2019-04-25
        Sotto inchiesta i colossi del farmaco: «Hanno inondato gli Usa di droghe»
    
 
Primi arresti al vertice delle corporation americane: avrebbero contribuito ad alimentare l'epidemia di oppiodi che ha falcidiato quasi mezzo milione di persone. Tremano i grandi marchi di Big Pharma.Gli Stati Uniti dichiarano guerra agli oppioidi. Nell'ultimo ventennio una popolazione pari a quella residente nella città di Bologna è morta nel Paese a seguito di overdose causata da questa categoria di farmaci, utilizzati nella terapia contro il dolore. Voltare la faccia davanti alle agghiaccianti cifre di questa silenziosa quanto inarrestabile epidemia è davvero arduo. A stilare il pauroso bollettino di guerra ci pensa il Center for disease control and prevention, l'autorità che si occupa di monitorare il contagio e la diffusione delle malattie sul territorio americano. Dal 1999 al 2017, quasi 400.000 persone sono decedute per abuso di queste sostanze (218.000 se si considerano le sole prescrizioni legali), una cifra che rappresenta all'incirca il 60% delle 700.000 morti totali occorse nello stesso periodo per overdose di farmaci. Nell'ultimo anno le cose sono persino peggiorate: i dati relativi al 2017 dicono che il numero dei decessi è risultato sei volte più alto rispetto al 1999. Ogni giorno 130 americani, più di 5 all'ora, perdono la vita per questa ragione.Dopo anni di silenzio, il velo di omertà sul tema è stato squarciato e la crisi degli oppioidi è diventata una delle problematiche relative alla salute più discusse dai media e dall'opinione pubblica. E finalmente la giustizia ha iniziato a presentare il conto ai responsabili della diffusione di questa epidemia. Nella giornata di martedì, Laurence Doud e William Pietruszewski, rispettivamente ex amministratore delegato ed ex manager responsabile della conformità della Rochester drug cooperative (Rdo), uno dei dieci più importanti distributori di farmaci negli Stati Uniti, sono stati arrestati nell'ambito di un'indagine che mira ad accertare le colpe per aver alimentato la domanda di oppioidi sul territorio nazionale. Secondo gli inquirenti, tra il 2012 e il 2016 la Rdo avrebbe immesso sul mercato decine di milioni di dosi di farmaci a prescindere dalle reali necessità della popolazione. Nel periodo preso in considerazione, le vendite di ossicodone sarebbero quasi decuplicate, passando da 4,7 milioni a 42,2 milioni di pezzi, mentre quelle di fentanyl da 63.000 a 1,3 milioni di dosi. Le accuse personali a carico di Doud e Pietruszewski sono pesantissime: si va dall'associazione a delinquere per la violazione delle leggi sulla diffusione dei narcotici, alla tentata frode nei confronti della Drug enforcement administration (l'agenzia governativa volta a contrastare la diffusione di sostanze stupefacenti) fino al rifiuto di presentare documenti utili alle indagini a seguito di richiesta da parte delle forze di polizia. Entrambi avrebbero gestito con colpevole leggerezza oltre 8.000 ordini di oppioidi, facilitandone enormemente la diffusione. Doud, in particolare, rischia una pena pari a ben 15 anni di reclusione. Proprio in questi giorni, la Rdo ha ammesso di accettato di pagare una multa di 20 milioni di dollari (circa 18 milioni di euro), mossa che però non scagiona i due manager, chiamati ora a vedersela con i giudici federali.La causa che ha travolto la Rochester è considerata un banco di prova in vista dell'armageddon che minaccia di colpire i giganti dell'industria farmaceutica a stelle e strisce. Sul banco degli imputati, tra gli altri, McKesson, Cardinal health e Amerisourcebergen, tre gruppi che messi insieme fatturano 500 miliardi di dollari l'anno (un quarto del Pil italiano). Ma nell'occhio del ciclone c'è anche la Purdue pharma, di proprietà della famiglia Sackler, che nel 1996 ha lanciato sul mercato l'Oxycontin, il farmaco a base di ossicodone a rilascio prolungato accusato di aver contribuito a diffondere su larga scala la dipendenza nei confronti degli oppioidi. Tutti questi big sono oggi nel mirino per aver volutamente taciuto gli effetti collaterali dei farmaci allo scopo di incrementare i loro profitti miliardari.Dietro l'offensiva contro gli oppioidi c'è la regia attenta e preoccupata di Donald Trump. Dopo i vani tentativi da parte di Barack Obama di arginare l'ondata di decessi, nel 2017, poco meno di un anno dopo la sua ascesa alla Casa Bianca, il presidente ha compiuto un deciso passo in avanti, definendo l'abuso di queste sostanze una «emergenza sanitaria a livello nazionale». Trump ha individuato tre differenti step per combattere il fenomeno: primo, ridurre la domanda e la sovraprescrizione di questi farmaci, sensibilizzando la cittadinanza agli effetti collaterali del loro utilizzo; secondo, contrastare il contrabbando sia domestico che estero accusato di «devastare le comunità americane»; infine, offrire sostegno alle persone affette da tossicodipendenza tramite supporti terapeutici e ospedalieri. Lo sforzo finanziario messo in campo è notevole: 6 miliardi di dollari per il prossimo biennio (pari a circa 5,3 miliardi di euro), e 1,5 miliardi (1,3 miliardi di euro) spendibili subito, erogati a favore del Cdc e delle unità sanitarie locali. Ora la battaglia giudiziaria per dare il colpo di grazia a quella che Mattia Ferraresi nel suo libro Il secolo greve definisce il tentativo di risposta a una «profonda inquietudine esistenziale».
        Mahmoud Abu Mazen (Getty Images)
    
        (Guardia di Finanza)
    
I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito di un’attività mirata al contrasto delle indebite erogazioni di risorse pubbliche, hanno individuato tre società controllate da imprenditori spagnoli che hanno richiesto e ottenuto indebitamente oltre 5 milioni di euro di incentivi per la produzione di energia solare da fonti rinnovabili.
L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate, è stata avviata attraverso l’analisi delle società operanti nel settore dell’energia elettrica all’interno della circoscrizione del Reparto, che ha scoperto la presenza di numerose imprese con capitale sociale esiguo ma proprietarie di importanti impianti fotovoltaici situati principalmente nelle regioni del Centro e Sud Italia, amministrate da soggetti stranieri domiciliati ma non effettivamente residenti sul territorio nazionale.
Sulla base di tali elementi sono state esaminate le posizioni delle società anche mediante l’esame dei conti correnti bancari. Dall’esito degli accertamenti, è emerso un flusso finanziario in entrata proveniente dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ente pubblico responsabile dell’erogazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica. Tuttavia, le somme erogate venivano immediatamente trasferite tramite bonifici verso l’estero, in particolare verso la Spagna, senza alcuna giustificazione commerciale plausibile.
In seguito sono state esaminate le modalità di autorizzazione, costruzione e incentivazione dei parchi fotovoltaici realizzati dalle società, con la complicità di un soggetto italiano da cui è emerso che le stesse avevano richiesto ad un Comune marchigiano tre diverse autorizzazioni, dichiarando falsamente l’installazione di tre piccoli impianti fotovoltaici. Tale artificio ha consentito di ottenere dal GSE maggiori incentivi. In questi casi, infatti, il Gestore pubblico concede incentivi superiori ai piccoli produttori di energia per compensare i maggiori costi sostenuti rispetto agli impianti di maggiore dimensione, i quali sono inoltre obbligati a ottenere l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia. In realtà, nel caso oggetto d’indagine, si trattava di un unico impianto fotovoltaico collegato alla stessa centralina elettrica e protetto da un’unica recinzione.
La situazione è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati relativi all’indebita erogazione di incentivi pubblici, per richiedere il sequestro urgente delle somme illecitamente riscosse, considerati anche gli ingenti trasferimenti verso l’estero. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha disposto il blocco dei conti correnti utilizzati per l’accredito delle somme da parte del GSE e il vincolo su tutti i beni nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro.
L’attività della Guardia di Finanza è stata svolta a tutela del corretto impiego dei fondi pubblici al fine di aiutare la crescita produttiva e occupazionale. In particolare, l’intervento ispettivo ha permesso un risparmio pari a ulteriori circa 3 milioni di euro che sarebbero stati erogati dal GSE fino al 2031 alle imprese oggetto d’indagine.
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        Giorgia Meloni (Getty Images)