
Secondo un'indagine statistica, gli italiani sono i più vanitosi: passano in media 5,6 ore a settimana davanti alla lastra. Dal metallo degli egizi al Wize mirror che previene l'infarto, storia di un «miracolo» iniziato con una pozza d'acqua. Gli italiani, secondo un'indagine statistica di Gfk in 22 Paesi, sono i più vanitosi: passano in media 5,6 ore a settimana a guardarsi allo specchio. Seguono argentini e americani (alla pari con 5,3 ore), poi i francesi (5,2). In fondo alla classifica i cinesi (2,9). Il 76% degli italiani che si guardano allo specchio non si piace. Le insoddisfazioni, secondo il rapporto Esthelogue, sono diverse. A preoccupare i narcisi sono le rughe (32%), le occhiaie (24%), le imperfezioni della pelle 15% e il grasso, temuto dal 68% degli uomini, e dal 64% delle donne. Per non vedersi invecchiare Eleonora Duse tolse via di casa tutti gli specchi così come la contessa di Castiglione, fra le donne più affascinanti dell'Ottocento. Carmelo Bene, negli ultimi giorni della sua malattia, ci fece sistemare una pagina di giornale «per non vedere più riflessa un'immagine agonizzante». Giorgio Strehler, faccia bellissima, non era alto «e questo era un suo cruccio. Certe domeniche, a casa, passava il tempo a guardarsi allo specchio e a recriminare a voce alta: “Ma perché non sono alto come Gassman!"» (Ornella Vanoni in Una bellissima ragazza, scritto con Giancarlo Dotto). Nel 1921, il pittore surrealista francese Philippe Soupault espose un quadro dal titolo Ritratto di un imbecille. Si trattava di uno specchio incorniciato. Per riflettere la propria immagine egiziani e greci antichi usavano lastre di metallo - argento, rame o bronzo - leggermente curve e lucidate alla perfezione. Prima ancora gli uomini si guardavano in pozze o corsi d'acqua.Lo specchio naturale più grande del mondo si trova in Bolivia. Si chiama Salar de Uyun. Ha un'estensione di 12.000 chilometri quadrati ed è la più vasta distesa salata del pianeta. Dopo la pioggia, quando il fondo salato è coperto di acqua, diventa un enorme specchio. In Cina gli specchi comparvero nel 600 avanti Cristo: in bronzo e leghe di rame, erano di forma rotonda, quadrata o a fior di loto. Venivano posti nelle tombe dei defunti: si credeva che i demoni, alla vista della propria immagine riflessa, fuggissero spaventati.I primi in vetro comparvero in epoca cristiana, decorati sul retro della superficie. Nel Medioevo riflettevano un'immagine deformata. Solo nel Cinquecento, a Venezia, vennero perfezionati con una lastra di vetro ricoperta da stagno e mercurio. Il processo era così costoso che rese lo specchio un bene di lusso. In Storia dello specchio, Sabine Melchior-Bonnet racconta che prima del 1630 gli specchi erano rari. Su 248 inventari trovati a Parigi tra il 1581 e il 1622, c'erano recensiti solo 37 specchi di cui solamente 9 in vetro di Venezia. Sei di questi appartenevano a uno scudiero del re. Avevano una cornice d'ebano e venivano valutati 7 lire. Tra il 1638 e il 1648 si contava uno specchio ogni tre abitazioni. «Questo prezioso miracolo è oggi posseduto dai grandi come dai piccini» (Haudicquer De Blancourt in De L'art de la verrerie, 1691).Scrive Sabine Melchior-Bonnet: «L'esportazione di valuta aumentò con lo sviluppo dei bisogni e la crescita del livello di vita. Uno specchio di Venezia con una ricca cornice d'argento valeva più di un dipinto di Raffaello: 8.000 lire per il primo, 3.000 per il secondo».Nel 1831 il chimico Justus von Liebig creò lo specchio moderno ricoprendo d'argento metallico una superficie di vetro. Da allora, lo specchio non ha subito grandi rivoluzioni. Oggi è una lastra di vetro su cui è deposto un sottile strato di argento o alluminio, fissato al vetro per elettrolisi. Lo strato metallico viene piazzato sul lato opposto a quello riflettente ed è ricoperto da una vernice a scopo protettivo.«Un giovane marito, tutto nudo, si contempla con ammirazione nello specchio della camera d'albergo. “Con due centimetri in più", dice fieramente, “sarei un re". “Sì" , ribatte la moglie, “e con due centimetri di meno saresti una regina"» (Groucho Marx).Adriaen Pauw, ricchissimo borgomastro di Amsterdam vissuto nella prima metà del Seicento, aveva piantato nelle sue aiuole di Heemstede degli specchi che da lontano davano l'impressione, con poche decine di tulipani rari, di una moltitudine di fiori preziosi.Secondo Svetonio, il poeta Orazio aveva tappezzato di specchi, per i suoi giochi erotici, una stanza intera. Salvador Dalì, invece, nell'atelier di Port Lligat, ne aveva posizionato uno in modo da riflettere i primi raggi del sole: voleva essere il primo spagnolo a ricevere la luce.Lo specchio, per Leonardo da Vinci «maestro de' pittori». Sul set dell'Angelo azzurro, Marlene Dietrich si era fatta posizionare uno specchio gigante per vedere con la coda dell'occhio come appariva nella macchina da presa di Joseph von Sternberg.La storia di Jorge Luis Borges che, il 24 agosto 1934, fu salvato da un specchio. Quel giorno il grande scrittore stava per spararsi con una pistola alla tempia ma alla vista del suo riflesso si distrasse e ci ripensò. «Gli specchi e la copula sono abominevoli, poiché moltiplicano il numero degli uomini» (Uqbar, eresiarca, citato da Borges).Rompere uno specchio porterebbe male per via di una antica tradizione orientale. Secondo gli abitanti di queste zone, tutto ciò che rifletteva la figura umana ne catturava anche l'anima, ragion per cui rompere lo specchio significava distruggere anche l'anima di chi lo faceva. Gli antichi romani ne facevano una questione economica: servivano 7 anni di sacrifici per ricomprarne uno. «Tutto è relativo. Prendi un ultracentenario che rompe uno specchio: sarà ben lieto di sapere che ha ancora sette anni di disgrazie» (Albert Einstein).Alcuni rimedi (poco credibili) per sfuggire ai fatidici «7 anni di guai»: raccogliere tutti i pezzi dello specchio rotto e buttarli in fiume o un corso d'acqua dolce per allontanare la sfortuna; mettere i frammenti in una bacinella d'acqua insieme con una pietra trasparente e chiarissima (tipo un diamante), lasciarli lì in ammollo per 7 giorni; lasciare il danno così com'è per 7 ore e poi gettare il tutto il più lontano possibile da voi. Da ultimo mettere tutti pezzi in un barattolo e posizionarlo nel posto più soleggiato di casa, di modo che i riflessi allontanino le influenze negative.«Gli specchi dovrebbero riflettere un momentino prima di riflettere le immagini» (Jean Cocteau).Nel 2012 Microsoft presentò al Ces di Las Vegas il primo specchio elettronico. Un tecnico si specchiava davanti al monitor, uno schermo a cristalli liquidi da 50 pollici dotato di videocamera che lo riprendeva, riproducendo così la sua immagine. Muovendo le braccia sceglieva una giacca e una cravatta, visualizzate ai bordi dello schermo: le spostava davanti a sé e gli calzavano addosso. Messo a punto da 11 istituti di ricerca che hanno collaborato a Semeoticons, sotto il coordinamento del Cnr, il Wize mirror è uno specchio capace di tenere sotto controllo il rischio di malattie cardiometaboliche: infarto e obesità. Grazie a vari sensori, studiando il volto di chi vi si pone di fronte, lo specchio può fare, in un paio di minuti, un check-up che rivela il battito cardiaco, l'eccesso di colesterolo o di zuccheri, lo stress. Dopo 3 anni di ricerche e test su centinaia di volontari, oggi il Wize mirror, analizzando il colorito, lo spessore della pelle, alcuni movimenti del volto e gli occhi, è anche in grado di consigliare la giusta dieta e suggerisce l'attività fisica ideale per stare in salute. Tra le barzellette di Francesco Totti. «"Francesco, ma perché è tutta la mattina che ti specchi?". Totti: “Ordine der dottore, mister. M'ha detto: 'Stai male, per un giorno intero te devi riguardà"». «Sono talmente solo che lo specchio non mi riflette più» (Leo Longanesi).
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





