2024-03-23
La stampa faziosa pure sulle foto: incensa Macron, stronca la Meloni
I giornali di sinistra dedicano un peana alla posatissima foto del presidente francese in versione boxeur, mentre attaccano il premier semplicemente perché si è coperta il viso con la giacca, in un gesto spontaneo.Due foto, due misure. Se, per dire, il presidente francese Emmanuel Macron si mette in posa da macho in versione boxeur è sicuramente una persona «très chic», un uomo che «combatte i barbari», «forte e integerrimo», con la «virilità di un leader» ma sempre «elegante» anche quando è sudato. Se, invece, la premier italiana Giorgia Meloni viene colta in un momento spontaneo in cui, ironicamente, nasconde il volto sotto la giacca, è una donna che fa le «mossette» per nascondere «disagio» e «insicurezza», un «capocomico» di uno show «grottesco» e «sguaiato», tanto da ricordare la scimmietta di Trilussa che «guardò er soffitto e se grattò la panza». Macron ha «una postura adatta ai tempi». Giorgia Meloni invece è «priva di postura istituzionale». In Macron si nota «qualcosa di letterario e di universale». In Giorgia Meloni, invece, si nota solo la «smorfiosaggine». Macron appare sempre «virile con stile». Giorgia Meloni resta la «regina di Coattonia». Macron fa il «manifesto dell’uomo cinquantenne», Giorgia Meloni al massimo fa lo «stereotipo dell’Italietta» quella che parla il «romanesco con la pronuncia strascicata dell’italiano sfatto».Ai due pesi, due misure ci eravamo abituati da un pezzo. In queste ora abbiamo visto la nuova versione del gioco di società preferito da commentatori e intellettuali chic: si chiama due foto, due misure. Ci sono due foto che fanno discutere. E vengono giudicate con due misure diverse. Anzi, esattamente opposte. Il Macron boxeur suscita paginate di dotte riflessioni, alate analisi, girotondi intorno al «messaggio potente di comunicazione», entusiastici commenti («picchia Emmanuel picchia») e accelerate santificazioni (si parla addirittura di «pugni benedetti»). Giorgia Meloni che si nasconde sotto la giacca viene sbertucciata a reti quasi unificate, con i commentatori che tornano ad attingere a piene mani nel repertorio classico (la destra poco istituzionale, Berlusconi, le corna e le barzellette), attaccando l’«astuccio rosa a forma di maialino» che la premier «estrae dalla borsa in pieno dibattito parlamentare» (ma come si permette? Estrarre l’astuccio? A forma di maialino? E pure rosa poi?). E usando la prima pagina del Wall Street Journal, piuttosto asettico per la verità nel riportare la foto, come se fosse invece una vergogna planetaria. «Non serve la testa per arrivare sul Wsj», attacca Beppe Severgnini. E come dargli torto? Non serve la testa per arrivare sui giornali internazionali. È una vita che lui ce lo dimostra.Due pesi, due foto. E la cosa singolare è che quella che viene assolta, e anzi celebrata, è l’immagine costruita, quella che trasuda propaganda da ogni pixel, la messa in scena, l’autoreclame da regimetto, roba che ricorda il Duce a cavallo o il Duce nei campi di grano. Mentre invece quella che viene condannata e biasimata è una foto spontanea, lo scatto che immortala un momento, un gesto che può piacere o non piacere, può risultare simpatico oppure no, ma che non è sicuramente studiato. Che non fa parte di alcuna opera di propaganda né di comunicazione. Eppure il furore ideologico è tale che dopo anni di battaglie contro le fake news si manda al rogo l’immagine vera (quella di Giorgia Meloni) e si santifica l’immagine falsa (quella di Macron). Falsa non solo perché è stata evidentemente costruita. Ma falsa anche perché è stata evidentemente taroccata. Il bicipite appare troppo gonfio e il confronto con le foto reali del presidente francese sbugiardano impietosamente l’opera propagandistica. Ma niente, i cantori l’assolvono lo stesso. L’assolvono a priori. L’assolvono per dogma di fede. «Pare non sia stata ritoccata», assicura per esempio Saverio Raimondo sul Foglio. In nome del padre del figlio e della santa ciliegia.Ma sì, è una specie di messa cantata quella che viene celebrata sul Foglio per il Macron pugile. «Libera boxe in libero Stato», proclama Alberto Mattioli, eccitandosi per la «testosteronica combattività» che ribadisce «la virilità di un leader». «Con queste foto Macron le ha conquistate tutte, le mamme, le nonne, le ragazze», s’entusiasma Valeria Montebello. Gaia Manzini, invece, s’interroga pensosa su «cosa vuol dirci Macron che parla con le metafore». E poi arriva alla conclusione: «Sta parlando di sé, qualcuno di cui fidarsi, qualcuno in cui l’eroe interiore di ognuno di noi possa identificarsi». Ovvio, no? Chi è che non si identifica nei «pugni benedetti», nella «testosteronica combattività», nel «bianco e nero curatissimo e très chic», nel «momento quasi catartico» e nella «ricerca dell’uomo forte»? Abbiamo già indossato i guantoni pure noi. Per non essere da meno. Mentre dall’altro lato quanta debolezza salta fuori dalla «fisiognomica» di Giorgia Meloni, la «ragazzaccia che mima lo statista», quella che simboleggia la «goffaggine politica dell’Italia che albertosordescamente sbraca». Francesco Merlo su Repubblica, oltre l’Albertone, scomoda in poche righe Paolo Bonolis, Enzo Iacchetti, Banksy, Walter Benjamin, Tullio De Mauro, Totò, Petrolini, Trilussa e la scimmietta di Trilussa. Tutto questo popo’ di citazioni per dire che Giorgia Meloni si riduce alle sue smorfie. Si capisce: fra gli intellettuali chic, messa in soffitta per un attimo l’accusa di fascismo, dilaga l’accusa di smorfismo. Da faccetta nera a faccetta buffa, il pericolo per la patria resta grave.Ora provate a immaginare per un attimo, ma solo per un attimo, se fosse successo l’opposto. Immaginate se Giorgia Meloni avesse chiamato un fotografo di corte per posare mostrando i muscoli, in posizione da boxeur ed Emmanuel Macron fosse stato sorpreso divertito e divertente, durante un lungo dibattito parlamentare, mentre fa ironia su sé stesso. Lo so che entrambe le cose sono improbabili, ma provate a immaginarlo. Perfetto: ora provate a immaginare i commenti, gli intellettuali, i merli e i merluzzi, le ciliegie e le ciliegine, come avrebbero commentato. Ci siete: ecco dimostrato il nuovo teorema. Due foto, due misure. O meglio due misure, due facce. E poi, attorno, le solite tantissime facce di tolla.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.