2024-12-24
        Stadio in estasi al gol di Mussolini. La sinistra crocifigge la Juve Stabia
    
 Floriani Mussolini (Ansa)
Il pronipote del Duce sigla la rete della vittoria contro il Cesena e proietta i campani al quarto posto in Serie B. Dagli spalti scandiscono (come è normale) il cognome del ragazzo, ma per i progressisti è rigurgito fascista. Vincere e vinceremo! Al minuto 21 di Juve Stabia-Cesena di domenica scorsa, un ragazzone sbuca sul secondo palo a una velocità impressionante e trafigge di testa l’estremo romagnolo per quella che sarà la rete della vittoria. La terza consecutiva, che vale un inatteso quarto posto per gli stabiesi nel campionato di serie B. Romano è al suo primo gol da professionista e corre verso centrocampo inseguito dai compagni, facendo il segno del silenzio a uno stadio che invece esplode di gioia. Intanto lo speaker, come si fa in tutti gli impianti d’Italia, urla il suo nome e i tifosi rispondono con il cognome. Già, ma è un problema, perché il ragazzo, più che un cognome, sulle spalle della maglietta ha stampato un Daspo: Si chiama Floriani Mussolini, con la «F» puntata. Sì, parente. Ed è per questo che è scoppiata la polemica: i tifosi che urlavano «Mussolini», alcuni persino con il braccio alzato, avrebbero fatto apologia del fascismo. Quotidiani di sinistra indignati. Un inviato di un giornalone, che da anni campa sull’avvistamento di fascisti ovunque, straparla sui social di «tempo cupo e fetido». E parte anche una disputa insensata sul doppio cognome scelto dal terzino, che pure sarebbe una conquista delle femministe. Bisognerà mettere mano alla legge Mancino, magari normando meglio i tipi di esultanza ammessi in caso di cognomi «pesanti», oppure arretrare Floriani Mussolini sulla linea della difesa a tre, sperando che non segni più. Il ragazzo è figlio di Alessandra Mussolini, ex parlamentare e nipote del Duce, e di un ex ufficiale della guardia di finanza in pensione. Al compimento della maggiore età Romano, che è cresciuto nella capitale e, calcisticamente, nella Lazio, ha deciso di aggiungere il cognome della mamma. Lo ha potuto fare perché da quattro anni c’è una legge che lo consente ed è una norma che è stata fortemente voluta dalle femministe, anche per combattere simbolicamente il cosiddetto patriarcato. Fra queste femministe, da posizioni di destra, c’è anche sua madre Alessandra. Che se passa il proprio cognome a un figlio fa una cosa bella e di sinistra, ma se il cognome è Mussolini diventa un pasticcio. Paolo Berizzi, di Repubblica, s’indigna su X : «Romano Floriani Mussolini ha scelto di portare sulla maglia della Juve Stabia il cognome della madre e dunque del bisnonno dittatore criminale. Le braccia tese dei tifosi mentre lo speaker scandisce “Mussolini” chiudono il cerchio e raccontano lo spirito di un tempo cupo e fetido». Anche Repubblica e Unità hanno montato la panna su questo non caso, scrivendo che «l’esultanza dei tifosi della Juve Stabia fa discutere» e sottolineando che il giocatore ha scelto di privilegiare il cognome materno, visto che è quello riportato per esteso. E quindi? Dove sta scritto che non potendo mettere due cognomi sulla maglia per motivi di spazio si deve scegliere quello paterno?Anche la storia dell’esultanza «fascista» è decisamente comica e chi ne ha scritto probabilmente non mette piede in uno stadio da anni. Quando i giocatori entrano in campo, e quando segnano, gli speaker fanno un’americanata: li chiamano per nome di battesimo e la folla urla in coro il cognome alzando il braccio destro, o sinistro, o tutti e due, con il pugno chiuso o con il palmo aperto, roteando la sciarpa, o tenendola tesa. Non c’è una regola, è una festa e basta. Dai filmati di domenica a Castellamare, prontamente scandagliati dai segugi del web e dai questurini del politicamente corretto, purtroppo non si vedono bene queste braccia alzate. Non si vede se sono destre e non si vede se le mani sono belle tese. Ma si sentono queste urla spaventose: lo speaker che urla come un invasato «Romano!» e quelli che anziché rispondere «Sacro Impero», scandiscono più volte «Mussolini!». Che i tifosi siano contenti per il gol che li proietta in zona promozione, non è un sospetto che sfiora i commentatori della domenica. Mesi fa, il diretto interessato aveva detto ai giornali: «Ci sarà sempre qualche pregiudizio, la gente parlerà sempre, ma mia madre dice di fregarmene». Se ne fregano? Sono proprio fascisti.Sui social c’è chi parla di spettacolo indecoroso e si sprecano le battute sul fatto che quando Floriani Mussolini tornerà alla casa madre, cioè alla Lazio, allora si che ci sarà da divertirsi in caso di gol. Il nome di Mussolini che riecheggia all’Olimpico farà venire i brividi a molti, in uno stadio dove da anni, prima del calcio d’inizio, liberano un’aquila e lo speaker urla «Per l’onore di Roma…». A questo punto, sarà meglio prevenire. Si può intervenire sulla Legge Mancino, vietando anche l’esultanza per gesta di giocatori che portino un cognome che richiama il fascismo. E se per sfortuna ti chiami Ciano, Bottai o Mussolini, giochi con la maglietta senza scritte, che è anche più bella. Se no, si può fare una lista preventiva di eventuali calciatori che dovranno utilizzare il cognome del genitore «giusto». Per la par condicio, va comunque segnalato che nel Torino gioca un centravanti scozzese che si chiama Ché Adams, in onore di Che Guevara. Visto che la politica deve restare fuori dal calcio, lo chiameremo Giuseppe.
        La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
    
        Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
    
        Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
    
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico. 
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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        Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)