2019-07-24
«Solo cinque settimane per salvare Tafida. Non li lascerò uccidere la mia bambina»
La mamma della piccola: «Il giudice a settembre valuterà la richiesta di trasferirla al Gaslini. A lei serve tempo. Non ha una malattia grave».Un rinvio di cinque settimane, durante le quali cercare il modo per salvare una giovane vita. Già un piccolo successo per i genitori di Tafida Raqeeb, la bambina inglese di 5 anni in coma da febbraio, per la quali i medici del Royal London hospital vogliono interrompere la ventilazione artificiale. Lunedì in serata il giudice ha accettato di valutare la richiesta della famiglia di trasferire la bambina all'ospedale Gaslini di Genova e ha rinviato ogni decisione alla prima settimana di settembre. La data precisa non è stata fissata, ma è certo che in un solo giorno si terrà un'udienza lunga durante la quale i genitori di Tafida potranno esprimere le loro istanze e - sul fronte opposto - gli specialisti dell'ospedale della capitale potranno spiegare perché intendono invece «staccarle la spina». Una seduta difficile, che vedrà affrontarsi due posizioni agli antipodi, due modi di guardare alla malattia, alla cura e alla vita. Shelina Begum, la madre di Tafida, però, si dice soddisfatta di questa decisione. Nutre delle speranze e non vuole abbandonare l'idea che per la sua figlioletta ci siano ancora delle possibilità di ripresa. Con questa decisione del giudice avete guadagnato qualche settimana. Quale sarà la prossima tappa?«I due processi proseguiranno insieme. Avrei preferito che fossero trattati separatamente: prima il mio e poi l'altro. Ma sono comunque speranzosa. Almeno i giudici ci hanno dato il permesso di andare avanti con la nostra causa, l'hanno presa in considerazione».Come sta Tafida?«Lei è stabile. Si sveglia, apre gli occhi, si guarda intorno. Non può parlare, ma è viva. Non morta, come sostengono i medici. Non posso accettare che dicano questa cosa».Per questo ha deciso di combattere?«Certo. A Tafida serve solo tempo. Lei non ha una malattia grave, non è come Alfie Evans. Non ha un problema genetico. Ha solo bisogno di tempo per recuperare. Ha bisogno di tempo per fare in modo che il suo cervello riprenda a funzionare completamente».Ma in Inghilterra non le vogliono dare questo tempo…«Infatti. Per questo sto cercando un altro Paese dove andare. Un posto dove possano trovare una soluzione: assisterla, provare delle terapie e dei trattamenti. Dopo che ci hanno annunciato che avrebbero sospeso la ventilazione assistita, abbiamo fatto diverse ricerche in proposito e abbiamo verificato proposte da diversi ospedali stranieri. Poi abbiamo deciso di chiedere all'ospedale Gaslini di Genova. Con loro abbiamo anche preso accordi per il trasferimento, ma l'ospedale di Londra si è opposto in modo fermo». Secondo lei perché il Royal London hospital non permette di trasferire Tafida?«Non lo so, non capisco quali siano i motivi. So solo che non la vogliono lasciare andare. A mio parere non hanno fiducia in Tafida, nelle sue possibilità di ripresa».Eppure lei si è dimostrata forte.«Negli ultimi cinque mesi hanno continuato a dirci che Tafida stava morendo mentre lei ha continuato a combattere per la vita. È sopravvissuta al periodo critico dopo il primo intervento anche se i medici dicevano che non ce l'avrebbe fatta. Poi è sopravvissuta ad altri tre interventi nonostante nessuno lo credesse possibile: è per questo che siamo convinti che le si debba dare un a possibilità di recupero».L'ospedale lo nega. Come mai?«Forse sono spaventati all'idea di rivelare i veri motivi. Forse temono che appaiano elementi di negligenza medica». Pensa che siano stati commessi degli errori a livello medico?«Non posso commentare, ma possono esserci stati errori. Non sappiamo ancora, stiamo valutando. L'intervento chirurgico per salvare la vita di Tafida è stato rinviato per almeno cinque ore all'inizio, perché non si sapeva dove mandarla. C'è un'indagine in proposito. Vedremo».Facciamo un passo indietro. Cosa è successo la mattina del 9 febbraio?«La bambina si è svegliata con un terribile dolore alla testa e poi ha perso i sensi. Ho chiamato suo fratello che le ha fatto le prime manovre di rianimazione, poi mia sorella, mentre arrivavano i medici. Si sono susseguiti diverse equipe del pronto soccorso, poi l'hanno portata in ospedale. C'è stato il primo intervento».Un'altalena di paure e di sollievi. Qual è la sua speranza adesso?«Spero che il giudice capisca la nostra posizione e ci dia il permesso di portare Tafida altrove».Cosa farete in queste settimane che vi separano dal processo?«C'è un sacco di lavoro da fare con gli avvocati per preparare la strategia del processo e poi dobbiamo far sapere a tutti cosa sta accadendo. E dobbiamo anche raccogliere dei soldi. Per le spese processuali servono 100.000 sterline almeno e dobbiamo cercare di ottenerle anche con una raccolta fondi. Noi non siamo in condizione economiche precarie, quindi non possiamo chiedere aiuti allo Stato, ma nemmeno abbiamo tutto questo denaro a disposizione immediata. Anche perché da cinque mesi non lavoriamo».Nessuno dei due?«Io faccio l'avvocato, mio marito il costruttore edile. Ma da cinque mesi siamo sempre in ospedale con Tafida, 24 ore su 24. Non la lasciamo mai, anche per tenere sotto controllo i suoi progressi». E il vostro altro figlio? Come sta vivendo questa situazione?«Ha quattordici anni, è rimasto traumatizzato. Non riesce ad accettare quello che è successo e che sta accadendo».Può fare qualche previsione sul futuro?«Ho tanta speranza. Spero di riuscire a trasferirla. E ho intenzione di combattere a tutti i livelli di giudizio. Non ci stancheremo mai! Non posso lasciarli uccidere la mia bambina».