2025-08-03
I sottomarini nucleari di Trump sono un messaggio per i Brics
Non c’è solo l’irritazione verso Putin e i suoi continui temporeggiamenti sull’Ucraina: The Donald ha anche mostrato i muscoli con Brasile, India e Sudafrica. Il bersaglio è l’alleanza anti occidentale a guida cinese.È salita significativamente la tensione tra Washington e Mosca, dopo che, venerdì, Donald Trump ha annunciato di aver spostato due sottomarini nucleari nei pressi della Russia. L’inquilino della Casa Bianca ha giustificato la sua mossa come una reazione alle dichiarazioni effettuate, giovedì, dall’ex presidente russo, Dmitry Medvedev: dichiarazioni che lo stesso Trump ha bollato come «altamente provocatorie». In sostanza, Medvedev aveva mostrato irritazione, dopo che il presidente americano aveva ridotto la finestra temporale, concessa a Mosca per arrivare un accordo di cessate il fuoco in Ucraina. L’ex capo di Stato russo aveva quindi replicato stizzito, affermando: «Quanto può essere pericolosa la leggendaria “Mano Morta”». Il riferimento era al sistema semiautomatico di Mosca, per condurre rappresaglie nucleari in caso di distruzione del comando militare russo.Benaccolta dal consigliere presidenziale ucraino Andriy Yermak, la decisione di Trump sui sottomarini non è invece stata commentata ufficialmente dal Cremlino (almeno prima che La Verità andasse in stampa ieri sera). Come interpretare questo silenzio? Mosca è intenzionata a gettare acqua sul fuoco? Oppure dobbiamo pensare che Medvedev non si sia coordinato con il governo russo prima di ventilare delle minacce nucleari contro gli Stati Uniti? Non dobbiamo tra l’altro trascurare che, sempre venerdì, qualche ora prima dell’annuncio di Trump, Vladimir Putin aveva espresso l’intenzione di schierare in territorio bielorusso, entro fine anno, i missili balistici Oreshnik. Ricordiamo che, secondo l’Ican, Mosca è in possesso di circa 5.500 testate atomiche, mentre Washington è a quota 5.200. Entrando più nel dettaglio, gli Stati Uniti dispongono di 14 sottomarini nucleari che possono trasportare fino a 24 missili balistici a loro volta in grado di lanciare testate termonucleari fino a circa 4.500 miglia di distanza.Per cercare di capire quanto sta succedendo, dobbiamo innanzitutto registrare come, nelle ultime settimane, la Casa Bianca abbia assunto una linea più dura nei confronti del Cremlino. Il 14 luglio, Trump aveva annunciato che avrebbe inviato ulteriore materiale bellico a Kiev attraverso la Nato. Quello stesso giorno, affermò che avrebbe imposto dazi al 100% ai Paesi che, come India e Cina, acquistano energia russa, a meno che Mosca non avesse accettato un accordo diplomatico sulla crisi ucraina entro 50 giorni. E arriviamo così a martedì scorso, quando il presidente americano ha deciso di ridurre questa finestra temporale, portando la deadline per un’intesa sull’Ucraina al prossimo 8 agosto. Senza dubbio, Trump si è progressivamente irritato per la condotta temporeggiatrice di Putin e ha manifestato più volte frustrazione per lo stallo in cui è piombato il processo diplomatico: uno smacco per un presidente americano che, in campagna elettorale, aveva promesso la fine del conflitto ucraino in tempi brevi. Giusto ieri, le forze di Kiev hanno colpito la raffineria di petrolio russa di Ryazan, mentre le truppe di Mosca hanno conquistato il villaggio di Oleksandro-Kalynove nel Donetsk. Inoltre, secondo la Tass, sarebbe scoppiato un incendio nei pressi della centrale nucleare di Zaporizhzhia a seguito di un bombardamento ucraino, mentre, stando a Ukrainform, un tratto del gasdotto Asia Centrale-Centro sarebbe stato disattivato nella regione russa di Volgograd in conseguenza di alcune esplosioni.Sennonché questa è solo una parte del problema. Trump ha sempre cercato di scongiurare una rottura totale con la Russia per due ragioni. Primo: ha storicamente puntato a separare il più possibile Mosca da Pechino. Secondo: ha avuto parzialmente bisogno della sponda di Putin per poter mediare il cessate il fuoco tra Israele e Iran a giugno. A che cosa è dovuto quindi l’incremento della pressione su Mosca degli ultimi giorni? Una prima ipotesi è che Trump voglia ricorrere a una strategia di «de-escalation attraverso l’escalation»: come fece nel 2017 con la Corea del Nord, il presidente americano potrebbe cercare di alzare intenzionalmente la tensione, per mettere Putin sotto pressione e spingerlo a un’intesa sulla crisi ucraina. Un’ulteriore ipotesi è che, con questa svolta, Trump, più che alla guerra in Ucraina, stia in realtà guardando a un altro dossier: quello dei Brics.Pochi giorni fa, il presidente americano ha annunciato multe e dazi al 25% all’India, accusandola di comprare energia russa: ieri, Nuova Delhi ha fatto sapere di non avere intenzione di cessare i suoi acquisti da Mosca nel settore. Negli ultimi tempi, sono anche aumentate le fibrillazioni tra Washington e Brasilia ufficialmente per la questione del processo a Jair Bolsonaro. Infine, Trump ha recentemente annunciato tariffe al 30% al Sudafrica. È quindi chiaro che è in corso un’offensiva contro i Brics, di cui la Casa Bianca teme i propositi di de-dollarizzazione. Appena mercoledì scorso, Trump ha, non a caso, definito questo blocco come «un gruppo di Paesi contrari agli Stati Uniti». «È un attacco al dollaro, e non permetteremo a nessuno di attaccare il dollaro», ha aggiunto.È evidente come l’obiettivo ultimo di quest’offensiva sia la Cina: quella Cina attorno a cui Trump sta cercando di costruire una sorta di «cordone sanitario» economico e geopolitico. Guarda caso, la maggior parte degli accordi commerciali che il presidente americano ha stretto finora sono stati con Paesi del Sudest asiatico e dell’Estremo Oriente. Senza poi trascurare che Trump sta facendo più fatica del previsto a incunearsi nell’asse tra Mosca e Pechino. Insomma, l’incremento della pressione sulla Russia potrebbe rientrare nell’offensiva americana volta a colpire i Brics, per disarticolarli internamente tanto dal punto di vista commerciale quanto da quello geopolitico. Emerge, come abbiamo visto, innanzitutto un tema di salvaguardia del predominio del dollaro. In secondo luogo, Trump vuole evitare che, attraverso i Brics, Pechino possa rafforzare la propria influenza sull’America Latina e sul Medio Oriente: ricordiamo che, nel 2024, hanno aderito al blocco anche Emirati arabi, Egitto e Iran.