2020-07-04
Stavolta l’eurofregatura è «green». All’Ilva zero finanziamenti ecologici
Ilva (Antonio Balasco/KONTROLAB/LightRocket via Getty Images)
L'accordo al Parlamento Ue sul fondo Jt penalizza l'Italia: sborseremo mezzo miliardo per sovvenzionare la riconversione verde dell'automotive tedesco. Fuori dal pacchetto di agevolazioni anche il gas naturale.Come finanziare la transizione ecologica tedesca con il denaro dei contribuenti europei? Come fare in modo che l'Italia debba sborsare più di mezzo miliardo di euro, senza ottenere indietro praticamente nulla? Come escludere l'Ilva da qualunque beneficio? Come penalizzare o comunque condizionare pesantemente l'accesso ai benefici europei delle attività connesse all'impiego del gas naturale (un nome a caso: Snam)?Elementare, Watson. Il colpaccio potrebbe riuscire agli eurolirici (nel loro ultimo e più riuscito travestimento: quello da eurogretini) già a partire da dopodomani, lunedì, quando entrerà nel vivo all'Europarlamento la discussione sulla proposta di «compromesso» sul cosiddetto Jtf, acronimo che sta per Just transition fund. Di che si tratta? Del pacchetto di interventi «per supportare i popoli, le economie e l'ambiente dei territori che affrontano serie sfide socio-economiche derivanti dai processi di transizione verso gli obiettivi Ue 2030 su energia e clima». Insomma, un sacco di soldi e di agevolazioni: secondo gli ottimisti, una potente iniezione di risorse di cui potranno beneficiare imprese e territori per realizzare la transizione energetica senza deprimere l'economia; secondo i pessimisti, o anche solo per i realisti non accecati dal verbo di Greta Thunberg e dalle furbizie di chi usa la ragazza svedese per condurre una aggressiva politica di riassetto geoeconomico dell'Ue, un doping in grado di alterare le prestazioni di alcuni e di sfavorire chi invece sarà costretto a correre senza aiuti.La notizia è che la maggioranza dei gruppi di sinistra e centristi (Socialisti e democratici, Verdi, Sinistra unitaria europea, Renew Europe), al momento con il supporto del Ppe, quindi l'intero fronte euroentusiasta, ha cucinato un'intesa devastante per l'Italia.Tanto per cominciare, la costruzione normativa pare ritagliata su misura per escludere l'Ilva, forse l'unico grande soggetto italiano che poteva sperare di ricevere qualcosa. E invece? Gli occhiuti sarti di Bruxelles hanno usato le forbici per tagliar fuori le imprese in difficoltà, salvando solo quelle finite nei guai dopo il 15 febbraio 2020 a causa dell'emergenza Covid. Morale: l'Ilva sembra tagliata fuori. Ma non basta: saranno escluse da questo programma tutte le imprese in crisi, a meno che (a parte l'ipotesi di una crisi indotta dall'emergenza coronavirus) le difficoltà non derivino dal «processo di transizione energetica». Pensando al tessuto produttivo italiano, alle Pmi, o alle nostre realtà protagoniste nell'export, è evidente che nessuno toccherà palla. E non finisce qui. Si poteva almeno sperare che rientrassero nel nuovo ombrello europeo gli investimenti sul gas naturale. E invece? Qui il taglia e cuci europeo ha imposto condizioni stringenti, e soprattutto ha ristretto il campo a regioni «pesantemente dipendenti dall'estrazione e dalla combustione di carbone, lignite, scisto o torba». Tutte cose che riguardano in primo luogo la Germania e in subordine la Polonia. Morale: posto che la transizione energetica sia un obiettivo desiderabile, qualcuno (Italia) se la dovrà finanziare da sé, mentre qualcun altro se la troverà finanziata dai contribuenti europei. Con in più il doping di un potente vantaggio competitivo garantito ad alcuni territori, imprese, settori, a scapito di altri. La domanda nasce spontanea: e i nostri eurodeputati? Questo sarebbe uno dei classici casi in cui, prim'ancora di vestire la divisa di un certo gruppo politico, occorrerebbe indossare la maglia azzurra della Nazionale, ed evitare che l'Italia sia così evidentemente penalizzata. La prima a denunciare con forza questo rischio è stata l'europarlamentare leghista Francesca Donato: «La proposta di Jtf segna ancora una volta la supremazia dei Paesi del Centro Europa e dell'ideologia ambientalista estremista. La promessa di Ursula von der Leyen, “nessuno sarà lasciato indietro", resta uno slogan smentito dai fatti: l'Ue si rivela sottomessa alla green religion per aiutare le multinazionali dell'automotive - guarda caso in prima linea tedesche - che investono nei motori elettrici».E gli altri? Accetteranno in silenzio la linea anti italiana che sembra accomunare sinistre, Ppe e macronisti? O si dissoceranno in nome dell'interesse nazionale? Domanda interessante: anche perché servono a poco i comizi in patria e le comparsate in tv, se poi, quando ci si trasferisce a Bruxelles e a Strasburgo, si preferisce il «signorsì» ai gruppi di appartenenza. Né appare convincente il modo in cui mette le mani avanti l'eurodeputato Pd Andrea Cozzolino, che sembra già pronto a difendere il compromesso: «Il Just transition non è un fondo per salvare le imprese, il suo scopo è quello di promuovere la diversificazione economica e la tutela dell'occupazione dei territori maggiormente colpiti dal processo di transizione ecologica». Cozzolino parla di «fake news» su Taranto e la Puglia, ma resta nel vago (mentre i testi che circolano informalmente sono purtroppo piuttosto chiari), e aggiunge, come premio di consolazione, il fatto che il processo legislativo sarà ancora impegnativo e lungo. Sarà: ma la partita è iniziata malissimo, e negare l'evidenza non aiuterà a raddrizzarne l'esito.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 17 settembre 2025. Il nostro Giorgio Gandola commenta le trattative nel centrodestra per la candidatura a presidente in Veneto, Campania e Puglia.