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Speranza ne trova un’altra per rovinarci la vita

Speranza ne trova un’altra per rovinarci la vita
Roberto Speranza (Ansa)

Prendo a caso l'incipit di un articolo di Repubblica di due giorni fa: «Ancora in netto aumento la curva epidemica in Italia. I nuovi casi sono 2.153, mai così tanti dal 6 giugno. […]. I decessi sono 23 (ieri 20), per un totale di 127.831 vittime dall'inizio dell'epidemia». Dopo aver letto queste righe, un lettore che cosa può pensare? Che ci risiamo, ovvero che la pandemia sta rialzando la testa e noi, invece di usarla, stiamo facendo gli stessi errori che abbiamo fatto la scorsa estate.

Poi però il lettore che avesse la pazienza di continuare a scorrere l'articolo pubblicato dal quotidiano della sinistra chic scoprirebbe l'altra faccia della realtà, quella meno allarmante, quella che non giustifica lo stato di perenne allerta e ancor meno autorizza a immaginare che si debba ritornare ai semafori del duo Conte-Speranza, alle chiusure, al permesso di circolazione e così via. Pesco sempre da Repubblica di due giorni fa: «Ancora in discesa i ricoveri, che non risentono della crescita dei contagi: le terapie intensive sono 6 in meno (ieri -1) con 7 ingressi del giorno, e scendono a 151, mentre i ricoveri ordinari sono 20 in meno (ieri -21), 1.108 in tutto». Quindi, se il nostro lettore si fosse fermato al titolo e alle prime righe che impressione avrebbe avuto? Che stessimo per precipitare di nuovo nell'incubo dei contagi a macchia d'olio e, soprattutto, dei decessi a raffica. Invece, nonostante gli allarmi, sebbene qualche vedovo inconsolabile delle conferenze stampa listate a lutto si dia da fare, seppur qualche addolorato speciale in servizio permanente non perda occasione di spargere pessimismo, le cose non sono come appaiono o, per lo meno, come vengono presentate. E per capirlo basta voltare pagina e ritornare a un mese prima, quando i positivi magari erano la metà, ma le vittime quasi il doppio. Per non dire poi delle terapie intensive, che ancora ospitavano 536 pazienti, mentre i ricoverati erano il triplo di quelli che attualmente occupano un posto letto.

Insomma, l'allarme non c'è, gli ospedali non sono sotto pressione e, grazie al cielo, nemmeno i cimiteri. Però non passa giorno che, da Speranza in giù, al ministero della Salute non si inventino qualche cosa per rendere un po' più difficile la vita degli italiani. Ogni pretesto è buono, perfino l'autobus scoperto della Nazionale, che quasi ormai fa più notizia della vittoria a Wembley. Leonardo Bonucci, da eroe che era fino al giorno prima, dopo la sfilata a capote scoperta è diventato un mezzo criminale, una specie di untore in maglia azzurra. Dopo averci rotto le scatole per anni con la trattativa Stato-mafia si è passati alla trattativa Stato-Bonucci. La prima avrebbe liberato i mafiosi dal 41 bis, la seconda libererebbe dal virus Covid-19: in entrambi i casi, un attentato, oltre che agli organi costituzionali, anche a quelli riproduttivi.

Tuttavia, archiviata (almeno si spera) la questione dell'autobus a cielo aperto, ecco spuntare la patente che permette di circolare. Se prima era richiesta la mascherina e poi il tampone, adesso pare diventare obbligatorio esibire il passaporto vaccinale, altrimenti si rischia la libertà condizionata, ovvero si può passeggiare, ma non andare al ristorante, farsi un giro in bicicletta, ma non in treno. In pratica, per accedere a qualsiasi luogo pubblico, serve il certificato verde. L'idea è venuta a quel gran cervellone di Macron e come tutte le pensate estero-vestite, Speranza e compagni l'hanno subito adottata, promettendo di introdurla per accedere a bar, ristoranti, negozi, teatri, treni, autobus e aerei. Già me lo vedo il barista che staziona sulla porta e prima di chiedere se desiderate un espresso o un aperitivo pretende che sguainiate il patentino che attesti l'inoculazione. Immagino anche le hostess trasformate in gendarmi, che oltre al biglietto e alla carta d'identità richiedano il lasciapassare green. E con quelli che per mille ragioni non sono stati vaccinati, perché - come succede - sono stati respinti in quanto considerati a rischio choc anafilattico (ne conosco) o semplicemente perché non è ancora arrivato il loro turno (ce ne sono milioni) che cosa facciamo? Li respingiamo? No pass, no party? E se qualcuno, come sarà probabile, si mette a stampare certificati fasulli con tanto di Qr code (che è quel quadratino con i pixel che si trova ormai ovunque), il cameriere che fa? Non ha un lettore per accertare se il documento è vero o tarocco, dunque? E se un tizio si presenta con il patentino di un altro, il ferroviere prima di farlo salire è tenuto a chiedergli di mostrare un documento d'identità provvisto di fotografia?

Tralascio naturalmente le considerazioni di natura costituzionale (tutti sono uguali davanti alla legge, ma non lo sarebbero davanti al barista, perché ci sarebbero cittadini di serie A vaccinati e di serie B ancora in coda per una dose) e pure quelle in tema di privacy (all'autista di un autobus che manco conosci devi rivelare se sei inoculato o meno), perché su queste si stanno già accapigliando gli esperti. Mi limito al buon senso: fino a ora, prima di imbarcarsi, si facevano file interminabili per passare i controlli, figuratevi se dovesse servire anche il green pass. Nell'ora di punta rischiamo gli assembramenti pure fuori da bar e ristoranti. Per ottenere che cosa? Che i furbi continueranno a fare i furbi e a non vaccinarsi se non vogliono vaccinarsi e chi, come me e come milioni di italiani, non è No vax, ha sempre portato la mascherina e tuttora la porta, si è sottoposto a una cinquantina di tamponi negli ultimi sei mesi e settimane fa è pure stato vaccinato con doppia dose, si metterà in fila. Un grazie a Macron e a quell'altro cervellone di Speranza.

Il volto nascosto del «pacifico architetto»
Mohammad Hannoun (Ansa)
Mohammad Hannoun rifiutava l’accostamento con i terroristi: «Mai lanciato bombe, sono una persona perbene». Negli atti, tuttavia, gli inquirenti hanno documentato un’altra storia: legami solidi con i capi di Hamas ed entusiasmo per gli attentati.

A proposito delle decennali contestazioni di contiguità con il terrorismo di Hamas, con La Verità, due anni fa, l’architetto giordano Mohammad Hannoun si era infastidito: «Tutte le accuse che provengono da Israele non mi fanno né caldo, né freddo perché si tratta di un criminale che accusa una persona civile come me di terrorismo. Io non ho mai lanciato un missile o una bomba, vivo da persona perbene. Il mio compito è smascherare la faccia criminale dell’entità sionista e questo lo farò per sempre». L’ordinanza di custodia cautelare in carcere che lo ha raggiunto ieri racconta, però, tutta un’altra storia. Dietro al professionista (in)sospettabile si nascondeva un militante che conosceva da dentro il mondo di Hamas e lo finanziava a colpi di milioni di euro.

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Tutti gli amici italiani dell’uomo che finanzia i terroristi di Hamas
Laura Boldrini (Ansa)
Ben 7 milioni di euro raccolti nel nostro Paese e consegnati ai tagliagole a opera dell’architetto coccolato da Laura Boldrini, Nicola Fratoianni, Alessandro Di Battista, Francesca Albanese & C. Che ora tacciono imbarazzati. Ma i segnali erano moltissimi: sono loro che non li hanno voluti vedere.

Chissà che fine hanno fatto gli amici di Mohammad Hannoun, quelli che amavano partecipare alle sue manifestazioni e scattarsi selfie al suo fianco. Ieri, dopo l’arresto del presidente dell’associazione dei palestinesi in Italia, ho trascorso ore passando in rassegna le agenzie di stampa alla ricerca di una dichiarazione in favore di colui che, secondo gli inquirenti, era a capo di un’organizzazione che finanziava i terroristi di Hamas. Con la scusa di raccogliere fondi per la popolazione di Gaza, Hannoun e i suoi complici (in totale a finire in manette sono state nove persone) avrebbero dirottato nelle casse del partito armato più di 7 milioni di euro.

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Palestinesi fregati. La gran partedel denaro ricevuto veniva girataagli attentatori
Il presidente della comunità palestinese Mohammad Hannoun (Ansa)

Il 71% dei fondi usato per scopi non umanitari. Dalle intercettazioni emerge un piano chiaro: «Noi ci sacrifichiamo con i soldi, loro col sangue». Ieri sequestrato 1 milione in contanti in case e sedi delle associazioni islamiste.

Sette milioni di euro. È questa la cifra che, camuffata da beneficenza per il popolo palestinese, sarebbe partita dall’Italia per Hamas, l’organizzazione terroristica responsabile della strage del 7 ottobre. Un flusso di denaro che, per gli investigatori della Digos di Genova, del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza e del Nucleo speciale di polizia valutaria (coordinati dalla Procura di Genova e dalla Direzione nazionale Antimafia), avrebbe alimentato direttamente un sistema criminale con finalità di terrorismo internazionale. Tramite tre sigle: l’Associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese, fondata a Genova nel 1994 (dal 2007 avrebbe movimentato 800.000 euro solo per il suo funzionamento); l’Associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese-Organizzazione di volontariato, costituita nel 2003; e la più recente «Associazione benefica La Cupola d’Oro», aperta a Milano, in via Venini, nel dicembre 2023 con l’obiettivo di sostituire le associazioni genovesi, ormai troppo attenzionate.

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Raccolta fondi per il gioielliere condannato perché si è difeso
I carabinierii e la Scientifica sul luogo della rapina alla gioielleria Mario Roggero (nel riquadro) a Grinzane Cavour, Cuneo, 28 aprile 2021 (Ansa)
Società civile ed esponenti politici si muovono per Mario Roggero. I familiari dei ladri uccisi vogliono tre milioni di risarcimento.

Ha reagito all’assalto di una banda di rapinatori e si è beccato una condanna a 14 anni di carcere per duplice omicidio. Ha già versato 300.000 euro ai parenti dei suoi assalitori che adesso, non soddisfatti, pretendono oltre tre milioni di risarcimento. Ha affrontato le spese legali di due processi - con perizie, consulenze e visite mediche - e presto dovrà ricorrere in Cassazione per far valere, in tribunale, il suo diritto a difendersi nella vita reale da una rapina.

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