2021-06-26
Speranza caccia 80 precari Aifa. «Buttati fuori dopo anni di lavoro»
Alla fine del mese, l’Agenzia italiana del farmaco si appresta a lasciare senza impiego farmacisti, medici, assistenti amministrativi e funzionari giuridici. E il concorso annunciato penalizzerà chi è stato operativo«Il ministro Speranza? Non ci ha mai voluto incontrare. Abbiamo potuto parlare soltanto con dei rappresentanti del Ministero inviati dal suo capo di gabinetto, Goffredo Zaccardi, il quale - chissà per quale motivo - ci vede come fumo negli occhi e nei nostri confronti, fin dall’inizio, ha sempre avuto un atteggiamento molto negativo». A parlare è uno degli 80 lavoratori precari che, alla fine del mese, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) si appresta a lasciare senza impiego. La loro battaglia va avanti da oltre un anno, nei mesi di pandemia hanno ottenuto alcune proroghe ai contratti proprio per via dell’emergenza, ma ora i nodi stanno venendo al pettine.«Siamo persone con contratti a progetto e di lavoro somministrato tramite agenzia interinale», spiegano a La Verità questi lavoratori, che precisano anche: «Tra noi c’è chi lavora in Aifa anche da 12 anni: assistenti amministrativi, funzionari giuridici, farmacisti, medici… Lavoriamo qui esattamente come chi ha un contratto a tempo indeterminato, con gli orari di ufficio, eppure…».Eppure il 30 giugno i contratti a termine scadranno, e i precari verranno rimandati a casa, anche se a detta di molti - compresi i loro responsabili - questo potrebbe causare un danno non marginale all’Aifa stessa, tanto più in un momento come questo, in cui il ruolo dell’Agenzia è di primaria importanza.A dicembre 2020, i dirigenti dell’Aifa hanno indirizzato una lettera all’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al ministro della Salute, Roberto Speranza. «Attualmente lavorano in Aifa circa 600 unità di personale strutturato e la pianta organica risulta sottodimensionata rispetto alla dotazione di altre Agenzie regolatorie europee», recitava quella comunicazione. Che proseguiva sottolineando che «l’Agenzia si avvale, inoltre, di personale precario quantificabile in circa 100 unità, che concluderà il proprio contratto di lavoro tra il 2020 e l’inizio del 2021». Conseguentemente, si faceva presente che il rischio dell’Agenzia era - e purtroppo è - quello, «nel breve termine, a dover far fronte alla perdita di un numero consistente di persone, altamente qualificate e specializzate, di comprovata esperienza e che, in assenza di interventi urgenti, non potranno essere integrate nel personale dell’Agenzia».Secondo i dirigenti, la perdita «repentina e contemporanea» dei lavoratori precari «arrecherebbe un grave danno personale e professionale agli oltre 100 lavoratori precari e limiterebbe in modo significativo l’efficienza e l’efficacia del lavoro dell’Agenzia, con ripercussioni sul servizio reso al Paese». «Anche ove venissero individuate strategie di lungo termine per reintegrare il personale venuto a mancare per cessazione dei contratti in scadenza», concludevano i dirigenti, «i tempi richiesti per il reclutamento e per la necessaria formazione di nuovo personale sono tali da non poter attutire il grave contraccolpo che Aifa si troverebbe a subire, soprattutto in un momento storico così complesso, nel quale il governo della salute degli italiani richiede il massimo impegno da parte di tutte le istituzioni».Nonostante questo accorato appello - e i mesi trascorsi da quanto è stato formulato -, per i lavoratori in scadenza nulla, di fatto, è cambiato. Anzi, i precari si ritengono vittime di una raffinata presa per i fondelli. Nel corso dei mesi si sono sentiti ripetere tante belle promesse. «Nicola Magrini, il direttore generale dell’Agenzia», spiegano a La Verità, «per un anno ci ha detto che si stava interessando al nostro caso, ma probabilmente anche lui si è dovuto scontrare con chi ha avuto un atteggiamento ostativo, oppure non ha voluto o potuto fare di meglio».Peccato che l’unico risultato vero che questi lavoratori hanno ottenuto è il concorso bandito dal governo qualche mese fa; il che, sulla carta, dovrebbe essere una bella notizia. Nella realtà, tuttavia, le cose stanno un po’ diversamente. Il concorso, infatti, finisce per favorire la progressione di carriera di persone non precarie.Apparentemente incredibile, il paradosso si spiega con più fattori. Anzitutto, come si evince della lettura dei bandi, il concorso - differentemente dal passato, quando erano previste quote di riserva fino al 50% per il personale interno -, non prevede alcuna forma di valorizzazione dei lavoratori precari già operativi, magari da anni, presso l’Aifa. La prova preselettiva è cioè identica per tutti, il che determina una discriminazione bella e buona già in partenza.Non solo. Gli stessi percorsi di formazione interni all’Agenzia, che i precari potevano seguire come uditori - talvolta superando le prove finali - non rilevano minimamente per loro ai fini concorsuali, diversamente invece da master riservati al personale già di ruolo. Come se non bastasse, una ulteriore penalizzazione emerge dal fatto che, nei bandi, l’esperienza interna, già scarsamente considerata, rileva solamente per il profilo di assunzione: eventuali altri mansioni, incarichi o lavori pur concretamente effettuati non vengono minimamente considerati.Insomma, l’esperienza interna anziché essere valorizzata - come sarebbe sacrosanto - diventerà, per un ironico quanto amaro paradosso, quasi un’aggravante per i candidati. Nel caso dei precari di cui sta parlando, poi, c’è pure la questione delle figure professionali che verranno selezionate: appena una quarantina. Quindi più o meno la metà degli attuali lavoratori in cerca di una sospirata stabilità che, per molti di loro, rischia di restare una chimera.