2018-12-15
«Sono il CR7 dei videogame. È lo sport del futuro, ma ci serve l’antidoping»
L'idolo degli appassionati di Fortnite ha 26 anni e si fa chiamare Pow3r. In un'estate può fare 60.000 euro: «C'è chi bara assumendo anfetamine».Due miliardi e 200 milioni di giocatori stimati nel 2018, un'industria che ha fatturato 655 milioni di dollari lo scorso anno e che entro il 2022 arriverà a una cifra annua di 2.960.000. Goldman Sachs ha fotografato con queste cifre l'industria degli esport, volgarmente i videogiochi. Se non conoscete a fondo l'argomento, ma avete un figlio adolescente, vi basti una parolina magica: Fortnite. Un gioco di cui è campione Giorgio Calandrelli. Anche questo nome, cari genitori, vi dirà poco. Ma chiedete a vostro figlio se ha mai sentito parlare di un certo Pow3r, il nome d'arte di Calandrelli, e vi si aprirà un mondo. Giocatore professionista di esport, sotto contratto con una delle squadre più prestigiose al mondo, la Fnatic, Calandrelli solamente quest'estate ha guadagnato nei tornei di Fortnite oltre 60.000 euro.Quante parole dirai nell'intervista che io non capirò?«Poche, se c'è qualche termine che non ti è chiaro te lo spiego».Voi giocatori avete un linguaggio tutto vostro.«In effetti spesso usiamo un misto di italiano e inglese. Che ne so, se ti dico pushiamo da qualche parte capisci?».Veramente no.«Pushiamo da push, inglese, vuol dire andiamo a schiacciare un nemico».Bene.«Quando gioco in squadra magari mi scappa di dire “ragazzi, cercate di rimanere in vita perché sto flankando».Sarebbe?«Flankare, fare un'imboscata. Ma se sto a spiegarlo così si perde tempo. In certe situazioni serve velocità».Ho capito, ricominciamo dalla base: Giorgio Calandrelli, 26 anni, romano, in arte Pow3r. Sai che tra i ragazzini sei famoso come Cristiano Ronaldo?«Me ne sono reso conto a settembre alla Milano games week, migliaia di persone volevano parlarmi o fare una foto con me. Giravo con quattro o cinque guardie del corpo. Sono rimasto impressionato».Che tipo sei?«Un ragazzo normalissimo, è bene chiarirlo. Il mio pubblico di riferimento ha principalmente 18-24 anni, poi vengono quelli di 12-17 anni. Anche per questo so di avere responsabilità precise».Cioè?«Quando streammo…».Quando fai che?«Streammo, vabbè quando faccio i live sui videogiochi».Scusa, è l'età.«Dicevo, quando streammo ho delle regole precise. Sono banditi insulti razziali o atteggiamenti omofobi, sono vietate le bestemmie. Al massimo mi scappa qualche parolaccia».Da dove nasce la passione per i videogiochi?«Da sempre. A quattro anni mio papà mi ha fatto giocare a Super Mario 64. Da lì non mi sono più fermato. Ho giocato a tutto, ma ho fatto il salto di qualità quando ho incontrato il mio maestro, Alessandro Avallone, in arte Stermy. Lui è un mostro a livello mondiale di esport».Che non è sport. Anzi, il Cio ha ribadito che gli esport non andranno alle Olimpiadi.«Giusto così. Noi siamo qualcosa di diverso. Poi sai cosa ti dico? È più lo sport che ha bisogno di noi, non il contrario. A parte il calcio e alcuni eventi indiscussi come la finale Nfl, lo sport è in calo come interesse, noi siamo in esplosione».Riusciresti a farmelo capire con un dato? «Le persone che nel mondo hanno scaricato un gioco come Fortnite credo superino il miliardo. Peraltro io ho una teoria sul perché qualcuno vorrebbe considerarci uno sport».Dimmela.«Per sottoporre i campioni di esport ai controlli antidoping».Lo trovi necessario?«Se mi stai chiedendo “C'è il doping nel vostro ambiente?", io ti dico di sì. Il farmaco più usato si chiama Adderall, è a base di anfetamina e negli Usa è utilizzato per contrastare i disturbi dell'attenzione. Aumenta la concentrazione, riduce la stanchezza. Ci sono casi di giocatori professionisti che sono diventati dipendenti da questo farmaco e non riescono più a giocare senza assumerlo. Anche se è un argomento scomodo che nessuno vuole affrontare».A te è capitato?«Sono onesto, me l'hanno proposto. Ma ho rifiutato, anche se un pizzico di curiosità di capire che tipo di effetti produce mi è rimasta».Sei un giocatore professionista?«Esatto. Sono stato messo sotto contratto dalla Fnatic, team inglese. È la squadra più importante in Europa e una delle dieci migliori al mondo. Io sono l'unico italiano in team».Dimmi la tua giornata tipo.«Mi sveglio, faccio colazione, il mattino in genere sistemo tutte le attività necessarie allo streaming, al contatto con gli sponsor, a seguire gli eventi. Nel pomeriggio comincia l'allenamento con i compagni di squadra. Si inizia con due ore circa di riscaldamento, utilizzando alcuni software con varie difficoltà. Sono poi previsti esercizi per le mani e le dita, perché bisogna essere velocissimi alla consolle. Poi parte l'allenamento vero e proprio».Vanno via almeno tre o quattro ore.«Scherzi? Anche sette o otto. Per giocare a livello professionistico bisogna darci dentro».In effetti per trovare mezz'ora per intervistarti c'è voluto un bel po'.«Sono giornate piene. Però al massimo all'una di notte vado a dormire».I tuoi genitori come la prendono?«Mia mamma mi ha sconsigliato questa strada per anni. Sono state lotte eterne, la classica mamma che quando sclerava mi staccava tutto. Ora io giro il dito nella piaga e la tormento, dicendole “Vedi mamma che sono un pro?"».E ai ragazzi che dici?«Sincero? Io sconsiglio questa strada, perché vedono solamente il bello, la fama, il successo. Ma ci sono anche i momenti brutti, le delusioni, la fatica. Io quando li incontro dico loro “ma cosa streammate?". Sì, insomma, perché vi mettete in video a giocare, tanto la gente vi percepisce come l'orso sul triciclo del circo. “Alla gente non importa niente di voi come persone, se vi guardano è perché interessa che sapete giocare a Fortnite. Poi, quando Fortnite non andrà più di moda e cambieranno gioco vi guarderanno in cinque e non conterete nulla"».Tu però ce l'hai fatta.«Ma al prezzo di cosa? Le relazioni sono ridotte, gli amici anche. Vabbè almeno mi sono rimasti gli amici veri, quelli che mi apprezzano come Giorgio».Ti senti un po' l'orso sul triciclo?«Quello no, però vorrei far sapere ai ragazzi che sono uno come loro, non sono un idolo, un Vip. Sono un ragazzo. Per essere brutale, vado al cesso e la faccio come tutti».Perché i ragazzini, come mio figlio di 10 anni, guarda i video tuoi e non quelli di altri?«La forza del mio streaming sta intanto nella qualità, una delle migliori al mondo dal punto di vista tecnologico. Poi io non gioco e basta, creo dei dibattiti, dei veri talk show sui giochi. Infine posso avere passato una giornata negativa, ma quando appaio in video sono positivo, solare».Perché Fortnite ha così successo nel mondo?«Tieni conto che non è neppure all'apice come gioco, anzi è in fase calante».Ah sì?«Il picco di persone che lo ha scaricato si è toccato a luglio, ma già a settembre il gioco ha fatto registrare un 33% di calo rispetto a quel picco. Fortnite è in declino, a vederci bene. Certo, aveva toccato vette spaventose, con 220 milioni di persone che lo hanno scaricato in un mese. Il segreto del successo è che è gratuito, si può giocare su qualsiasi piattaforma, non ha bisogno di supporti molto potenti e poi ogni settimana ci sono aggiornamenti che lo rendono nuovo».A te poi dà un lavoro.«Non guardare solo me. Io ho uno staff di dieci persone e il mondo dell'esport dà lavoro a migliaia di uomini e donne. Perché lo Stato non capisce che è una fonte per creare occupazione, dunque redditi più alti, consumi e tasse pagate? Davvero per me è un mistero. Questo settore non conosce crisi, ma viene sottovalutato».Veniamo alle critiche: alcuni videogiochi istigano alla violenza.«Questa è una delle stupidate più incredibili mai sentite. Io da ragazzo ho fatto giochi molto più violenti di Fortnite, come Duke Nukem o Turok, ma non ho mai pensato di uccidere nessuno. Ho giocato a Doom in cui ci sono demoni, ma non mi è venuta voglia di fare messe nere. È il contrario: questi giochi hanno una funzione catartica, lì nello schermo puoi sfogare pulsioni, puoi anche vedere e toccare con mano le conseguenze di eventuali azioni sbagliate. E quindi le eviti».I videogiochi creano dipendenza in molti ragazzi.«Quando un genitore mi dice che suo figlio è “drogato" di videogiochi io credo che stia trovando una scusa per assolversi dalla capacità di dare delle regole ai figli».Ma ci sono casi di ragazzi finiti dallo psicologo per questo.«Io chiedo a questi genitori: “Ti sei mai messo lì a vedere tuo figlio mentre gioca?". Di più, perché non ti siedi accanto e provi a giocare con lui? È chiaro che se un genitore applica il meccanismo repressivo, urlando e impedendo di giocare, nel figlio si crea la reazione che lo porta a sfidare la regola. Il dialogo è sempre la strada migliore».Giorgio Calandrelli, in arte Pow3r, che ne sarà di te nel futuro?«Ho 26 anni, è una disperazione, a 30 in genere si smette con questa vita».E in futuro?«Mi piacerebbe rimanere nel giro, fare il caster».Il che?«Vabbè, il telecronista di esport. Sono molto intraprendente, qualcosa mi inventerò».