2020-08-21
Sono i valori, non soltanto il lavoro il qualcosa di più da dare ai giovani
Michelle Obama (Paras Griffin/Getty Images)
Michelle Obama invita a votare come se fosse in gioco la vita. E quindi coloro che la difendono insieme alla famiglia, fondamenta sane per una società sana. Mario Draghi conferma che l'aspetto economico non basta. Due eventi lontani nello spazio ma vicinissimi nel tempo, credo meritino una riflessione. Tre giorni fa, alla Convention democratica americana, Michelle Obama ha lanciato un accorato appello agli elettori che fra tre mesi circa dovranno eleggere in nuovo presidente degli Usa. «Votate come se da questo voto dipendesse la vostra stessa vita»: parole forti, che scuotono e puntano dritto al senso di responsabilità di ogni cittadino quando è chiamato ad esprimere il proprio voto. Il giorno seguente, nel discorso di apertura del Meeting di Rimini, Mario Draghi, non lesinando critiche al governo circa la gestione dell'emergenza, ha voluto indicare un percorso di ripresa e di sviluppo dedicato soprattutto alle nuove generazioni, affermando: «I sussidi economici servono per sopravvivere, ma ai giovani dobbiamo dare qualcosa di più». Possiamo partire da quest'ultima affermazione e porci la domanda, non tanto di che cosa intenda Draghi, perché basterebbe chiederlo a lui direttamente, ma di che cosa pensiamo noi circa il contenuto da dare a quel «di più». Certamente l'aspetto economico, riguardante soprattutto il lavoro e l'occupazione, è di grande importanza, ma appare ogni giorno di più che questo, da solo, non basta. Come dice spesso papa Francesco, il lavoro è anche una questione di dignità della persona, ma non esaurisce per nulla l'orizzonte di senso da dare alla vita. La recentissima esperienza della pandemia ha posto davanti agli occhi di tutti che «il re è nudo»: non esiste un paradiso economico che sia in grado di rispondere al dramma della fragilità umana di fronte alla morte. E quando la morte - la più certa e scontata evenienza che ci attende tutti - bussa alla porta, restiamo attoniti, spaesati, ammutoliti. Benedetto XVI nell'enciclica Caritas in Veritate aveva ammonito il mondo intero: «La questione sociale è oggi radicalmente la questione antropologica»; detto con parole semplici, significa cercare e trovare il senso dell'uomo e della sua vita. Se partiamo da qui, è impossibile non vedere che stiamo vivendo un'epoca storica di terribile confusione e disorientamento, di vuoto esistenziale. L'eredità negativa che stiamo lasciando ai nostri figli e nipoti non è tanto l'enormità del debito pubblico, quanto la tragicità del debito di senso. Partendo dal relativismo, con il dogma dell'assenza di valori conoscibili e universalmente riconosciuti, stiamo approdando ad un nuovo totalitarismo, che impone «suoi» principi e valori. Si chiama «politicamente corretto», la nuova religione di fronte alla quale esiste una sola obbligata opzione: uniformarsi. Non è ammessa obiezione, il dissenso è una scelta intollerabile, pena l'esclusione dal consesso civile e sociale. Perfino le verità oggettive non hanno più diritto di esistere, e l'ideologia sforna giorno dopo giorno «nuove» verità, utilizzando lo strumento della «ateizzazione legislativa programmata» come la definì il cardinale Stefan Wyszinski. L'elenco delle norme e leggi che indicano questa deriva ideologica, questo «nuovo umanesimo», questo nuovo ordine mondiale, neutrale e privo di valori stabili, è purtroppo assai lungo e attuale. Facciamo qualche esempio: l'aborto - uccisione di un bimbo, dunque soggetto innocente ed indifeso, nell'utero materno - promosso come diritto inalienabile e, quindi, allargato il più possibile, vedi circolare del ministro Roberto Speranza sulla Ru486 a domicilio e fino alla nona settimana. Mi si conceda un inciso, che rende conto di chi e di che cosa stiamo parlando: alla nona settimana la creaturina ha un cuore battente, ha completato la differenziazione gonadica maschio/femmina, ha le impronte digitali che lo accompagneranno per tutta la vita, il sistema nervoso centrale è in rapido sviluppo. Non è un «prodotto biologico» né un grumo di sangue! Altro esempio: i due generi, maschio e femmina, i due ruoli mamma e papà, sono concetti antropologici, di carattere sessista, che vanno rimossi a favore di identità di genere ed orientamenti sessuali variabili e fluidi. Ecco pronto il ddl Zan che vieta libertà di pensiero e sancisce un vero e proprio reato di opinione, con tanto di sanzioni penali. Il mantra della tolleranza per tutti non vale per chi pensa e crede diversamente. Istigazione d'odio non è chi chiede la forca per un avversario, ma chi osa affermare che l'utero in affitto è una vergogna. Anche Harry Potter deve imparare a fare un bel passo indietro. Diceva un vecchio saggio che le idee camminano sulle gambe delle persone: dietro a questo programma di annientamento dell'umano - aborto, eutanasia, suicidio, gender, droga libera, educazione di Stato - ci sono persone, donne e uomini, forze culturali e politiche che promuovono, sostengono, impongono «strutture di peccato» per dirla con San Giovanni Paolo II. Se vogliamo evitare il pericolo che quel Santo Papa aveva preconizzato molti anni fa - «Una democrazia senza valori degenera facilmente in un totalitarismo aperto o subdolo» - abbiamo il dovere di «dare qualcosa di più» alla nostra società e alle generazioni che verranno. Quel di più vuol dire «valori», a partire dalla difesa della vita e della famiglia, fondamenta sane per una società sana. Dunque, tornando alla frase di Michelle Obama, accogliamo quell'appello, davvero convinti che è in gioco la nostra stessa vita e, dunque, votare chi propone e difende a livello politico, queste «strutture di peccato» è sostenere una cultura della morte, che avvelena le coscienze dei singoli e dei popoli. Il Libri Sapienziali insegnano che «Dio cura l'amaro con l'amaro»: perché non pensare che anche il Covid possa dirci qualcosa per cambiare rotta e raggiungere «qualcosa di più»?