2018-12-17
«Sono il megafono di Salvini e vi dico: lui punta a Bruxelles»
Alessandro Morelli direttore del blog del vicepremier: «Vedo il leader della Lega federatore in Europa. Sotto il palco a Piazza del Popolo c'erano tanti delusi dal Pd e da Forza Italia».Dunque, onorevole Morelli, lei è la «voce» di Matteo Salvini?«In effetti mi chiamano “The Voice", ma non esageriamo».Come Frank Sinatra?«No, chiamatemi soltanto “speaker"».Alessandro Morelli è uno dei giovani rampanti che alimentano il flusso comunicativo della Lega di Salvini. Oltre a essere presidente della Commissione trasporti della Camera, è responsabile della comunicazione del vice premier, e in quanto tale è chiamato ad annusare costantemente l'aria che tira nella giungla dei social network, vagliare ogni post, concepire lo slogan, lui che da giornalista ha iniziato più romanticamente ai microfoni dell'antica Radio Padania, proprio come il suo capopartito. «Ogni tanto mi descrivono come lo spin doctor di Salvini. Al contrario, Matteo è l'autore di sé stesso, un perfetto animale da comunicazione», dice. «Al limite noi dello staff siamo megafoni: impieghiamo la massima cura affinché il suo messaggio arrivi al momento giusto».Intorno a questo staff e al suo «guru» Luca Morisi, girano diverse leggende. È vero che utilizzate un algoritmo simpaticamente denominato «la bestia», per stabilire quali e quanti tweet conviene pubblicare?«Ma va là. Non esiste nessuna bestia. Con Morisi, mago dei social, scegliamo gli strumenti che riteniamo più efficaci per valorizzare le capacità del leader. L'obiettivo è cogliere costantemente le sensibilità, il clima nell'opinione pubblica, di metterci a favore di vento».La Lega ha respiro nazionale e non più territoriale: cosa è cambiato sul piano comunicativo?«Siamo obbligati a calibrare il nostro messaggio perché si rivolga alla totalità dell'elettorato. Quando ho impugnato il microfono durante la manifestazione di Piazza del Popolo, ho notato tante facce nuove. Ceti diversi. Sotto il palco c'erano molte persone rimaste deluse dal Pd e da Forza Italia. I sondaggi ci dicono che persino sull'immigrazione la maggioranza dell'elettorato Pd è d'accordo con noi».Addirittura? Come se lo spiega?«Il mondo sta davvero cambiando. È finito il ciclo politico del Wto, quello che ha fatto arricchire la grande finanza a discapito dei lavoratori, quello sorto, per capirci con Bill Clinton, Tony Blair e Romano Prodi. Un modello che sta morendo con il tramonto di Angela Merkel ed Emmanuel Macron».E adesso inizia l'era di Salvini al di là dei confini italiani?«In questo momento Salvini può essere davvero il testimonial di un nuovo concetto di politica accreditato anche all'estero. Nel nostro simbolo campeggia la scritta “Salvini premier": ora i tempi sono maturi per guardare a Bruxelles».Salvini in Commissione europea dopo le elezioni?«No, ne abbiamo troppo bisogno in Italia e spero che resti qui».Allora sta parlando di una Lega europea? «Il profilo di Salvini è già ampiamente riconosciuto a livello internazionale. Adesso vedo le condizioni perché possa davvero diventare il federatore europeo di una nuova visione politica ed economica».Il federatore di un'area che va da Marine Le Pen a Viktor Orbán?«Un'area in cui convivano tutti coloro che non si riconoscono in questo modello di Europa. La battaglia adesso si gioca contro una burocrazia europea governata ancora dai popolari e dai socialisti, propugnatori di un modello economico di cui stiamo ancora pagando le conseguenze. Guardiamoci intorno: non c'è mai stata così grande distanza tra ricchi e poveri, tra centri storici e periferie». La jacquerie dei gilet gialli nasce da qui?«Se non ci fosse la Lega, ce li ritroveremmo anche sulle strade italiane. La nostra forza consiste anche nel fatto di rappresentare un filtro di ragionevolezza, che tenga a bada gli eccessi della protesta, le pulsioni più violente e distruttive. L'abbiamo sempre fatto: siamo pronti a farlo anche in Europa».È d'accordo con Giancarlo Giorgetti quando dice che il reddito di cittadinanza piace «all'Italia che non ci piace»?«Giancarlo ha una visione complessiva. Guarda all'Europa e ha il polso della situazione delle categorie produttive italiane che hanno esposto tutti i loro dubbi sulla questione. Bisogna valutare quanto il reddito di cittadinanza debba impattare sulla finanza pubblica. Detto questo, se il 32% dell'elettorato, non solo del Sud, lo ha sostenuto tanto da essere uno dei punti qualificanti a marchio 5 stelle del contratto di governo, è chiaro che il reddito andrà fatto».A patto che poi se ne monitori l'applicazione?«Ovviamente bisogna utilizzare un minimo di buon senso perché non rimanga una iniziativa spot. Teniamo sempre conto che è una misura da inquadrare in un insieme di proposte che puntano al rilancio: il taglio dell'Imu sulle aree industriali, il percorso della flat tax, l'ossigeno alle partite Iva e l'abbattimento della burocrazia».Il deficit che passa dal 2,4% al 2,04% è una sconfitta per il presidente Giuseppe Conte?«Direi che l'importante è portare a casa i risultati promessi agli italiani. Rivisitazioni possono essere fatte, ma quota 100 e reddito di cittadinanza non si possono toccare».Eppure anche su quota 100 vi si chiede di ridurre i fondi. E il nuovo regime durerà solo tre anni.«Contiamo che le nuove regole possano poi essere rinnovate. Per quanto riguarda i finanziamenti, teniamo conto che la cifra preventivata presupponeva che tutti gli aventi diritto si avvalessero della quota 100, ma molti non lo faranno e andranno comunque in pensione più tardi. Fornire questa opportunità è solo un primo passo, nella grande battaglia che punta a smontare la legge Fornero».Il commissario Pierre Moscovici dice che questi numeri per lui non sono sufficienti.«Non mi stupisco. A dire la verità Moscovici aveva già rigettato la manovra ancor prima che venisse presentata. Ricordiamoci che nel suo Paese questo signore rappresenta un partito al 3%, e adesso guida le finanze comunitarie. Dopo le europee, tornerà in Francia a svolgere il suo vecchio mestiere».Salvini ha proposto un referendum sulla Tav ma il presidente della Camera Roberto Fico è contrario.«Lo trovo molto strano. Del resto quello della partecipazione è sempre stato un dogma per i 5 stelle. Comunque la Tav resta un'opera assolutamente necessaria che non può essere bloccata, come tante altre. Il via libera del ministro Danilo Toninelli al terzo valico non può che farmi piacere».Sull'ecotassa Luigi Di Maio sembra avere ingranato la retromarcia. Si sente sollevato?«I temi ambientali sono cruciali. Qua nessuno vuole morire soffocato dai gas di scarico. Tuttavia, per risolvere questo genere di problemi serve una strategia più complessa. Si è mai chiesto perché nella mia Milano i picchi di inquinamento arrivano in coincidenza dei cali delle temperature? Bisogna intervenire sui metodi di riscaldamento domestici e sui servizi pubblici, non certo sull'utilitaria della signora Maria».L'ecobonus sulle auto elettriche non rischia di avvantaggiare le aziende straniere?«Sì, e per noi non è una priorità. Sul mercato dell'auto si sta giocando una grande battaglia geopolitica. Occorre avere una visuale più ampia, e non mettere mai a repentaglio il diritto dei cittadini alla mobilità. Glielo dice uno che sta lottando per portare il limite in autostrada a 150 chilometri orari, almeno nelle tratte più sicure, quelle con tutor e asfalto drenante. Le regole sulla carreggiata vanno aggiornate, risalgono ai tempi della vecchia Fiat Duna: adesso le auto sono molto più sicure».Sempre Di Maio ha puntato il dito contro lo stipendio di Fabio Fazio, che tra l'altro è stato uno dei bersagli dell'ultima campagna promozionale della Lega. Condivide?«Certamente parliamo di cifre imbarazzanti. Sarebbe utile un maggiore grado etico. Esempi come questi non rappresentano a pieno il mio concetto di servizio pubblico».Silvio Berlusconi caldeggia un governo con la Lega e i fuoriusciti M5s. Vede spiragli?«Quella di governare con dei fuoriusciti è un'ipotesi che non mi affascina. Dobbiamo varare riforme profonde: dunque occorrono maggioranze ampie».È più facile collaborare con i 5 stelle o con Forza Italia?«Io sono alla prima esperienza in Parlamento. Posso dire che spesso con i 5 stelle si discute, talvolta si litiga con franchezza. Poi però alla fine si imbocca una linea e la si porta avanti fidandosi l'uno dell'altro».Come mai voi leghisti adesso vi vestite di blu?«Per l'esattezza giacca blu e camicia bianca. È il colore di riferimento dei partiti conservatori».A chi vi siete ispirati?«Non è un mistero che la campagna America first di Trump sia stata per noi motivo di ispirazione».Quindi non esistono ancora gli Stati Uniti d'Europa, ma Salvini sarà un po' il Trump europeo?«Beh, questo l'ha detto lei».© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il generale Salvatore Luongo e l'ad del Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma (Arma dei Carabinieri)
L’accordo prevede, in aderenza alle rispettive competenze ed attribuzioni, una collaborazione volta a prevenire e contrastare le infiltrazioni criminali e i reati contro la pubblica amministrazione, le violazioni ambientali, a vigilare sul rispetto della normativa in materia di collocamento della manodopera, previdenza e sicurezza nei luoghi di lavoro, ed a prevenire rischi, eventi o azioni che possano compromettere l’incolumità delle persone e l’integrità delle infrastrutture.
L’intesa rinnova e rafforza una collaborazione già avviata, con l’obiettivo di diffondere e promuovere la cultura della legalità, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della società e di sviluppare ulteriori sinergie per assicurare la protezione delle risorse e dei servizi pubblici affidati alla gestione del Gruppo FS Italiane, nonché la sicurezza dei trasporti e la gestione delle emergenze.
Nell’ambito del protocollo, il Gruppo FS Italiane potrà promuovere e organizzare, con la collaborazione di rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri, incontri, seminari e corsi di formazione a favore dei propri dipendenti.
Il Generale Salvatore Luongo, a margine dell’incontro, ha sottolineato che: «Quella di oggi rappresenta la firma di un protocollo di grande valore, perfettamente in linea con le strategie comuni dell’Arma dei Carabinieri e delle Ferrovie dello Stato Italiane», ricordando poi che tra le due istituzioni «Esiste una lunga tradizione di lavoro congiunto e che entrambe sono presenti in modo capillare su tutto il territorio nazionale, e in parte anche all’estero».
Concludendo, Luongo ha evidenziato che «Innovare questa intesa, fondata sulla condivisione di valori e ideali, significa compiere un ulteriore passo avanti per continuare a operare sempre meglio e con maggior efficienza, ognuno nei rispettivi compiti, grazie a un’integrazione sempre più stretta».
L'Amministratore Delegato del Gruppo FS Italiane, Stefano Antonio Donnarumma, ha dichiarato che «La firma di questo protocollo rappresenta un passo importante per rafforzare il presidio della legalità e la tutela della sicurezza nei nostri cantieri, nelle stazioni e lungo le infrastrutture che gestiamo. Lavorare accanto all’Arma dei Carabinieri significa poter contare su un presidio autorevole ed efficace, a garanzia di trasparenza, correttezza e rispetto delle regole. È un impegno che portiamo avanti con responsabilità, nella consapevolezza che solo attraverso la legalità si costruiscono infrastrutture solide, sicure e capaci di generare valore per l’intero Paese».
Nell’ambito della piena attuazione al protocollo, l’Arma dei Carabinieri opererà anche mediante il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, il Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, i Reparti territoriali e il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari.
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Donald Trump (Getty Images)