2025-02-13
Altro che pacificazione. I socialisti sloveni e croati: «Via la mostra sulle foibe»
Nove eurodeputati chiedono la rimozione dell’esposizione voluta da Fdi. Il Pd tace. Spiazzato Mattarella: aveva detto che l’Europa ha unito chi un tempo si odiava.Ottant’anni dopo non si rassegnano al fatto che la storia non può raccontarla, mentendo, solo chi ha vinto. Nove eurodeputati socialisti croati e sloveni chiedono al presidente del Parlamento europeo un atto di censura: chiudete la mostra sulle foibe messa in piedi dall’eurodeputato di Fratelli d’Italia-Ecr Stefano Cavedagna col capodelegazione di Ecr Carlo Fidanza. Per la prima volta - e fino ad oggi - durante la sessione plenaria dell’Eurocamera 24 pannelli raccontano gli eccidi comunisti di decine di migliaia di italiani compiuti dai titini, la diaspora degl’italiani, le espropriazioni che in oltre 300.000 subirono. Ebbene i deputati socialisti questo racconto lo trovano offensivo. Così hanno scritto alla popolare Roberta Metsola chiedendo l’immediata chiusura della rassegna che è «preoccupante» in sé e «controversa» nei contenuti. I nove evidentemente nostalgici di Tito sostengono: «Esaminando il contenuto è assolutamente chiaro che c’è un completo disprezzo per i fatti; le informazioni fornite sul tabellone presentano una rappresentazione non veritiera ed estremamente dannosa della storia recente di Slovenia, Italia e Croazia durante un periodo in cui generazioni in tutta Europa hanno sopportato immense sofferenze, principalmente a causa del regime fascista, che ha inflitto indicibili angosce a milioni di persone per oltre due decenni. La verità storica è, nonostante le affermazioni della suddetta mostra, molto chiara: l’Istria, la costa croata, la Dalmazia e le isole dell’Adriatico sono state liberate dal potere delle proprie armi, dall’adesione volontaria di massa alle brigate partigiane e dalla volontà del popolo». E poi ecco la chiamata ideologica alle armi della censura: «È assolutamente scandaloso che una piccola minoranza di individui, spinti dal desiderio di dividere e diffondere chiaramente l’odio, abbia avuto l’opportunità di presentare manipolazioni nell’istituzione centrale dell’Unione europea: il Parlamento». Peccato che le cose stiano un po’ diversamente e che l’iniziativa di questi nove nostalgici del comunismo titino metta in gravissimo imbarazzo il nostro presidente della Repubblica. Il manifesto della mostra - che è anche il primo dei 24 pannelli che la costituiscono - è la foto della «bambina con la valigia», l’immagine simbolo del tentato genocidio degli italiani di Istria e Dalmazia. Quella bambina tre giorni fa era al Quirinale a raccontare il suo dramma. Egea Haffner ha fatto piangere Giorgia Meloni, ha commosso, insieme con Giulio Marongiu, Sergio Mattarella che si trova oggi spiazzato. È stato chiarissimo il presidente della Repubblica nell’indicare che «la dittatura comunista di Tito inaugurò una spietata stagione di violenza contro gli italiani residenti in quelle zone». E del pari, ricordando l’indifferenza se non l’ostilità con cui vennero accolti i profughi giuliano-dalmati, ha sottolineato che subirono «stenti, povertà, financo ostilità da parte di forze e partiti che si richiamavano, in Italia, alla stessa ideologia comunista di Tito». Eppure Mattarella ha raccontato di nuovo la «favola bella» dell’Europa fonte di pace e di prosperità. Ha detto il presidente: «Oggi, nel nostro continente, Stati e popoli che nel passato si sono combattuti sono insieme nell’Unione europea, condividendo valori, identità, principi, prospettive. È lo spirito che anima la preziosa attività delle associazioni delle minoranze linguistiche che, negli ultimi anni, hanno promosso in Italia, in Slovenia, in Croazia, dialoghi e incontri per riscoprire la ricchezza della storia comune». Oddio a vedere quello che succede a Strasburgo non pare, ed è abbastanza singolare che nessuno da sinistra, dove come al solito il Pd brilla per assenza, abbia condannato la pretesa di censura. Se ne rammarica anche Carlo Fidanza - capo delegazione FdI-Ecr a Strasburgo - che sottolinea: «La richiesta delle sinistre slovene e croate è una pagina molto buia. È la triste conferma che c’è chi ancora non si rassegna a veder riconosciuti la verità storica e un ricordo dignitoso per le vittime delle atrocità dei titini. Eppure all’inaugurazione della mostra tutti avevano esaltato la necessità della riconciliazione, a cominciare dai membri sloveni del Ppe, il cui ultimo governo ha contribuito a svelare centinaia di foibe in territorio sloveno in cui il regime di Tito trucidò migliaia di innocent». Stefano Cavedagna (Fdi) - la «sua» mostra pare la traduzione grafica del discorso di Sergio Mattarella il 10 febbraio scorso - rilancia: «Questa mostra ha lo scopo di far comprendere che la tragedia delle foibe riguarda tutta Europa. Per troppo tempo si è taciuto. Cosa ne pensa il Pd? Mi auguro prendano subito le distanze dai colleghi socialisti sloveni che vogliono negare le atrocità del regime comunista di Tito». Sdegno viene anche dall’onorevole Roberto Menia (Fdi), promotore della legge che ha istituito il Giorno del ricordo, a cui, due giorni fa, è stato impedito di parlare dagli studenti di sinistra al «Rossellini» di Roma, che nota: «La lingua batte dove il dente duole: è chiaro che i nostalgici di Tito da quelle parti ci sono ancora». Peraltro nei giorni scorsi sono state vandalizzate le foibe - a Basovizza hanno scritto: è un pozzo - e i luoghi della cultura italiana. Cultura che - ricorda la mostra - parte dai romani - l’imperatore Diocleziano era di famiglia dalmata - e si perpetua nei secoli con Venezia fino alla seconda guerra mondiale. Un’identità che l’oppressione comunista ha cercato, e ancora cerca, di cancellare col sangue dei vinti.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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