2021-04-16
Speranza è isolato ma la paura della crisi lo sta tenendo a galla
Pure i media che ignoravano le inchieste registrano l'imbarazzo di Mario Draghi, Enrico Letta e Dario Franceschini. Anche se nessuno lo scarica.Lasciate ogni speranza voi ch'entrate (al governo): il presidente del Consiglio, Mario Draghi, avrebbe dovuto ascoltare con più attenzione le parole di Dante al momento della formazione del suo esecutivo, lasciando fuori il ministro della Salute, Roberto Speranza, anello debole della catena politica che forma la composita maggioranza che lo sostiene. Invece no: Draghi ha ascoltato il Partito democratico e il Movimento 5 stelle, che gli chiedevano di confermare Speranza per non dare l'idea di una bocciatura della strategia del governo giallorosso, quello guidato da Giuseppe Conte, nella lotta al Covid. Così oggi il premier si trova nella imbarazzante situazione di non potersi liberare dell'ingombrante presenza del ministro delle Chiusure, perché Pd e M5s non potrebbero consentire una vittoria politica di Matteo Salvini, che ogni giorno che passa continua la sua battaglia contro Speranza. Draghi non vede l'ora di nominare un nuovo ministro della Salute di sua fiducia: la sua dichiarazione in conferenza stampa, quando disse di aver fiducia in lui, è parsa più che altro una difesa d'ufficio. Ma visto che i fatti contano più delle parole, basta tornare allo scorso 23 marzo per capire come stanno le cose. Sono ore complicate, la campagna delle vaccinazioni stenta a decollare, Draghi convoca a Palazzo Chigi il nuovo commissario per l'emergenza, generale Francesco Paolo Figliuolo, e il nuovo capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, per fare il punto della situazione e mettere a punto le necessarie correzioni. Speranza, a quel vertice così importante, non viene nemmeno invitato. Draghi di lui, è evidente, non si fida e lo tiene alla larga. Che Draghi non veda l'ora di liberarsi di Speranza ormai è molto più che una indiscrezione. Ieri, il sito Dagospia, sempre molto informato sui dietro le quinte del palazzo, ha pubblicato un retroscena molto dettagliato relativo alla sostituzione del ministro della Salute: «Mario Draghi aspetta. Non vuole occuparsi di questa grana», si legge sul sito di Roberto D'Agostino, «finché non ci saranno dati oggettivi (ovvero finché Speranza non sarà indagato). Super Mario non ha una grande simpatia personale per Speranza. Pur non considerandolo colpevole di gravi omissioni, non ha apprezzato le sue reticenze e i suoi silenzi sulla questione del piano pandemico». Domani, quotidiano che sente gli umori di Palazzo Chigi, ieri ha pubblicato un articolo dal titolo più che eloquente: «Draghi lo difende a parole ma ha già archiviato Speranza». Lo stesso giornale ha sparato in prima pagina un altro articolo siluro, intitolato: «Il caso del piano pandemico può travolgere Speranza. I destini del ministro della Salute sono sempre più incerti ora che i pm di Bergamo e i familiari delle vittime hanno ricostruito la catena di inadempienze del ministero sulle difese anti Covid». Bordate contro Speranza anche dalla Stampa, altro giornale certamente non sospettabile di simpatie di centrodestra: «Per il Pd», si legge in un retroscena, «il problema è anche politico: Letta non vuole appiattirsi sulla linea delle chiusure, rilancia parlando di riaperture in sicurezza. Fissa paletti precisi: vaccinazione agli over 60 e un calo sensibile dei contagi, allo stesso tempo tendendo l'orecchio ai commercianti in rivolta. Non è un caso che dopo la decisione di riaprire gli stadi per gli europei perfino Dario Franceschini, da sempre un rigorista», si legge ancora sulla Stampa, «si mostri sensibile alle proteste del mondo dello spettacolo. “Si è incrinato l'asse di ferro tra Dario e Speranza", dicono gli ex renziani del Pd». A proposito di Enrico Letta: l'incontro con Speranza di due giorni fa, con tweet d'ordinanza del segretario dem, è stato sollecitato dal ministro della Salute. La questione è tutta politica: Leu, micropartito di cui Speranza è espressione, riserva indiana degli ex comunisti guidati da Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema, è l'anello di congiunzione dell'alleanza tra Pd e M5s che si prepara ad affrontare un complicatissimo turno elettorale, quello delle elezioni amministrative del prossimo autunno nelle più grandi città italiane. La crisi dei giallorossi dal punto di vista dei consensi è talmente devastante che anche il paio di punticini percentuali di cui dispone Leu può essere importante, e così Letta è costretto a spendersi per il ministro più traballante del governo Draghi. «Speranza», spiega alla Verità un esponente di primo piano del Pd, «avrebbe dovuto evitare di entrare nel governo Draghi, lasciando il posto a un altro esponente del suo partito. In questo modo, si sarebbe defilato e avrebbe evitato il prevedibile assalto. Ora è troppo tardi: non può dimettersi e Draghi non può cacciarlo senza aprire una crisi di governo». A meno che la magistratura non risolva il problema, ma questo lo scopriremo nei prossimi giorni.
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