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2021-12-01
In Qatar l'antipasto del Mondiale: torna l'Arab Cup dopo 9 anni
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Una foto prima del fischio d'inizio del match tra Egitto e Libano a Doha (Ansa)
Il Mondiale di calcio del 2022 è ormai alle porte. L'attesissimo evento che si svolgerà in Qatar tra poco meno di un anno, dal 21 novembre al 18 dicembre sarà il primo a essere disputato nel periodo autunnale dell'emisfero boreale e il primo a essere ospitato in un Paese arabo. Il percorso di avvicinamento, fin dal momento dell'assegnazione avvenuta esattamente 11 anni fa, il 2 dicembre 2010, è stato turbolento e carico di ombre e dubbi, dalle accuse di corruzione a quelle di violazione dei diritti umani.
Per non farsi trovare impreparato di fronte a un evento così importante e che vedrà gli occhi di tutto il mondo puntati sul Qatar, Doha ha organizzato anche l'Arab Cup, cominciata lunedì 30 novembre con il match inaugurale tra Tunisia e Mauritania, vinto 5-1 dalla nazionale nordafricana. Si tratta dunque dell'antipasto al Mondiale, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto organizzativo, a livello logistico e strutturale. Si gioca in sette stadi, tutti costruiti e completati per il grande appuntamento del 2022 e messi alla prova in questo mese. Si va dalla capitale Doha, con lo stadio Ras Abu Aboud che può contenere 44.950 spettatori e che dovrebbe essere smantellato una volta conclusi i mondiali e lo stadio Al-Thumama che ha una capacità di 40.000 spettatori, alle città di Al Khor, nel Nordest del Qatar, con lo stadio Al-Bayt, impianto da 60.000 posti dover verrà giocata la partita inaugurale della coppa iridata, e Al Wakrah con lo stadio Al-Janoub, stadio da 40.000 spettatori già inaugurato a maggio del 2019 e costruito dall'azienda italiana Maeg Costruzioni. La quarta città ad ospitare partite è Al Rayyan, distretto alle porte di Doha dove sono stati realizzati ben tre impianti: lo stadio dell'Education City di 45.350 posti, lo stadio Internazionale Khalifa di 45.416 posti e lo stadio Ahmed bin Ali di 44.740 posti.
La Fifa Arab Cup è anche un'occasione per la Fifa per sperimentare nuove regole e tecnologia. L'organizzazione che governa il calcio mondiale, infatti, ha dato il via libera alla sperimentazione del fuorigioco semiautomatico attraverso l'utilizzo e l'implementazione di telecamere specifiche che trasmettono dei dati reali alle sale Var affinché si possa migliorare la lettura e la velocità delle chiamate agli arbitri che guardano la partita dal monitor. Questa tecnologia che si basa sull'intelligenza artificiale crea istantaneamente modelli tridimensionali sulla posizione dei giocatori e identifica quale parte del corpo di un giocatore è più avanti rispetto alla linea del fuorigioco. Un esperimento che nei progetti della Fifa dovrebbe essere approvato e confermato in vista dei prossimi mondiali.
Arab Cup che torna a svolgersi a distanza di 9 anni dall'ultima edizione, quella del 2012 ospitata dall'Arabia Saudita e vinta dal Marocco. Da quest'anno il torneo che vede impegnate le nazionali aderenti alla Uafa, Union of Arab Football Associations, l'ente che governa il calcio nei paesi arabi, sia quelli asiatici che quelli africani, è passato sotto l'egida della Fifa. In questa decima edizione partecipano 16 nazionali, 10 arabe e 6 africane. Oltre al Qatar, ci sono Oman, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Siria, Giordania, Libano, Palestina, Iraq e Arabia Saudita. A rappresentare l'Africa, invece, Marocco, Algeria, Sudan, Egitto, Mauritania e Tunisia. La Coppa araba esiste dal 1963, anno in cui venne organizzata la prima edizione ospitata dal Libano e vinta dalla Tunisia. Il torneo non ha una cadenza regolare, tanto che dal 1966 al 1985 ci fu una lunga interruzione durante la quale furono annullate due edizioni, quella del 1982, saltata a causa della guerra del Libano, e quella del 2009, non disputata per la mancanza di sponsor.
Vietati profumi, ombrelli e baci in pubblico
Il segretario generale dell'organizzazione dell'Arab Cup, Hassan Al Thawadi ha espresso il suo orgoglio per il fatto che tutti gli stadi sono già pronti un anno prima della Coppa del mondo del prossimo anno. Anche il presidente della Fifa Gianni Infantino è entusiasta: «. La Coppa Araba rappresenta oggi ciò che rappresenterà la Coppa del Mondo. il prossimo anno. Quindi, avere partite in uno stadio così bello, così simbolico, è qualcosa che dobbiamo amare e che sarà cruciale per il successo di la Coppa del Mondo». Ma allo stesso tempo il Qatar deve fare i conti con il rispetto dei diritti umani, dopo le polemiche per le morti degli operati per la costruzione a tempo di record degli stadi. Ma soprattutto è stato diramato un elenco degli oggetti proibiti per tutta la durata della FIFA Arab Cup Qatar 2021 che sarà replicato anche il prossimo anno. Non si possono portare, bastoncini per selfie, droni, fotocamere professionali, bandiere e striscioni di dimensioni superiori a 2x1,5 metri, bottiglie di profumo, bicchieri, boccali e lattine, puntatori laser, animali domestici e ombrelli.
Gli omosessuali sono i benvenuti, ma sono vietati i baci in pubblico.' Sarebbe questa ll'unica indicazione da rispettare, «per il resto tutti possono vivere la propria vita» . Il direttore esecutivo dei mondiali Nasser al Khater ha risposto così al calciatore australiano che il mese scorso fece coming out aggiungendo che avrebbe "paura ad andare a giocare" il primo Mondiale in un paese arabo, dove l'omosessualità è potenzialmente punibile con la morte
Nei giorni scorsi, l'associazione britannica Kick It Out aveva accusato BeIn Sport, l'emittente tv qatariota, di alimentare l'omofobia per aver invitato i calciatori musulmani della Premier League a boicottare l'iniziativa dei lacci arcobaleno in quanto l'omosessualità è "incompatibile" con l'Islam.
Al Khater, intervistato dalla Cnn e dall'Indipendent, ha parlato della situazione dei diritti in vista del prossimo Mondiale, aggiungendo che «gli omosessuali possono venire in Qatar come qualsiasi altro tifoso - e possono comportarsi come qualsiasi altra persona. Quel che dico, semplicemente, è che dal punto di vista della percezione dell'affettività in pubblico, la nostra è una società conservatrice».
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L'ultima edizione della competizione che vede impegnate le nazionali aderenti alla Uafa, Union of Arab Football Associations, l'ente che governa il calcio nei paesi arabi, fu disputata nel 2012 in Arabia Saudita e vinse il Marocco. Per Doha si tratta delle prove generali in vista dell'appuntamento planetario del prossimo anno.Non mancano stranezze e divieti: negli scorsi giorni è stata diramata una lista di oggetti che non si possono portare negli stadi, tra cui droni, bastoni per selfie, bandiere e profumi.Lo speciale contiene due articoli.Il Mondiale di calcio del 2022 è ormai alle porte. L'attesissimo evento che si svolgerà in Qatar tra poco meno di un anno, dal 21 novembre al 18 dicembre sarà il primo a essere disputato nel periodo autunnale dell'emisfero boreale e il primo a essere ospitato in un Paese arabo. Il percorso di avvicinamento, fin dal momento dell'assegnazione avvenuta esattamente 11 anni fa, il 2 dicembre 2010, è stato turbolento e carico di ombre e dubbi, dalle accuse di corruzione a quelle di violazione dei diritti umani.Per non farsi trovare impreparato di fronte a un evento così importante e che vedrà gli occhi di tutto il mondo puntati sul Qatar, Doha ha organizzato anche l'Arab Cup, cominciata lunedì 30 novembre con il match inaugurale tra Tunisia e Mauritania, vinto 5-1 dalla nazionale nordafricana. Si tratta dunque dell'antipasto al Mondiale, soprattutto per quanto riguarda l'aspetto organizzativo, a livello logistico e strutturale. Si gioca in sette stadi, tutti costruiti e completati per il grande appuntamento del 2022 e messi alla prova in questo mese. Si va dalla capitale Doha, con lo stadio Ras Abu Aboud che può contenere 44.950 spettatori e che dovrebbe essere smantellato una volta conclusi i mondiali e lo stadio Al-Thumama che ha una capacità di 40.000 spettatori, alle città di Al Khor, nel Nordest del Qatar, con lo stadio Al-Bayt, impianto da 60.000 posti dover verrà giocata la partita inaugurale della coppa iridata, e Al Wakrah con lo stadio Al-Janoub, stadio da 40.000 spettatori già inaugurato a maggio del 2019 e costruito dall'azienda italiana Maeg Costruzioni. La quarta città ad ospitare partite è Al Rayyan, distretto alle porte di Doha dove sono stati realizzati ben tre impianti: lo stadio dell'Education City di 45.350 posti, lo stadio Internazionale Khalifa di 45.416 posti e lo stadio Ahmed bin Ali di 44.740 posti.La Fifa Arab Cup è anche un'occasione per la Fifa per sperimentare nuove regole e tecnologia. L'organizzazione che governa il calcio mondiale, infatti, ha dato il via libera alla sperimentazione del fuorigioco semiautomatico attraverso l'utilizzo e l'implementazione di telecamere specifiche che trasmettono dei dati reali alle sale Var affinché si possa migliorare la lettura e la velocità delle chiamate agli arbitri che guardano la partita dal monitor. Questa tecnologia che si basa sull'intelligenza artificiale crea istantaneamente modelli tridimensionali sulla posizione dei giocatori e identifica quale parte del corpo di un giocatore è più avanti rispetto alla linea del fuorigioco. Un esperimento che nei progetti della Fifa dovrebbe essere approvato e confermato in vista dei prossimi mondiali.Arab Cup che torna a svolgersi a distanza di 9 anni dall'ultima edizione, quella del 2012 ospitata dall'Arabia Saudita e vinta dal Marocco. Da quest'anno il torneo che vede impegnate le nazionali aderenti alla Uafa, Union of Arab Football Associations, l'ente che governa il calcio nei paesi arabi, sia quelli asiatici che quelli africani, è passato sotto l'egida della Fifa. In questa decima edizione partecipano 16 nazionali, 10 arabe e 6 africane. Oltre al Qatar, ci sono Oman, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Siria, Giordania, Libano, Palestina, Iraq e Arabia Saudita. A rappresentare l'Africa, invece, Marocco, Algeria, Sudan, Egitto, Mauritania e Tunisia. La Coppa araba esiste dal 1963, anno in cui venne organizzata la prima edizione ospitata dal Libano e vinta dalla Tunisia. Il torneo non ha una cadenza regolare, tanto che dal 1966 al 1985 ci fu una lunga interruzione durante la quale furono annullate due edizioni, quella del 1982, saltata a causa della guerra del Libano, e quella del 2009, non disputata per la mancanza di sponsor.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/speciale-calcio-2655899233.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="vietati-profumi-ombrelli-e-baci-in-pubblico" data-post-id="2655899233" data-published-at="1638372957" data-use-pagination="False"> Vietati profumi, ombrelli e baci in pubblico Il segretario generale dell'organizzazione dell'Arab Cup, Hassan Al Thawadi ha espresso il suo orgoglio per il fatto che tutti gli stadi sono già pronti un anno prima della Coppa del mondo del prossimo anno. Anche il presidente della Fifa Gianni Infantino è entusiasta: «. La Coppa Araba rappresenta oggi ciò che rappresenterà la Coppa del Mondo. il prossimo anno. Quindi, avere partite in uno stadio così bello, così simbolico, è qualcosa che dobbiamo amare e che sarà cruciale per il successo di la Coppa del Mondo». Ma allo stesso tempo il Qatar deve fare i conti con il rispetto dei diritti umani, dopo le polemiche per le morti degli operati per la costruzione a tempo di record degli stadi. Ma soprattutto è stato diramato un elenco degli oggetti proibiti per tutta la durata della FIFA Arab Cup Qatar 2021 che sarà replicato anche il prossimo anno. Non si possono portare, bastoncini per selfie, droni, fotocamere professionali, bandiere e striscioni di dimensioni superiori a 2x1,5 metri, bottiglie di profumo, bicchieri, boccali e lattine, puntatori laser, animali domestici e ombrelli. Gli omosessuali sono i benvenuti, ma sono vietati i baci in pubblico.' Sarebbe questa ll'unica indicazione da rispettare, «per il resto tutti possono vivere la propria vita» . Il direttore esecutivo dei mondiali Nasser al Khater ha risposto così al calciatore australiano che il mese scorso fece coming out aggiungendo che avrebbe "paura ad andare a giocare" il primo Mondiale in un paese arabo, dove l'omosessualità è potenzialmente punibile con la morteNei giorni scorsi, l'associazione britannica Kick It Out aveva accusato BeIn Sport, l'emittente tv qatariota, di alimentare l'omofobia per aver invitato i calciatori musulmani della Premier League a boicottare l'iniziativa dei lacci arcobaleno in quanto l'omosessualità è "incompatibile" con l'Islam.Al Khater, intervistato dalla Cnn e dall'Indipendent, ha parlato della situazione dei diritti in vista del prossimo Mondiale, aggiungendo che «gli omosessuali possono venire in Qatar come qualsiasi altro tifoso - e possono comportarsi come qualsiasi altra persona. Quel che dico, semplicemente, è che dal punto di vista della percezione dell'affettività in pubblico, la nostra è una società conservatrice».
Friedrich Merz (Ansa)
Il dissenso della gioventù aveva provocato forti tensioni all’interno della maggioranza tanto da far rischiare la prima crisi di governo seria per Merz. Il via libera del parlamento tedesco, dunque, segna di fatto una crisi politica enorme e pure lo scollamento della democrazia tra maggioranza effettiva e maggioranza dopata. Come già era accaduto in Francia, la materia pensionistica è l’iceberg contro cui si schiantano i… Titanic: Macron prima, Merz adesso. Il presidente francese sulle pensioni ha visto la rottura dei suoi governi per l’incalzare di rivolte popolari e questo in carica guidato da Lecornu ha dovuto congelare la materia per non lasciarci le penne. Del resto in Europa non è il solo che naviga a vista, non curante della sfiducia nel Paese: in Spagna il governo Sánchez è in piena crisi di consensi per i casi di corruzione scoppiati nel partito e in casa, e pure l’accordo coi i catalani e coi baschi rischia di far deragliare l’esecutivo sulla finanziaria. In Olanda non c’è ancora un governo. In Belgio il primo ministro De Wever ha chiesto altro tempo al re Filippo per superare lo stallo sulla legge di bilancio che si annuncia lacrime e sangue. In Germania - dicevamo - il governo si è salvato per l’appoggio determinante della sinistra radicale, aprendo quindi un tema politico che lascerà strascichi dei quali beneficerà Afd, partito assai attrattivo proprio tra i giovani.
I tre voti con i quali Merz si è salvato peseranno tantissimo e manterranno acceso il dibattito proprio su una questione ancestrale: l’aumento del debito pubblico. «Questo disegno di legge va contro le mie convinzioni fondamentali, contro tutto ciò per cui sono entrato in politica», ha dichiarato a nome della Junge Union Gruppe Pascal Reddig durante il dibattito. Lui è uno dei diciotto che avrebbe voluto affossare la stabilizzazione previdenziale anche a costo di mandare sotto il governo: il gruppo dei giovani non aveva mai preso in considerazione l’idea di caricare sulle spalle delle future generazioni 115 miliardi di costi aggiuntivi a partire dal 2031.
E senza quei 18 sì, il governo sarebbe finito al tappeto. Quindi ecco la solita minestrina riscaldata della sopravvivenza politica a qualsiasi costo: l’astensione dai banchi dell’opposizione del partito di estrema sinistra Die Linke, per effetto della quale si è ridotto il numero di voti necessari per l'approvazione. E i giovani? E le loro idee?
Merz ha affermato che le preoccupazioni della Junge Union saranno prese in considerazione in una revisione più ampia del sistema pensionistico prevista per il 2026, che affronterà anche la spinosa questione dell'innalzamento dell'età pensionabile. Un bel modo per cercare di salvare il salvabile. Anche se ora arriva pure la tegola della riforma della leva: il parlamento tedesco ha infatti approvato la modernizzazione del servizio militare nel Paese, introducendo una visita medica obbligatoria per i giovani diciottenni e la possibilità di ripristinare la leva obbligatoria in caso di carenza di volontari. Un altro passo verso la piena militarizzazione, materia su cui l’opinione pubblica tedesca è in profondo disaccordo e che Afd sta cavalcando. Sempre che la democrazia non deciderà di fermare Afd…
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«The Rainmaker» (Sky)
The Rainmaker, versione serie televisiva, sarà disponibile su Sky Exclusive a partire dalla prima serata di venerdì 5 dicembre. E allora l'abisso immenso della legalità, i suoi chiaroscuri, le zone d'ombra soggette a manovre e interpretazioni personali torneranno protagonisti. Non a Memphis, dov'era ambientato il romanzo originale, bensì a Charleston, nella Carolina del Sud.
Il rainmaker di Grisham, il ragazzo che - fresco di laurea - aveva fantasticato sulla possibilità di essere l'uomo della pioggia in uno degli studi legali più prestigiosi di Memphis, è lontano dal suo corrispettivo moderno. E non solo per via di una città diversa. Rudy Baylor, stesso nome, stesso percorso dell'originale, ha l'anima candida del giovane di belle speranze, certo che sia tutto possibile, che le idee valgano più dei fatti. Ma quando, appena dopo la laurea in Giurisprudenza, si trova tirocinante all'interno di uno studio fra i più blasonati, capisce bene di aver peccato: troppo romanticismo, troppo incanto. In una parola, troppa ingenuità.
Rudy Baylor avrebbe voluto essere colui che poteva portare più clienti al suddetto studio. Invece, finisce per scontrarsi con un collega più anziano nel giorno dell'esordio, i suoi sogni impacchettati come fossero cosa di poco conto. Rudy deve trovare altro: un altro impiego, un'altra strada. E finisce per trovarla accanto a Bruiser Stone, qui donna, ben lontana dall'essere una professionista integerrima. Qui, i percorsi divergono.
The Rainmaker, versione serie televisiva, si discosta da The Rainmaker versione carta o versione film. Cambia la trama, non, però, la sostanza. Quel che lo show, in dieci episodi, vuole cercare di raccontare quanto complessa possa essere l'applicazione nel mondo reale di categorie di pensiero apprese in astratto. I confini sono labili, ciascuno disposto ad estenderli così da inglobarvi il proprio interesse personale. Quel che dovrebbe essere scontato e oggettivo, la definizione di giusto o sbagliato, sfuma. E non vi è più certezza. Nemmeno quella basilare del singolo, che credeva di aver capito quanto meno se stesso. Rudy Baylor, all'interno di questa serie, a mezza via tra giallo e legal drama, deve, dunque, fare quel che ha fatto il suo predecessore: smettere ogni sua certezza e camminare al di fuori della propria zona di comfort, alla ricerca perpetua di un compromesso che non gli tolga il sonno.
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Ursula von der Leyen (Ansa)
Mentre l’Europa è strangolata da una crisi industriale senza precedenti, la Commissione europea offre alla casa automobilistica tedesca una tregua dalle misure anti-sovvenzioni. Questo armistizio, richiesto da VW Anhui, che produce il modello Cupra in Cina, rappresenta la chiusura del cerchio della de-industrializzazione europea. Attualmente, la VW paga un dazio anti-sovvenzione del 20,7 per cento sui modelli Cupra fabbricati in Cina, che si aggiunge alla tariffa base del 10 per cento. L’offerta di VW, avanzata attraverso la sua sussidiaria Seat/Cupra, propone, in alternativa al dazio, una quota di importazione annuale e un prezzo minimo di importazione, meccanismi che, se accettati da Bruxelles, esenterebbero il colosso tedesco dal pagare i dazi. Non si tratta di una congiuntura, ma di un disegno premeditato. Pochi giorni fa, la stessa Volkswagen ha annunciato come un trionfo di essere in grado di produrre veicoli elettrici interamente sviluppati e realizzati in Cina per la metà del costo rispetto alla produzione in Europa, grazie alle efficienze della catena di approvvigionamento, all’acquisto di batterie e ai costi del lavoro notevolmente inferiori. Per dare un’idea della voragine competitiva, secondo una analisi Reuters del 2024 un operaio VW tedesco costa in media 59 euro l’ora, contro i soli 3 dollari l’ora in Cina. L’intera base produttiva europea è già in ginocchio. La pressione dei sindacati e dei politici tedeschi per produrre veicoli elettrici in patria, nel tentativo di tutelare i posti di lavoro, si è trasformata in un calice avvelenato, secondo una azzeccata espressione dell’analista Justin Cox.
I dati sono impietosi: l’utilizzo medio della capacità produttiva nelle fabbriche di veicoli leggeri in Europa è sceso al 60% nel 2023, ma nei paesi ad alto costo (Germania, Francia, Italia e Regno Unito) è crollato al 54%. Una capacità di utilizzo inferiore al 70% è considerata il minimo per la redditività.
Il risultato? Centinaia di migliaia di posti di lavoro che rischiano di scomparire in breve tempo. Volkswagen, che ha investito miliardi in Cina nel tentativo di rimanere competitiva su quel mercato, sta tagliando drasticamente l’occupazione in patria. L’accordo con i sindacati prevede la soppressione di 35.000 posti di lavoro entro il 2030 in Germania. Il marchio VW sta già riducendo la capacità produttiva in Germania del 40%, chiudendo linee per 734.000 veicoli. Persino stabilimenti storici come quello di Osnabrück rischiano la chiusura entro il 2027.
Anziché imporre una protezione doganale forte contro la concorrenza cinese, l’Ue si siede al tavolo per negoziare esenzioni personalizzate per le sue stesse aziende che delocalizzano in Oriente.
Questa politica di suicidio economico ha molto padri, tra cui le case automobilistiche tedesche. Mercedes e Bmw, insieme a VW, fecero pressioni a suo tempo contro l’imposizione di dazi Ue più elevati, temendo che una guerra commerciale potesse danneggiare le loro vendite in Cina, il mercato più grande del mondo e cruciale per i loro profitti. L’Associazione dell’industria automobilistica tedesca (Vda) ha definito i dazi «un errore» e ha sostenuto una soluzione negoziata con Pechino.
La disastrosa svolta all’elettrico imposta da Bruxelles si avvia a essere attenuata con l’apertura (forse) alle immatricolazioni di motori a combustione e ibridi anche dopo il 2035, ma ha creato l’instabilità perfetta per l’ingresso trionfale della Cina nel settore. I produttori europei, combattendo con veicoli elettrici ad alto costo che non vendono come previsto (l’Ev più economico di VW, l’ID.3, costa oltre 36.000 euro), hanno perso quote di mercato e hanno dovuto ridimensionare obiettivi, profitti e occupazione in Europa. A tal riguardo, ieri il premier Giorgia Meloni, insieme ai leader di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Ungheria, in una lettera ai vertici Ue, ha esortato l’Unione ad abbandonare, una volta per tutte, il dogmatismo ideologico che ha messo in ginocchio interi settori produttivi, senza peraltro apportare benefici tangibili in termini di emissioni globali». Nel testo, si chiede di mantenere anche dopo il 2035 le ibride e di riconoscere i biocarburanti come carburanti a emissioni zero.
L’Ue, che sempre pretende un primato morale, ha in realtà creato le condizioni perfette per svuotare il continente di produzione industriale. Accettare esenzioni dai dazi sull’import dalle aziende che hanno traslocato in Cina è la beatificazione della delocalizzazione. L’Europa si avvia a diventare uno showroom per prodotti asiatici, con le sue fabbriche ridotte a ruderi. Paradossalmente, diverse case automobilistiche cinesi stanno delocalizzando in Europa, dove progettano di assemblare i veicoli e venderli localmente, aggirando così i dazi europei. La Great Wall Motors progetta di aprire stabilimenti in Spagna e Ungheria per assemblare i veicoli. Anche considerando i più alti costi del lavoro europei (16 euro in Ungheria, dato Reuters), i cinesi pensano di riuscire ad essere più competitivi dei concorrenti locali. Per convenienza, i marchi europei vanno in Cina e quelli cinesi vengono in Europa, insomma. A perderci sono i lavoratori europei.
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