Agenzia del farmaco) aumenta il caos proponendo di darlo agli ultrasessantenni, come Astrazeneca.Nemmeno il tempo di festeggiare l'arrivo all'hub di Pratica di Mare delle prime 184.000 dosi che il vaccino Janssen della Johnson&Johnson è già in pausa. Bloccato. Ad accendere il semaforo rosso stavolta è stata la Fda, l'Agenzia del farmaco americana, che insieme ai Centers for disease control ha sospeso l'utilizzo del vaccino nei siti federali sollecitando gli Stati a fare altrettanto in attesa dei risultati delle indagini su problemi di sicurezza. La decisione è stata presa dopo che sei persone (una deceduta, e una in condizioni critiche) negli Usa hanno sviluppato coaguli di sangue a circa due settimane dalla vaccinazione.Finora sono 6,85 milioni le dosi di Janssen somministrate negli Usa. I casi osservati, meno di uno su un milione, sono «estremamente rari» e «la sospensione sarà probabilmente una questione di giorni», hanno riferito il Cdc e l'Fda, che ha però preferito procedere con massima cautela, anche alla luce di quanto osservato con Astrazeneca (che peraltro utilizza la stessa piattaforma a vettore virale, così come Sputnik). Dal canto suo, J&J ha assicurato che «la sicurezza e il benessere delle persone che utilizzano i nostri prodotti sono la nostra massima priorità», si legge in una nota della multinazionale americana. «Stiamo esaminando questi casi con le autorità sanitarie europee. Abbiamo preso la decisione di ritardare proattivamente il lancio del nostro vaccino in Europa. Stiamo lavorando a stretto contatto con esperti medici e autorità sanitarie, e favoriamo fermamente una comunicazione aperta di queste informazioni agli operatori sanitari e al pubblico», viene assicurato. Consigliando alle persone «che hanno ricevuto il nostro vaccino e che sviluppano un forte mal di testa, dolore addominale, dolore alle gambe o respiro corto entro tre settimane dalla vaccinazione di contattare il proprio medico».Lo scorso 9 aprile l'Ema ha avviato una revisione per valutare le segnalazioni di eventi tromboembolici in quanti hanno ricevuto il vaccino anti Covid Janssen. Che attualmente è utilizzato solo negli Usa, con un'autorizzazione all'uso di emergenza. Nell'Ue è stato autorizzato l'11 marzo, ma non viene ancora inoculato. Il comitato per la sicurezza dell'Agenzia europea dei medicinali sta indagando «dalla scorsa settimana» su tutte le segnalazioni di eventi embolici nelle persone che hanno ricevuto il vaccino, viene spiegato in comunicato. «Al momento», prosegue l'Ema, «non è chiaro se esista un'associazione causale». L'Agenzia è in contatto con l'Fda e altri regolatori internazionali e «comunicherà ulteriormente una volta conclusa la valutazione».La distribuzione, però, è intanto partita con l'arrivo del primo lotto anche in Italia dove il vaccino J&J è stato approvato dall'Aifa il 12 marzo per tutti gli over 18. Che succederà adesso con le 184.000 dosi ferme a Pratica di Mare? Non verranno distribuite né somministrate, sarebbe stato deciso ieri nel corso di una riunione tra il ministero della Salute e la nostra Agenzia nazionale del farmaco. «Abbiamo fatto una riunione con Aifa e scienziati, siamo in contatto con Ema e valuteremo nei prossimi giorni appena Ema e Usa daranno informazioni definitive, ma penso che anche questo vaccino dovrà essere usato, perché è importante», ha spiegato il ministro della Salute, Roberto Speranza, a Porta a Porta. E sempre da Vespa, il direttore generale dell'Aifa, Nicola Magrini, ha accennato all'ipotesi di dare il vaccino Janssen «agli over 60». In ogni caso, le fiale rimarranno «stoccate» nei container del freddo in attesa delle verifiche sui rari eventi avversi segnalati. «Nei nostri container le dosi possono essere conservate fino a due anni, c'è tutto il tempo per gli accertamenti del caso e poi procedere», ha spiegato Stefano Sbaccanti, della struttura commissariale per l'emergenza Covid. La squadra guidata da Francesco Paolo Figliuolo, però, assicura che la campagna vaccinale procederà come previsto sottolineando che le fiale J&J sono solo una piccola parte e che ci sono altri vaccini - 4 milioni di dosi tra Pfizer, Moderna e Astrazeneca - che saranno consegnati tra il 15 e il 22 aprile alle strutture sanitarie di tutte le Regioni. Nel piano nazionale presentato un mese fa dal commissario Figliuolo è previsto l'arrivo di 26,57 milioni di dosi di Johnson&Johnsonin Italia entro la fine di quest'anno (7,31 milioni di dosi nel secondo trimestre, appena iniziato, 15,94 milioni nel terzo e 3,32 milioni nel quarto trimestre 2021). L'impatto sulla campagna dipenderà da quanto durerà lo stop. Se si tratta di qualche giorno, come sembra, di settimane o di un mese. Di certo, quelle Regioni che speravano di poter usare il monodose Janssen per le zone periferiche come le isole, o per categorie particolari (come i detenuti, come vuole fare il Lazio) dovranno cambiare i loro piani. «Gli sviluppi odierni sono sotto stretto monitoraggio da parte di Ema», ha scritto in un tweet la commissaria Ue alla Salute, Stella Kyriakides, «con una linea aperta con gli altri enti regolatori internazionali». Il blocco mette dunque in stand by l'Italia e l'Europa, ma non gli Usa. Che possono contare sul resto dell'imponente arsenale interno di vaccini. «La pausa a J&J non avrà un impatto significativo sul nostro piano di somministrazioni», gli Stati Uniti «hanno sufficienti disponibilità per mantenere l'attuale velocità», hanno detto ieri dalla Casa Bianca, assicurando che agli americani che si erano prenotati per il vaccino Johnson&Johnson sarà offerta un'alternativa. E sottolineando anche che gli accordi siglati con Pfizer e Moderna coprono 300 milioni di cittadini. Se l'America può dunque permettersi una pausa, l'Europa deve invece stare molto attenta a non ripetere gli stessi errori commessi con Astrazeneca.
Lunghe code per il rifornimento di carburante a Bamako (Ansa)
I miliziani circondano la capitale. Per gli 007 francesi, puntano a istituire il primo califfato africano. Gruppo Wagner pronto alla fuga. Giustiziata in piazza una tiktoker.
Il Mali potrebbe essere la prima nazione africana a finire nelle mani dei jihadisti. Il gruppo affiliato ad al Qaeda Jama’at Nusrat al-Islam al-Muslimin (Jnim) da settimane ha intrappolato la capitale Bamako in una morsa, bloccando l’arrivo di carburante e generi di prima necessità. Le colonne di camion che riforniscono la capitale maliana vengono continuamente attaccate e date alle fiamme, nonostante che le FaMa ( Forze armate maliane) scortino i convogli nel tentativo di forzare il blocco, assistiti dagli uomini dell’ex Wagner Group, oggi Afrika Corps, che non sono riusciti ad arginare l’avanzata dei jihadisti.
Angelo Morbelli, la Stazione Centrale di Milano (1887)
Dalle prime strade ferrate alle sfide future: al Vittoriano e a Palazzo Venezia Gruppo Fs e VIVE hanno presentato la mostra «Le ferrovie d’Italia (1861-2025). dall’Unità nazionale alle sfide del futuro». Dal 7 novembre 2025 all'11 gennaio 2026.
L'articolo contiene un video e una gallery fotografica.
Un viaggio lungo oltre un secolo, tra binari e trasformazioni sociali, innovazioni tecnologiche e grandi sfide del Paese: è questo il racconto al centro della mostra Le ferrovie d’Italia (1861-2025). Dall’unità nazionale alle sfide del futuro, promossa e organizzata da VIVE – Vittoriano e Palazzo Venezia e dal Gruppo FS Italiane, nella Sala Zanardelli del Vittoriano e nel Giardino grande di Palazzo Venezia.
La mostra, aperta da domani, venerdì 7 novembre, al prossimo 11 gennaio, è stata presentata oggi dalla sua curatrice Edith Gabrielli, Direttrice Generale del VIVE, e da Tommaso Tanzilli, Presidente del Gruppo FS.
“Ma più di ogni altra riforma amministrativa, la realizzazione delle ferrovie contribuirà a consolidare la conquista dell’indipendenza nazionale”: con queste parole Camillo Benso, conte di Cavour, già negli anni Quaranta dell’Ottocento individuò il ruolo delle ferrovie nel percorso del Risorgimento e nella costruzione dell’Italia moderna, una nazione giovane, unita e libera.
La storia dell’unità nazionale e la storia delle ferrovie risultano pressoché inseparabili: i binari hanno reso concreta la geografia politica italiana, collegando territori divisi da secoli, favorito scambi economici e culturali, ridotto distanze, creato opportunità di lavoro e di mobilità sociale. I treni e le stazioni hanno anche contribuito a plasmare una nuova identità collettiva, fatta di viaggi, incontri, pendolarismi, emigrazioni, ritorni. In questo processo ormai ultrasecolare, le ferrovie sono state fonte d’ispirazione per letterati e artisti, diventando metafora potente della modernità, della velocità e del progresso, talvolta anche delle loro innegabili contraddizioni.
Il Vittoriano, concepito nel 1878, all’indomani della scomparsa di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e cuore simbolico della Nazione, costituisce il luogo ideale per accogliere la visione di Cavour e tradurla in un racconto espositivo. Gestito dal VIVE - Vittoriano e Palazzo Venezia, istituto autonomo del Ministero della Cultura, il Vittoriano è luogo di arte, di memoria e insieme uno spazio vivo, dove riflettere sul processo risorgimentale e sui valori fondativi della nazione: libertà della patria e unità dei cittadini, ora in un contesto democratico ed europeo.
L’iniziativa si inserisce nelle celebrazioni per i 120 anni dalla fondazione delle Ferrovie dello Stato, avvenuta nel 1905. Da allora, le FS hanno accompagnato ogni fase cruciale della storia italiana, dalla ricostruzione postbellica al boom economico, fino all’Alta Velocità e alla transizione digitale di oggi.
Il Gruppo FS è una realtà industriale che oggi conta oltre 96.000 dipendenti, opera nei settori del trasporto ferroviario, stradale, della logistica, delle infrastrutture, della rigenerazione urbana e dei servizi tecnologici. Porta avanti una fase di profonda trasformazione con un investimento previsto superiore a 100 miliardi di euro in cinque anni, finalizzato a rafforzare la resilienza delle infrastrutture ferroviarie e stradali, migliorare la qualità del servizio, completare opere strategiche e promuovere una mobilità sempre più sostenibile e intermodale.
La storia delle ferrovie italiane si articola in quattro sezioni cronologiche, una sezione immersiva e infine una sezione didattico-dimostrativa. La prima sezione, dal 1861 al 1904, racconta la difficile trasformazione delle prime reti regionali in un sistema effettivamente nazionale. La seconda sezione, dal 1905 al 1944, affronta l’età della gestione statale, con la fondazione di FS, delle innovazioni tecniche, dell’uso politico e militare della ferrovia, fino al regime fascista e alla Seconda guerra mondiale. La terza sezione, dal 1945 al 1984, vede al centro la ricostruzione postbellica, il boom economico e il ruolo dei treni nelle grandi migrazioni interne e nel pendolarismo quotidiano. La quarta sezione, dal 1985 a oggi, verte sull’Alta Velocità, la digitalizzazione e le sfide della sostenibilità, aprendo uno sguardo al futuro. La sezione immersiva, posta sempre nella Sala Zanardelli, consente attraverso la più avanzata tecnologia digitale di fruire del racconto anche in termini emotivi e multisensoriali. La sezione didattico-dimostrativa si trova nel Giardino grande di Palazzo Venezia: due monumentali riproduzioni in scala permettono di apprezzare le qualità estetiche del Settebello e dell’Arlecchino, icone del design italiano del dopoguerra.
La mostra, che parte da un impianto storico rigoroso, affronta il tema con un accentuato carattere interdisciplinare. Quattro in ogni sezione gli assi principali di lettura, che si concretizzano in altrettanti pannelli informativi. Questi assi mettono in luce l’impatto delle ferrovie e, insieme, la loro capacità di trasformazione. Oltre che mezzo di trasporto, il treno era ed è un dispositivo capace di mutare la percezione del tempo, ridefinire il concetto di distanza e ispirare nuove visioni del lavoro, dell’identità e della comunità.
Il primo asse di lettura verte sulla storia delle ferrovie in Italia, dello sviluppo della rete e dei mezzi, delle competenze tecniche e ingegneristiche, delle scelte organizzative e gestionali. Lo sguardo si muove dalla prima rete nazionale all’introduzione dell’Alta Velocità fino ai cantieri attuali finanziati con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Il secondo asse di lettura ha a che fare con l’identità, le istituzioni, la politica e l’economia, indagando le motivazioni, le strategie e gli effetti delle scelte attuate in relazione alle ferrovie in questi ambiti. L’infrastruttura ne emerge come strumento di unificazione, di modernizzazione e di governo del territorio, oltre che come fattore decisivo nello sviluppo produttivo ma anche misura delle contraddizioni del Paese, a cominciare dalla divaricazione tra campagna e città e tra Nord e Sud.
Il terzo asse di lettura affronta il tema in rapporto alla sfera sociale e antropologica, restituendo l’impatto delle ferrovie sulla vita quotidiana, sul lavoro e sul costume, la nascita di nuove professioni e la trasformazione dei ritmi e delle percezioni collettive: dall’apparizione di una nuova figura come quella del ferroviere fino al recente mutamento del concetto di distanza e all’avvento del pendolarismo di lungo raggio con l’introduzione dell’Alta Velocità.
Il quarto e ultimo asse della mostra indaga l’interpretazione delle ferrovie nelle arti, nella pittura, nella fotografia, nel cinema, nella poesia e nella letteratura. Gli artisti, prima e meglio di altri, hanno saputo cogliere la complessità del fenomeno, restituendone tanto la forza innovatrice quanto le ombre, le alienazioni e le contraddizioni: nelle loro opere il treno diventa simbolo della modernità e specchio delle sue ambivalenze, immagine di progresso e di perdita, di velocità e di lontananza, talvolta luogo di sperimentazione creativa o addirittura metafora esistenziale.
L’esposizione è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, con approfondimento e un completo apparato illustrativo di tutte le opere in mostra, e con testi a cura di Edith Gabrielli (Direttrice VIVE e curatrice della Mostra) e del Comitato scientifico formato dal prof. Francesco Benigno (Scuola Normale Superiore, Pisa), dal prof. Lorenzo Canova (Università degli Studi del Molise), dal prof. Andrea Giuntini (già Università degli Studi di Modena e Reggio) e dal prof. Stefano Maggi (Università degli Studi di Siena).
Per tutta la durata dell’esposizione il team didattico del VIVE propone un ricco programma di attività rivolte a bambini, famiglie, utenti con esigenze specifiche, scuole di ogni ordine e grado.
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Valeriy Zaluzhny (Ansa)
Gli investigatori tedeschi: dietro il raid su Nord Stream c’è Zaluzhny, già capo dell’esercito, ora ambasciatore in Uk. Il presunto sabotatore detenuto in Italia proclama lo sciopero della fame: «Violati i miei dritti umani».
Era il segreto di Pulcinella. Adesso lo ha svelato il Wall Street Journal, citando fonti della polizia e della Procura tedesche: a guidare l’attacco ai gasdotti Nord Stream nel Baltico, il 26 settembre 2022, sarebbe stato l’allora capo delle forze armate ucraine, il generale Valeriy Zaluzhny, oggi ambasciatore nel Regno Unito. Gli investigatori hanno indagato sulle società di noleggio delle barche coinvolte nel blitz, su telefoni e targhe, arrivando a emettere mandati d’arresto per tre soldati di un’unità speciale di Kiev e per quattro sommozzatori veterani.
Cristiano d'Arena (foto da Facebook)
È Cristiano D’Arena l’ultimo nome finito nell’inchiesta di Brescia: avrebbe venduto a Venditti e Mazza vetture a prezzi bassi in cambio di accordi per favorire un’altra sua società monopolista nel settore delle intercettazioni.
Il supporto tecnico per le intercettazioni, le auto in leasing per la Procura e il ristorante che era diventato il punto di ritrovo della «Squadretta» di investigatori che lavoravano a stretto contatto con l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, e con il sostituto Paolo Pietro Mazza (ora in servizio a Milano). Nell’inchiesta bresciana sulla presunta corruzione dei due magistrati ricorrono i nomi delle società del gruppo imprenditoriale riconducibile a Cristiano D’Arena, titolare della Esitel, monopolista, per molti anni, delle intercettazioni per la Procura di Pavia (comprese quelle del fascicolo del 2017 su Andrea Sempio per il delitto di Garlasco), alla guida della Cr Service che aveva fornito le vetture per le indagini e ospitale gestore del ristorante.














